Nella A j ella era enorme, quella delle donne era poverissima »~ E il piacere, il vero piacere, surreale, casto e frenetico, era quello di starsene annidato nella farmacia o nel caffè in piazza con due o tre amici, e lanciare all'unisono urla gutturali al passaggio delle belle donne ( « per belle intendevano grasse, più alte di loro, e di passo veloce »), o percorrere le vie di Cata11ia addormentata narrando a mezza voce scene mai verificatesi, voluttà mai provate, sospiri mai uditi ( « Giovanni, in amore, tu sei un àio ! »), e ri tro,rarsi poi in preda a passioni da collegiale, p11re, folli, disperate. La Sicilia che acco1npagna le varie incarnazioni dell'antieroe - di cui Giovanni Percolla è il capostipite - è una creazione letteraria più che una descrizio11e puntuale; è librata tra memoria e fantasia. È qui cl1e ]a « difesa strenua non solo dei costumi del borghese, ma anche delle sue abitudini ed usanze, dei suoi vestiti, dei suoi baffi, dei suoi bastoni », di cui Brancati parlava come di un antidoto alla rettorica gir1nastica del fascismo, si rivela molto piì1 che una mera formula polemica (alla Lo11ganesi, per intenderci); è qualcosa che risponde a delle predilette immagini infantili che lo scrittore ama inseguire e reinventare. La sua Sicilia è un paesaggio che spira « una saggezza vecchio stile », ad onta della rumorosa frenesia dei suoi abitanti, e rievoca un tipo di vita così lontano nel tempo che Brancati - stando ai dati anagrafici - ha potuto soltanto sfiorarlo. In questa nube dell'infanzia, i paesaggi e i sentimenti acquistano ma11 mano dei contorni precisi, dietro la fantasia che li ricalca: « Io ho l'abitudine di sorvegliare continuamente la mia memoria e contare ogni sera i miei ricordi come l'avaro conta i suoi marenghi, e la notte svegliarmi per paura che me ne manchi uno ... » 4 • Il desiderio di sognare e narrare di un'isola ormai scomparsa ha talvolta u11 senso di civetteria e di p11dore; come sempre, egli vela il sentimen.to con l'arguzia, e giustifica tale suggestion.e quasi fiabesca di volti e l11oghi del passato col fatto che - com'egli dice di sé stesso - « lo stra,,agante autore » « non ha alcuna stima dei suoi contemporanei, e i posteri li odia per la fortuna che avranno di non vivere nella sua epoca». In un misto di nostalgia e di invenzione, di corn1nozione e di ironia, l'atmosfera del primo Novecento lo raggiunge e lo seduce: « Ormai sono al pun.to che non soltanto am·miro la musica, la poesia, la pittura, la scultura di quel tempo, ma anche le cose minime, il modo con 4 I piaceri (Milano, Bompiani, 1943), p. 7. 76 Bibiiotecaginobianco
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