De Sanctis, <<precursore» conteso no, ma di popolo e di rivoluzione » 35 , era tuttavia troppo accorto per non stabilire le debite differenze tra le due rivoluzioni nazionali. Del resto, il gra11de critico che aveva più volte denur1ciato l'incalzare di « una nuova generazione, che si dice positiva » e cl1e a questa aveva fatto il saluto delle armi anche se 110n s'era se1npre mostrato entusiasta 36 , proprio col suo ultimo scritto sottolineava i risultati della grande trasformazione avvenuta dopo il '66: « questa manier~ di concepire la vita ha indebolito in noi il senso del fisso e dell'assoluto. Collocandoci in un ambiente di co11tinua trasformazione, concepiamo le cose nel loro di, 1enire, in relazione con le loro origini e con l'ambiente ove sono nate; si è sviluppato in noi energicamente il senso del relativo. Il senso del reale della forza e del relativo è il carattere della nostra trasformazione »: e appena poche righe prima aveva esclamato con apparente impassibilità: « siamo tanto trasformati che abbiamo potuto sentire senza ribellarci il motto di un uomo di stato: - La forza vince il Diritto ». Ecco che compariva il principe di Bismarck in persona. Per la verità il De Sanctis, se coglieva il vantaggio di questa nL1ova positività, di questo nuovo se11so del reale, se conformemente all'incli11azione sua di sempre vi vedeva l'esatto correttivo di un nostro troppo astratto idealismo, non per questo dava nel materialismo, come pretendono oggi taluni, e tanto meno indulgeva alle esagerazioni dei suoi contemporanei. Sì che proprio in conclusione del suo Darwinis1no nell'art e sentiva il bisogno di dire, ad evitare ogni equivoco, che il suo era l'atteggiamento di chi si vuole storico e non detta regole: « io non prescrivo, descrivo » 37 • Dove era, tuttavia, già implicito un fermo giudizio. Analogamente, co~ moltissimi suoi contemporanei il De Sanctis divideva l'idea dei doveri nuovi della scienza nella costruzione della società italiana, della « missione » di essa, come allora usava dire: cose per le quali qualcuno vorrebbe oggi che il maestro irpino fosse una sorta di profeta solitario nel suo tempo. Che si trattasse di una fede e non soltanto di un mero strumento, si legge 35 A Venezia, ne L'Italia del 21 giugno 1866, in Scritti politici cit., p. 57. 36 Cfr. Le 'Ricordanze ' del Settembrini ( 1879), in Saggi Critici cit., III, pp. 300301; e dicorda A. OM0DE0: Luigi Settembrini, in Difesa del Risorgimento, Torino, 1955, p. 261: « il divario tra le due età si delineava netto. Continuando la reazione antiquarantottesca, la nuova generazione giungeva ad un'interna aridità, eradicava quegli entusiasmi che i padri avevan soltanto co1npresso e dominato negli anni decisivi tra il 1849 e il '60. In questa secchezza. certatnente, era la volontà di veder chiaro, minuto, di provare,· di controllare, era un ideale della scienza non come contenuto tradizionale, ma con1e processo d'esperienza e di ricerca ... ». 37 Il darwinismo nell'arte, in Saggi Critici cit., III; p. 318 e p. 24. 63 Bibiiotecaginobianco
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==