Nord e Sud - anno XIX - n. 149 - maggio 1972

Gian Giaconzo dell'Angelo Contro il primo rischio, si tratta di ricercare e mettere in giuoco le condizioni, in forza delle quali la comunità possa essere - come ha detto il relatore al Senato sulla nuova legge -· « un· istituto libero, nel modo di costituirsi e ,di configurarsi, da ogni costrizione e imposizione, così da riuscire ad assumere il volto e l'anima di una particolare gente ». Forse, dall'osservanza di quelle condizioni non sempre deriverà un'area adeguata al soddisfacimento di certi bisogni; di sicuro però deriverà una co1nunione di valori non discordi. Le zonizzazioni funzionali più convenienti ai vari problemi dovrebbero perciò costituire una preoccupazione di secondo momento, ossia del momento in cui alla Regione toccherà di comporre le esigenze •espresse dalle varie comunità in un quadro programmatico, impegnato a promuovere il superamento dei divari. Contro il secondo rischio, occorre che venga superata ogni residua riserva sull'interpretazione da dare al dettato legislativo, il qual'e attribuisce alla comunità natura di ente di diritto pubblico. Quel dettato, mirante a superare la vecchia formula del consorzio di co1nuni, ha inteso conferire alla con1unità un potere di iniziativa non subordinato, come nel caso del consorzio, alle decisioni di ultima istanza dei singoli enti locali consorziati e alle conseguenti procedure di controllo previste dalla legge comunale e provinciale. Proprio a partire dai territori montani dovrebbe così incominciare a delinearsi quel nuovo ordinamento che, consentendo alla Regione di esercitare normalmente - come prevede l'art. 118 della Costituzione - le proprie funzioni attraverso enti minori, la garantirebbe contro ogni tentazione di ripetere nel proprio seno l'accentramento che si vuole sopprimere nell'organizzazione dello Stato. Le comunità montane dovrebbero cioè riuscire a diventare gli elementi regolatori di tutte le attività che si svolgono nell'a,mbito delle zone di rispettiva giurisdizione. Affinché questa condizione si avveri, occorre tuttavia un impegno non dissimile, in un certo senso, da quello richiesto per fare della Comunità Europea una struttura politica e non semplicemente un comitato di affari straordinari. Occorre, cioè, che la comunità montana si dia « un'anima» come ha detto il relatore al Senato; che acquisisca, in altri termini, l'autorità sufficiente a coordinare l'azione di tutti gli enti concorrenti alla realizzazione degli obbiettivi democraticamente definiti. Infine, per non incorrere nel terzo rischio - quello della subordinazione della comunità ad interessi di parte - occorre eliminare ogni pos~ibilità di equivoco nei suoi rapporti con gli organismi destinati a collaborare con essa. Per quanto attiene ai problemi dell'agricoltura, il problema si pone in particolare nei confronti dei consorzi di bonifica, delle aziende speciali consorziali e dell'ente di sviluppo. · Se realisticamente non si può non convenire sull'osservazione che 62

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