Nord e Sud - anno XVIII - n. 144 - dicembre 1971

Guido Conipagna contadini meridio,nali. Questa idea, che costituisce ~l punto, centrale del primo periodo socialista, rap•presenta una ra•dicale inno,vazio,ne sia rispetto all'idea della fatalità della condizione meridionale, sia rispetto a quella che il rimedio· sarebbe do,vuto venire necessariamente dall'alto, dallo Stato. La questione meridionale, per Salvemini, non è più un pro .. blema dei socialisti •del Sud, ma deve essere l'elemento essenziale della politica nazio·nale di tutti i socialisti italiani. È pro1prio a questo punto che il suo disco,rso viene a cozzare co,n quello del partito socialista. Il realismo di Salvemini poneva il Mezzogiorno al centro dei problemi ·della società italiana, il suo rigore morale voleva quin·di che esso diventasse il centro dell'azione politica del partito. Ma questo ricavava dal Nord la maggior parte dei suoi voti e basava la propria organizzazione sulle cooperative di operai settentrionali. Diveniva così, quella di Salvemini, una battaglia che sembrava almeno eletto,ralmente improduttiva; ed erano giustificate quindi le preoccupazioni di Turati e degli altri dirigenti socialisti, che vedevano· nella rigida impostazione salveminiana il rischio di grossi costi da pagarsi in termini no,n soltanto elettorali, ma anche di unità di partito,. Difficilmente le cooperative e le organizzazioni sindacali del Nord· avrebbero accettato di rinunziare alle loro riven,dicazioni salariali in attesa che si compiesse il riscatto del Mezzogiorno grazie all'azione del partito, impegnato, con tutte le sue forze nella battaglia per il suffragio universale. Era logico che la base 01 peraia del No,rd, tutta alfabetizzata, fosse poco sensibile al discorso di Salvemini che chiedeva al partito •di tralasciare ogni altra cosa per conquistare il diritto di voto al « miserabile contadiname del Sud ». Contro, Turati, che inseriva sì il suffragio universale nel programma del partito, ma insieme a tante altre rivendicazioni e senza alcun carattere ,di priorità, insorse allora Salvemini, accusando il partito di essere asservito· agli intere_ssi corporativi degli operai del Nord, per nulla diversi da quelli del nemico di classe. Saremmo, degli sciocchi se volessimo stabilire chi avesse ragio,ne, tra Salvemini e Turati. Turati era un dirigente di partito, Salvemini no. Salvemini era il difensore delle categorie più deboli, che erano) « i sudici » contro i « nordici », prima che gli operai contro gli indu·striali. Per fortuna, Salvemini non era neanche il presidente del Consiglio, né lo sarebbe mai potuto essere. Così noi lo dobbiamo accettare e valorizzare co,me punta avanzata dello schieramento ·democratico. E dobbiamo rifiutare disco,rsi antistorici, tipo quello « aveva ragione Salvemini o Giolitti? ». Giolitti è stato considerato il nostro migliore Primo Ministro, colui che era capace di 104 Bibiio_tecaignobianco

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