Guido Dorso e « L'Azione » del direttore, sebbene eccellenti, erano dei « 1nattoni », e che il pubblico si rifiutava di comperare L'Azione, perché era stanco di sentir parlare dello Stato storico. Ma Dorso co11tinuava: dopo l'accentramento statale, la magistratura, dopo la magistratura il prefetto; dopo il prefetto, il maresciallo dei RR.CC., dopo « l'architrave », la « voltina » dello Stato storico, sicché Barone trionfò solo il giorrlo della morte di Mascagni, q~ando L'Azione, unico giornale del pomeriggio, fu il primo a portare la notizia, ed andò a ruba. Con qualche maljnconia di tutti coloro che constatavano con amarezza il declino dell'interesse dell'opinione pubblica di fronte ai problemi politici: si era soltanto a qualche settimana di distanza dalle bombe di Hiroshima e Nagasaki. Dorso continuava a dire che bisognava pubblicare l'uno e l'altro, le notizie sensazionali e gli articoli politici; ma si scoraggiava quando vedeva il suo conterraneo irpino, giudice P., ve11irsene ogni sera a prendere l'aria al balcone che affacciava su Toledo, e a leggersi gratuitamente il giornale. Gli sembrava questa la prova senza speranza dell'immobilismo e della miseria del Mezzogiorno: allora se ne andava a sedere acca11to ad Ezechiele Guardascione, che gli parlava della sua « Napoli pittorica», o accanto a Crescenzo Guarino, che all'Azione fece i primi passi sulla strada che doveva poi condurlo ai riusciti reportages dal Mezzogiorno sulla stampa nazionale. Venne a Napoli Ferruccio Parri, Presidente del Consiglio, e Dorso gli scrisse una lettera aperta: « ... Quello che è avvenuto e soprattutto quello che sta avvenendo, sembra uri sogno, ed è una realtà. Chi avrebbe potuto immaginarlo nel 1922, quando Piero Gobetti iniziò la pubblicazione di Rivoluzione Liberale? ... Molti allora pensavano che l'Italia era un paese 1noderno, e che il fascismo sarebbe stato una parentesi, e nessuno di noi poteva sospettare che, invece, si impostava una grande battaglia, non ideologica ma politica, della quale i principali attori eravamo proprio noi ... Allora noi sognavamo ad occhi aperti una grande classe politica intransigente e spietata, che avesse risoluto l'antico problema italiano, e adoravamo il solitario Giustino Fortunato, non solo perché ci aveva aperto gli occhi alla verità, ma anche perché ci aveva dato l'esempio di rifiutare un portafoglio. E non. potevamo certo supporre che tra noi ·c'era già Vincenzo Calace, che un giorno l'avrebbe imitato, e che l'ironico destino pretendeva costruire la classe politica antirettorica ed antitrasformistica, necessaria all'Italia per n~n morire, con le nostre umili persone. 41 Bibliotecaginobianco
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