Ritorno alla ragione storica quando diventano riti, quando cessano di essere sottoposte alla critica, generano gli stessi mostri. Di qui quel senso di sollievo, quasi di soddisfazione, che proviamo nel vedere distruggere la sicurezza dei sistemi che ci hanno governati per un cinquantennio. In che consisteva la simpatia che - malgrado le evidenti lacune dell'uomo, la sua incuranza dei valori intellettuali, l'arroganza nel liberarsi delle obiezioni con prepotenze e battute, la volubilità - aveva circondato Krusciov? È ovvio: nella distruzione del mito monolitico di Stalin e inoltre, malgrado il ritorno a Lenin, nel dubbio sparso contemporaneamente su tutti gli altri elementi del sistema. In che consiste la soddisfazione per l'atteggiamento preso dalla Chiesa Cattolica al Concilio? Non certo in una particolare passione per la liturgia nelle lingue nazionali, anziché in latino; ma nella sensazione precisa della rivincita del modernismo, del profondo mutamento sopravvenuto nella Chiesa della Controriforma. Persino per alcuni miti che ci sono cari, perché a essi è legata qualche parte della nostra vita della quale non abbiamo da vergognarci, dobbiamo dire che l'esperienza dell'ultimo ventennio ci ha aiutato a non rimpiangerli. Per esempio, malgrado noi non fossimo molto affezionati a un'idea di « Resistenza tradita », confessiamo che ci è stato sempre amaro pensare che a un regime di ispirazione profondamente riformatrice sia succeduto un regime di così lenta capacità nel liquidare gli aspetti più turpi e più pigri della vita italiana. E, naturalmente, non abbiamo da ritirare nessuna di quelle critiche in quanto critica politica. Il regime democratico si presta a numerose critiche; i difetti dello Stato ereditato dal fascismo sono ancora lì (le sentenze con le quali, contro la Corte costituzionale, la vecchia magistratura conferma il suo attaccamento alle procedure più inquisitorie ci sembra rientrino in questo attaccamento al peggio nel passato italiano). Ma il mito di una Resistenza la quale si espandesse direttamente nella riforma sociale, tutta insieme e senza ripassare per la fase faticosa che stiamo attraversando, ebbene quello incominciamo a non sentirlo più neppure noi. Meglio una Resistenza italiana che abbia ceduto il potere a forze meno nobili (non, tuttavia, senza influenzarle) che una Resistenza diventata regime della Resistenza, una Resistenza trapassata nella « nuova classe» denunciata da Gilas (e così visibile in quasi tutti gli Stati di nuova indipendenza). Non sono soddisfatto del mio paese, ma neppure sarei soddisfatto di un'Italia di tipo jugoslavo o algerino, solo per prendere due paesi che dalla Resistenza eroica sono passati al regime della Resistenza. 19 BibliotecaGino Bianco
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