Nord e Sud - anno XVIII - n. 138 - giugno 1971

Editoriale Siamo convinti che la caitsa di questo vo~o di estrema destra non vada tanto ricercato nella paitra per le riforme, da parte delle classi privilegiate, quanto piuttosto nello stato di disagio, di malessere e quin.di di irritazione in cui si è venuto a trovare il ceto medio italiano in questi ultimi anni: scioperi, cortei, bastoni, attentati, st:ippi, sequestri, aumento del costo della vita, corruzione dei pubblici poteri. Questa ipotesi è confermata dal fatto che il voto di destra non è andato a forze conservatrici, ma comprese nell'arco democratico ( così come accadde all'indomani della nazion.alizz.azion.e dell'energia elettrica), bensì si è diretto verso le forze della reazione totalitaria, quasi a testimoniare la mancanza di fiducia verso un sistenia che non sembrava più capace di garantire l'ordine democratico. Oltretutto le riforme sembrano lontane e contraddittorie, o, meglio, lontane perché contraddittorie. Abbiamo l'impress1ione che alcune forze politiche, e le sinistre cattoliche ben più che i socialisti, nell'incapacità di caratterizzarsi a sinistra sul terreno dei contenuti delle riforme, abbiano cercato più volte in atteggiamenti di acquiescenza - per 110n dire di adesione - verso tutto ciò che proveniva da sinistra, anche se questo finiva per turbare la vita democratica, un.a co·pertitra alla propria impotenza riforn1atrice. Una sinistra riformatrice che non sia velleitaria dovrebbe infatti sapere che proprio nel mon1ento in cui vuole riformare operando siti co11te11uti, deve rassicurare l'opinione pubblica, cercando di garantire il più possibile la tranquillità sociale e soprattutto la legalità repi1:bblicana. In molti paesi democratici si è riiLsciti a fare le riforme senza spaventare i cittadini; da noi, viceversa, si è riusciti ad impaurire i cittadini senza fare le riforn1e. Il problema che si pone ora a tutta la sinistra democratica è quello di acquistare credibilità nei confronti del paese. Si parli un po' più dei contenuti delle rif orn1e e un po' meno di equilibri più avanzati, e di patti costituzionali; e si p·onga soprattutto fine alla gara d'egli scavalcamenti tra correnti della sinistra democristiana e correnti socialiste. È ancora Ronchey ad osservare giitstamente che « non. si può essere a sinistra del buon sensjJ ». Si tratta di ritrovare, da parte dei partiti, la coerenza con il proprio ruolo; di colmare la frattura tra classe politica e opinione pubblica, quella frattura che ha trovato nel voto per il MSI la sua allarmC?,nte conferma. Affrontare il « semestre bianco » incalzati dall'aumento dei voti fascisti po,trebbe avere almeno un. risvo.Zto positivo: quello di far trovare alla maggioranza di centro-sinistra, se non una maggiore coesione, quanto 1neno la consapevolezza delle proprie responsabilità nei confronti del paese. Le forze p·olitiche p·otrebbero quindi comprendere ta neces~ità di 4 Bibliotecaginobianco

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