Manlio Di Lalla miti di una prassi atomistica, se non la risposta crociana a quello che il filosofo napoletano considerava il fiacco riformismo dell'epoca, una risposta che aveva come modello la solida democrazia liberale tedesca degli ottimati? E quello svalutare la funzione dei partiti, con una semplificatrice riduzione sociologica, non esprimeva il gusto tutto crociano per un gioco delle parti attentamente calibrato, un gusto che respingeva non tanto i partiti in sé, quanto il disordine congenito di quei partiti nella vita pubblica italiana? Questo per quanto riguarda le varie cadenze del rifonnismo liberale. Ma la polemica crociana contro le altre posizioni riformistiche che, pur essendo interne al sistema, volevano trasformarlo, non era meno diretta. Ed anche in questo caso gli attacchi del Croce erano insidiosi, mai brutalmente frontali. È chiaro infatti che la polemica crociana contro il sociologis1no di marca positivistica, contro l'evoluzionismo meccanicistico, finiva per investire proprio le posizioni del riformismo socialista, che a quegli ideali, bene o male, si ispirava. Se a questo si aggiunge l'accentuato antigiusnaturalismo di Croce, si ha chiaro, in termini speculativi, il senso della sua negazione del riformismo socialista che, per lo meno nelle sue frange più aperte, stava approdando a posizioni schiettan1ente giusnaturalistiche. Per quanto riguarda il riformismo cattolico, che dal 1910 al 1915 stava guadagnando spazio, la posizione del Croce era di netta chiusura. I blocchi clerico-moderati che, in varia forma, dall'ultimo decennio del secolo costituivano uno dei supporti delle istituzioni, fino a ricevere la sanzione formale nel patto Gentiloni del 1913,_ furono considerati sempre con evidente fastidio dal Croce, che aveva l'occhio rivolto all'Italia laica del Risorgimento e del Post-risorgimento. Il filosofo era lontano dall'idea di una composizione del dissidio religioso in termini di transazioni politiche; per lui, solo il tempo avrebbe sanato con gradualità lo storico steccato. D'altra parte, l'altra forn1a di riformismo religioso, quella modernista, che aveva messo a run1ore molti ambienti, era per Croce un ,tentativo mal riuscito, in termini speculativi, di irenismo culturale che conveniva respingere ìn tutte le sue implicazioni, sia culturali che mediatamente politiche. Quei modernisti che, per Gramsci, erano dei riformatori religiosi che avrebbero potuto essere protagonisti di un salto di qualità sul terreno politico, per Croce erano sintomo di confusione in un momento in cui la Chiesa cattolica aveva bisogno di particolare chiarezza 40 • 40 « L'atteggiamento del Croce e del Gentile (col chierichetto Prezzolini) isolò i modernisti nel mondo della cultura - ha scritto Gramsci - e rese più facile il loro schiacciamento da parte dei gesuiti, anzi parve una vittoria del papato 94
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