Italo Talia · _.. ovviamente in forme e contenuti diversi che pe:ç 11 passato - solo se l'industria e l'industrializzazione riusci.Jranno a plasmare e modellare l'intera società meridionale. L'industrializzazio,ne va, quindi, intesa come l'unica forza liberatrice, capace di trasformare la condizione attuale del Mezzogiorno da « situazione potenzialmente rivoluzionaria» (e nel Mezzogiorno, come Reggio Calabria e le elezio,ni del 13 giugno dimostrano, la « rivoluzione » sarebbe di destra) in una si.Jtuazione che offre più concrete prospettive di strategia riformatrice e di sviluppo democratico. In questo senso, elaborare una chiara ideologia per l'industrializzazione del Sud, significa anche alin1entare la carica etico-politica che l'intervento nel Mezzogi.Jorno deve avere, se si vuole evitare che sia dimenticato lo scopo perseguito dall'azione di politica economica e se si vuole far sopravvivere la volontà stessa di andare fino in fondo. Pertanto, affermare che « la continuazione di una politica economica del tipo di quella sperimentata negli anni '60 non sarebbe in grado di contribuire in misura determinante alla soluzione in loco dei pressanti problemi occupazionali del Mezzogiorno, ma continuerebbe a servire la logica capitalistica delle concentrazioni e accentuerebbe il fenomeno delle ' cattedrali nel deserto'», oppure che « gli investimenti ad alta intensità di capitale e di grandi di1nensioni non contribuiscono certo in modo decisivo alla soluzione del problema meridionale, ma accentuano il dualismo economico fra le stesse regioni nieridionali » (LUIGI FREY - MARIA Rosr MERLI, Occupazione e Mezzogiorno, « Quaderni di azione sociale», n. 5-6, 1971), significa cogliere unicamente un aspetto, un momento di un processo che per la sua stessa natura è un processo storico, dii tentativo di costruzione di una società nuova e diversa. Quanto poi alla questione 5e tale processo risùlta, per così dire, « vanificato» proprio dal tipo di investimenti realizzati nel passato decennio, o comunque distorto in quanto lo sviluppo è stato incentrato su produzioni ad alta intensità di capitale, bisogna pure rispondere al quesito se un tale tipo di sviluppo ha permesso o meno la formazione di una « base industriale » nel Mezzogiorno, e se soprattutto, in mancanza di tali.i prerequisiti, sarebbe stato possibile fin dall'i_nizio perseguire uno• sviluppo maggiormente articolato per tipi di produzione e per zone. In altre parole, una certa sinistra (in particolare la cosiJddetta sinistra democristiana) ha una ideologia e visione dello sviluppo industriale analoga a quella che i << coltivatori diretti » hanno dello sviluppo in agricoltura: il mito della piccola azienda nel contesto di una società patriarcale sostanzialmente chiusa ad ogni tipo di rinno,vamento. Da questo punto di vista bisogna, quindi, considerare come positivo hl fatto che una simile concezione medievale dello sviluppo non abbia, ovviamente, avt1to successo, e che, al contrario, si sia verificata - come si legge nella cirtata ricerca della SVIMEZ - una « din1inuita incidenza sulla struttura industriale meridionale delle attività connesse alla utilizzazione di risorse o mercati locali ( quali le industrie alimentari e dei minerali no11metalliferi) e, in secondo luogo, la tendenza alla concentrazione - sia territoriale che settoriale - degli investilnenti in attività la cui produzione interessa aree di do-manda assai va58 Bibiio,ecaginobianco
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