Nord e Sud - anno XVIII - n. 139 - luglio 1971

.. Manlio Rossi Doria Il risultato fondamentale dell'applicazione di ·una legge di ri-- forma dei contratti agrari di questo genere dovrebbe essere, pertanto, una sostanziale riduzione dei redditi padronali e dei valori fondiari, tale da porre chiaramente ai proprietari l'alternativa: di vendere la loro terra, di assumere direttamente l'onere dell'impresa o di accettare le nuove condizioni, salvo a modificarle con contratti aggiuntivi nel caso in cui il proprietario riuscisse a stipulare con il coltivatore accordi speciali come corrispettivo di un suo apporto di capitali 6 • È evidente che, così concepita, la riforma dei contratti agrari non solo limita il diritto di proprietà, ma elimina qualsiasi libertà evidente, a mio avviso, la necessità che a un tale inconveniente si metta rimedio, stabilendo esattamente il procedirnento estimativo al quale le Commissioni per la determinazione dell'equo canone dovrebbero attenersi. Nell' « Annuario dell'agricoltura italiana» del 1950 (pag. 392) è detto al riguardo che « qualcuno (e quel « qualcuno », non foss'altri, ero io che scrivevo) ha anche osservato che, così come è formulato, l'articolo sull'equo canone non offre alcuna garanzia che il lavoro delle Commissioni possa effettivamente correggere la generale, talvolta gravissima sopravalutazione dei canoni d'affitto corrisposti dai coltivatori, perché non indica il metodo per il calcolo dell'equo canone». « Difatti -- era anche detto - le Commissioni hanno stabilito dei metodi di calcolo e si sono appoggiate a periti professionali, tuttavia si ha spesso l'impressione che si tratti di metodi empirici, diversi da caso a caso, e che il controllo perequatore manchi, mentre il disegno di legge non apporta a questo riguardo nessuna innovazione e indicazione. Il capoverso che chiude l'art. 29 sull'equo canone tsi fa riferimento al progetto di legge Segni quale fu approvato dalla Camera), nella sua apparente determinatezza, a giudizio di alcuni, non dice nulla: affermare, infatti, che in ogni cas_o il canone non potrà essere co1nunque superiore all'interesse annuo del quattro per cento netto del valore commerciale del fondo non ha senso, dato che il valore comn1erciale del fondo in realtà, fino a quando il fondo non è messo in vendita, è ignoto e per stima non è altro che il valore locativo capitalizzato. Più saggiamente il testo proposto sia dal Ministro che dalla Comrnissione non conteneva questa inutile aggiunta, interpolata durante la discussione degli articoli in Assen1blea ». Per quanto riguarda gli organi di controllo dell'applicazione della legge e le sanzioni contro gli inadempienti si dovrebbero adottare lo stesso realismo e lo stesso rigore usati nel secolo scorso in Inghilterra e altrove per l'applicazione delle leggi per la eliminazione del lavoro dei fanciulli. Non bisogna, infatti, dimenticare che il gioco delle forze in questo carnpo è tale da impedire il funzionamento di qualsiasi legge che non disponga degli strun1enti e della procedura capaci di renderne effettiva l'applicazione. Le organizzazioni sindacali, d'altra parte, che, nel campo del lavoro a salario nelle industrie, riescono, e non sempre, a imporre e far rispettare norme ed accordi, nel campo dei contratti agrari o non esistono o sono troppo deboli per conseguire risultati corrispondenti, almeno nelle condizioni prevalenti nell'Italia Meridionale e nelle Isole. 6 È. questa una proposta che m'è venuta spontanea nel ragionare, ma che non ho sufficientemente meditato. In altri tern1ini a me sembra che, una volta fissato in una certa modesta misura il canone o la quota di prodotti che il coltivatore deve corrispondere come se1nplice « reddito fondiario», si possono stipulare accordi complementari a compenso degli eventuali apporti in capitale per migliorie, scorte, anticipazioni, ecc. È evidente, tuttavia, che tale possibjlità non dovrebbe tramutarsi in una scappatoia per non rispe_ttare la legge e che gli organi di controllo dovrebbero esercitare una particolare vigilanza al riguardo . 30 Bibl1otecaginobianco

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