Nord e Sud - anno XVIII - n. 139 - luglio 1971

I Guido Dorso e « L'Azione » Le riunioni di via Sistina mostravano a Dorso, che non aveva mai varcato la frontiera, come in un caleidoscopio, tutti ·gli impulsi, le ideologie, le passioni, che erano rimaste al di fuori del suo antifascismo: come a dire, al di fuori di tutta la sua vita. Ma egli non ne rimaneva turbato; se ne tornava più che mai fermo nelle sue convinzioni e deciso a battere la sua strada. Qualche volta, però, il suo essersi eccessivamente « politicizzato >> gli dava una vena (ma non più di una vena) di malinconia. Ricordo che venne a trovarlo una sera Sergio Ortolani, brillantissimo nelle sue osservazioni letterarie, nei suoi paralleli storicj, nello scintillio della sua vasta cultura. Fra l'altro - ·si era alla vigilia delle elezioni inglesi - Ortolani prognosticò la vittoria dei conservatori, perché, diceva, tutto quello che c'è di buono in Inghilterra è vecchio. Ricordo ancora che citava a suo sostegno l'interpretazione che Greer Garson e Laurence Olivier davano in quei giorni sugli schermi italiani di Pride and Prejudice di Jane Austen. Quando Ortolani se ne andò, Dorso, che aveva notato l'interesse con cui seguivo la conversazione, mi disse con una certa amarezza che in definitiva io ero un « ideologo » e non un « politico », che preferivo le cose di cultura all'azione politica; e ne traeva scherzosamente cattivi auspici per l'avvenire della giovane classe politica meridionale. Poi, quando i laburisti vinsero le elezioni, mi disse trionfante che gli ideologi ed i letterati farebbero bene ad astenersi dal fare previsioni politiche. Con l'autunno anche i vetri erano stati messi alle finestre, e si lavorava con maggiore tranquillità. Si cominciava a diffondere l'illusione che il giornale mettesse radici. Nei momenti di euforia, Dorso mi annunciava perfino che tra poco avrei potuto contare su uno stipendio. E pel momento mi dedicò una copia di Rivoluzione Meridionale, ricordandomi come « meridionalista e collaboratore onorario ». E perciò fu tanto più amaro per lui l'annuncio, datogli da Schiano, che per mancanza di fondi bisognava chiudere. Invocò l'intervento dell'esecutivo, ritenendo che la decisione fosse affrettata ed ingiustificata, e dovuta, in definitiva, a motivi personalistici (la « sinistra » napoletana era ormai in lotta aperta contro di lui: fu convocata l'assemblea e D'Elia fece un attacco a fondo contro il direttore de L'Azione, che aveva escluso dalla collaborazione i dirigenti napoletani del partito). Dorso si era rifiutato di venire a Piazza Dante, dove fummo in pochi a difenderlo. Le argomentazioni del D'Elia furono amene,· e mostravano troppo 45 Bibiiotecaginobianco

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