Giornale a più voci È ormai dal 1950 che ]a nave oceanografica Calypso, comandata dal famoso oceanografo francese Jacques-Yves Cousteau, effettua spedirzioni nel Mediterraneo, nell'Oceano Indiano, nel Pac~fico, nell'Atlantico. I risultati di queste ricerche sono agghiaccianti. Ne basta t1no: è accertato che negli ultimi venti anni l'i•ntensità della vita in questi m·ari ha subìto una diminuzione oscillante tra il 30 e il 50?/o. Anche Cousteau so,ttolinea il fatto che gli oceani, malgrado le loro enormi din1ensioni, non si possono considerare irnesauribili: né come « fornitori di riserve», né come « pattumiera indi1scriminata ». Le dimensioni dell'oceano - afferma lo scienziato francese - sono state ridotte dalle dimensioni dell'industria, per cui siamo arrivati al punto cl1e il potere autodepurante del mare è stato largamente superato. Ciò non significa, con1unque, che il mare siia perduto; anzi Cousteau indica quattro punti per salvarlo. Il prin10 punto consiste nell'intensificazione delle ricerche st1 scala mondiale, al fine di poter tempestivamente p1 redi,spo,rre gli iinterventi; il seco1 ndo punto, prevede l'educazio11e del pubblico, perché la sensibilizzazione dell'opi11ione pubblica viene considerata di fondamentale importanza nella lotta contro l'inquinamen,to; Cousteau suggerisce, poi, un'azione persuasiva indirizzata agli industriali per convincerli che il pubblico sarebbe anche disposto a sopportare un aumento di prezzo dei prodotti se la differenza venisse impiegata nella lotta contro l'inquinamento; occorre, infine, una legislazione nazionale ed internazionale severissima. Il primo dei mari da salvare è senza dubbio il Mediterraneo, che, secondo l'ecologo americano Paul Ehrlich, entro una decina d'anni do1 vrebbe diventare « una palude putrescente, priva di pesci e di ogni sorta di viita vegetale, satura di microorganismi portatori di terribili malattie». Questa è forse, una profezia pessimistica, ma dal consulto che da tempo gli scienziati tengono al capezzale del Mediterraneo l'unica cosa che è fuori discussione è la morte di questo mare. Gtiello di cui si discute è la data; i più ottimisti gli dànno trenta anni dii vita. Un mare può morire per varie cause. Lo scarico di idrocarburi è una delle più frequenti e gravi: gli idrocarburi risultano tossici per il plancton ( « insieme di piccoli animali e vegetali in sospensione negli strati più superficiali dell'acqua, cibo abituale di animali pii1 complessi e base della catena alimentare ecologico-marina>}); distruggendolo, si finisce col ca11cellare dal mare ogni forma di vi1ta animale. In un mare chiuso come il Medirterraneo, poi, il problema è ancora più serio, perché il « ricambio » risulta più lento rispetto a quello di un mare aperto. E la situazione risulta ulteriormente aggravata dal fatto che il b·acino del Medi1terraneo è caratteriizzato da uno svilup1po urbano ed industriale - particolarmente accentuato lungo le coste francesi e italiane - dal quale deriva lo scarico in mare di una costante e notevole qu.antità di acque di rifiuto. Tal~ rifiuti contengono moltissime sostanze nocive, ma in particolare mercurio e piom,bo in grado di uccidere decine di tonnellate di pesce all'anno. Si tratta -----come affer1na il prof. Luiigi Mendi.a, o,rdinario di Ingegneria 37 Bibiiotecaginobianco
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