.. " Progetti ,, e "Programmi,, per il Mezzogiorno di Italo Talia Non vi è nulla di più pericoloso, oggi, per il Mezzogiorno, dell'ottimismo dei cosiddetti ambienti ufficiali. E questo non tanto perché c'è ben poco da essere ottimisti, se si considerano l'evoluzione e le tendenze congiunt11rali dell'economia italiana - il Ministro del Bilancio ha dichiarato che nel 1971 l'aumento del reddito nazionale sarà 11guale a zero -, quanto perché si rende un pessimo servizio al Mezzogiorno ignorando, o fingendo di ignorare, che nell'attuale situazione ciò che conta non è il panegirico acritico di recenti provvedimenti o intenzioni prograrr1matiche a favore delle regioni meridionali (la nuova legge di rifinanziamento della Cassa, le azioni programmatiche per il Mezzogiorno contenute nella bozza del nuovo Piano economico nazionale, gli interventi delle Partecipazioni statali, il programma di settore per l'industria chimica, ecc.), ma sapere, al contrario, se tutto quanto si è messo in cantiere possa far uscire il Mezzogiorno dalla sua situazione di' limbo. Oltre venti anni di politica - straordinaria ed ordinaria - in favore dello sviluppo delle regioni meridionali hanno portato il Mezzogiorno a non essere più, in modo quasi esclusivo, un'area a pre- ,,alente economia agricola, ed a non essere ancora una realtà industriale. Non si tratta di un paradosso, né di un semplice gioco di parole, poiché non vi è dubbio che oggi il Mezzogiorno ha una struttura economica prevalentemente terziaria e di servizi (oltre il 42% del totale prodotto lordo e quasi il 37% dell'occupazione), senza avere prima ammodernato l'agricoltura e consolidato l'industria. Tra il 1951 ed il 1970 quasi due milioni di contadini meridionali hanno abbandonato le campagne, ed il peso della produzione agricola sul totale del prodotto lordo dell'economia meridionale è passato dal 37,0% al 24,5%. L'incremento di occupazione nelle attività industriali è stato di appena mezzo milione di unità (di cui la maggior parte nell'edilizia), ed il peso relativo in termini di produzione è passato dal 23,5% al 33,0% del totale. Alla luce di questi pochi dati si spiega il recente e distorto sviluppo urbano delle poche città e 38 Biblio.tecaginobia.nco
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==