.. Renato Giordano dato frutto, gli rispose con voce forte ed ir:ritata·, accompagnata da un pittoresco intercalare dialettale: « Ora ve lo spiego io di che ... si tratta! ». E l'inglese, che, ben addentro nella sintassi italiana, ignorava le profondità del dialetto, temendo di aver perduto una parola-chiave, si rivolse a me: « Cosa ha detto, in che modo, in che modo? ». Scoraggiatissimo, qualche minuto dopo Dorso mi confidava che quelli purtroppo non avrebbero mai capito niente, e che l'ultima speranza rimaneva in qualche visione illuminata e generosa dei dirigenti americani. Per rifarsi, scrisse una serie di articoli sulla saldatura NordSud, dopo che l'esecutivo nazionale del P. d'A., di cui egli faceva parte, ebbe votato un ordine del giorno meridionalistico. Tornò da Roma alla fine di ottobre, molto soddisfatto dopo la riunione, durante la quale era riuscito ad ottenere l'impegno del partito a fare tutti gli sforzi per liquidare le strutture protezio11istiche ed autarchiche, e lasciare che il paese si reggesse seguendo le leggi dell'economia di mercato. Dopo l'approvazione all'unanimità de] suo ordine del giorno, Dorso mi raccontò di essere stato eletto Presidente, e mi riferì alcuni aneddoti divertenti sui vari discorsi dei suoi colleghi della Direzione. Fra l'altro raccontava divertito che una volta, durante una sua filippica contro il Nord, mentre puntava l'indice accusatore nella direzione di Riccardo Lombardi, dicendo: « Voi milanesi, voi milanesi ... », il prefetto di Mila110 lo interruppe: « Guardi che io sono di Catania!·». Quando era contento, Dorso faceva uno sforzo maggiore per accostarsi a certi esponenti della Resistenza del Nord, il cui mondo culturale e morale era così profondamente diverso dal suo. Pur rimanendo diffidente e scettico, apprezzava l'acume e la cultura di un Garosci o di un Valiani, mentre si riconosceva nelle impostazioni di La Malfa. Quando parlava di amici del Nord, si sentiva Io jatus profondo tra chi aveva trascorso tutta la vita ad Avellino, e coloro che avevano fatto le molteplici esperienze di « Giustizia e Libertà» in Francia e in Ispagna, quando addirittura non avevano, come Leo Valiani, varcato l'oceano per riparare nel Messico. In questo senso si sentiva psicologicamente molto più vicino a De Ruggiero o ad Omodeo (dai quali pure lo separava un poco quello che egli semplicisticamente amava definire un loro essere troppo « ideologi ») o perfino a Federico Comandini, da cui pùre era assai lontano come forma mentis politica: i quali tutti avevano trascorso il ventennio in Italia, e con l'ultimo dei quali aveva in comune i ricordi della giovinezza, le lotte del prefascismo, le trincee del Carso . 44 Bib1iotecaginobianco
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