La Sicilia di Érancatì Ce n'è uno solo, tra i protagonisti di Brancati, quello del racconto suo più compiuto, Piscitello, ad essere seguito pagina per pagina dall'adesione affettuosa e commossa dell'autore: ma è anch'egli, a suo modo, una stampa dell'Ottocento. « In giacca nera, pantaloni a righe, colletto duro e cappello a cencio col nastro rattoppato », « probo, poco rumoroso », sofferente di « sbadigliarella nervosa », il « vecchio con gli stivali » è antieroico fino all'eroismo, mite fino alla stupidità: ma pure in lui, soffocate da una quarantennale timidezza, sopravvivono certe categorie mentali della ·vecchia borghesia isolana ( il podestà fascista gli spiegava di averlo sottratto all'epurazione del perso11ale: « Per riguardo a sua moglie - diceva - che è sarta della mia signora ... ». « Perché dice sarta? - supplicò Piscitello, in mezzo a sbadigli penosi - Non le permetterei di fare la sarta. Qualche volta aiuta le amiche!. .. »), che lo rendono ancor più vicino alle preferenze dello scrittore. Piscitello è così poco idoneo - anche quando la collera lo sommerge - a vestire l'abito del fanatico, così smarrito, modesto e quasi vergognoso d'aver ragione, da assumere un alto e complesso significato morale: è solo in lui che il moralista e l'umorista hanno perfettamente coinciso. Degli altri, Don Giovanni è - come facevamo notare - un abbozzo felice, che si perde nella seconda parte del romanzo; il bell'Antonio e Paolo il Caldo, e specie il secondo 9 , sono come spettatori un po' incolori della vicenda che si svolge intorno a loro e per loro; e quando si allontanano dal teatro naturale di questa vicenda, dalla vecchia Catania, le loro fisionomie sfumano del t11tto. Non ci sono pagine più scialbe e generiche - è stato scritto giustamente 10 - di quelle che Brancati ambienta a Milano, 9 A questo proposito, e per una visione complessiva dell'opera brancatiana, cfr. SIMONEGATTO, Il personaggio di Brancati (lettera al Direttore), in IJo spettatore italiano, a. VIII, n. 9, settembre 1955. Per quanto si riferisce alla esagerata ed affettuosa supervalutazione di Paolo il caldo ad opera di .t\lberto Moravia concordiamo pienamente col Gatto nel non condividerla, fatte salve certe pagine e certe figure che verremo notando nel corso del presente articolo (tra le quali parti riuscite vorremmo indicare larghi brani dell'infanzia e della giovinezza siciliana di Paolo, · compreso naturalmente l'idillio con Giovanna): r9n1anzo di crisi e di ricerca, ci pare che Paolo il caldo neppure preannunzi qualcosa di sostanziahnente nuovo cui tale crisi e tale ricerca avrebbero in seguito condotto il narratore siciliano. Quanto alla formula del « gallismo ». cui pure si riferisce il Gatto nella sua acuta lettera, noi la consideriamo infruttuosa ai fini della concezione unitaria del protagonista e della éostruzione unitaria del romanzo brancatiano; ma come un ingrediente felice ed insostituibile nei limiti in cui essa fa parte della vecchia Sicilia brancatiana e delle sue figure umane, senza voler ergersi a simbolo morale necessariamente invadente ed astratto. 10 ALBERTO MORAVIA, art. ci t. 81 Bibliotecaginobianco
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==