• Giovanni Satta venti nel settore agricolo; la visione -delrindustrializzazione co,me semplice costruzione di fabbriche e creazione di po,sti ,di lavoro, senza interventi collaterali per inserire queste nuove realtà nel vivo del tessuto· economico, sociale e territoriale; gli effetti territorialmente limitati della politica dei « poli di sviluppo »; la scelta delle industrie di base, scelta che ha determinato la sovrap,posizione ·di una struttura produttiva moderna ad una struttura arcaica, senza instaurare rapporti tra l'una e l'altra, soprattutto tra agricoltura e in-dustria; la necessaria collocazio,ne, dato quanto sopra, delle nuove fabbriche in zone costiere; la disperata condizione degli emigrati e dei ·disoccupati, in stridente contrasto con quella di chi è riuscito ad inserirsi in attività moderne e dinamiche; l'accresciuta distanza tra le condizioni di vita in città e quelle in campagna; la crescita di una borghesia moderna, costantemente avversata e contestata dai ceti preesistenti; sono tutti frammenti contrastanti di un discorso, che, nei termini in cui viene fatto attualmente, non può essere ricondotto ad unità. 4. Non ci si può -dunque meravigliare che i nodi stiano venendo al pettine, che tutte le contraddizioni della società sarda vadano esplodendo rapidamente, che la crisi, il malessere, tocchino ora il fondo. Così come non ci si può meravigliare che abbia toccato il fondo la crisi politica sarda. Ormai si marcia al ritmo di una caduta di governo all'anno, con intervalli dell'ordine di tre mesi per la costit~zione del nuovo esecutivo. La crisi, infatti, è una crisi di rappresentatività dei partiti, che :riflettono assetti di potere derivanti dal precedente equilibrio economicosociale e so·no quindi incapaci di esprimere le nuove esigenze e di interpretare i nuovi fermenti sociali. Lo dimostra ampiamente il continuo, ostinato e vuoto trincerarsi dietro termini come « avanzato » o « svolta », ossia dietro pro,blemi di formula, senza preoccuparsi dei co,ntenuti, senza cercare di dare risposta alle mille sollecitazioni che provengo,no dalle contraddizioni ap,erte nella società sarda. Come per la crisi nazionale, anche per quella regionale (che della prima, d'altra parte, non può non risentire le ripercussioni), le responsabilità delle forze di sinistra sono enormi. Mancanza di una visione chiara del problema ·dello sviluppo, man,canza di un ,disegno della società da costruire, mancanza di una strategia politica di lungo periodo capace di configurare possibili alternative alla gestione mo,derata, centrista, finora condotta dalle forze politiche domin·antL È chiaro a questo punto che la ricerca di nuove formule che non passi attraverso la proposta di nuovi co11tenuti, di reali alternative « da sinistra» ai metodi ed alle logiche di gestio·ne ormai ultraventennale del 66 Bibiiotecaginobianco
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