Vittorio de Caprariis resta il fatto che l'errore del Muscetta e del Candeloro è un vero e proprio errore di metodo, che si traduce in una difficoltà di accostamento e talvolta di intelligenza dei testi. Essi, cioè, finiscono con lo stabilire un vero e proprio rapporto di causa tra le idee e le posizioni politiche del De Sanctis e la sua opera di storico della letteratura italiana del secolo decimonono, e poiché la realtà non quadra coi loro schemi sono naturalmente indotti a sollecitar dolcemente i fatti. Per fare un solo esempio, si può anche ammettere che il cattolicesimo liberale fosse un'esperienza già conclusa nel '61 (ma ciò è vero solo in parte); e si può ammettere altresì che la pratica della politica ecclesiastica del '61-'71 abbia aiutato il De Sanctis ad i11tendere gli equivoci di certe formule cattolico-liberali (ma non si può dimenticare che egli trovava le fondamenta teoriche della sua posizione proprio nel pensiero liberale e non in un immaginario progressismo). Pure né i capitoli su Rosrnini e Gioberti e Balbo e D'Azeglio sono a queste esperienze pratiche in un rapporto di causa, né le stesse esperienze politiche riscattano quei capitoli dallo schematismo che li depotenzia. Ma esiste poi veramente nella realtà quell'immagine di un De Sanctis politico progressista che oggi si tende ad accreditare? Non sembra francamente che quel termine possa essere riferito al De Sanctis politico e meno che mai sembra che si possa ripetere, come invece fanno il Candelora e il Musc~tta, il famoso giudizio del Gramsci, che il critico con la sua azione e con le sue lezioni si proponeva « di favorire la formazione di un gruppo liberale progressista, che attraverso una trasformazione dei partiti assicurasse una direzione nuova al paese, un nuovo atteggiamento verso le classi popolari, un nuovo concetto di ciò che è nazionale, diverso da quello della destra storica, più ampio, meno esclusivista, meno poliziesco » 44 ·• Il Gramsci, come è noto, scriveva in prigione, con pochi libri a sua disposizione; lo stesso non può dirsi del Muscetta e del Candeloro, che possono avere innanzi tranquillamente e senza molta fatica tutti i desti desanctisiani. Ora il De lode· al secolo XVIII di aver diffusa la cultura nelle « classi borghesi », ma si aggiunge che nel secolo XIX « il programma si allargò e non si trattò più di diffondere la cultura solo nelle classi borghesi... La propaganda che il secolo precedente rivolgeva alle classi borghesi, fu applicata alle classi inferiori e sorse la letteratura popolare». Ciò è, a un di presso, l'opposto di quel che nell'introduzione si fa dire al De Sanctis. Più avanti, nel testo, pp. 241 e ss., il De Sanctis critica il Cantù per la sua ideologia e non perché questa fosse adoperata a fini determinati. 44 Mazzini e la scuola democratica cit., pag. XXXIV; il giudizio del Gramsci è in Letteratura e vita nazionale, Torino, 1950, pp. 6-7. 66 Bib1iotecaginobianco
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