Nord e Sud - anno XVIII - n. 135 - marzo 1971

Girolamo Cotroneo « letteraria » che di solito, come si diceva all'inizio, è niente più clze una recensione (nella maggior parte dei casi asettica). Ora tutto questo provoca un più accentuato distacco, un sempre n1aggiore disinteresse verso i problemi culturali: e alla luce di quanto abbion10 finora osservato la stessa ipotesi che questo distacco sia dovuto al « tipo », al « modello » di cultura offerto dalla nostra società, che sarebbe citltura della « classe dominante », rifiutata pertanto dal resto del paese, ipotesi che oggi viene tanto spesso avanzata, si rivela per lo meno discutibile. Se infatti si presta buona attenzione alla produzione culturale del nostro paese non sarà certo difficile rilevare come essa sia, o pretenda di essere, popolare (nel senso « politico » del termine). La letteratura sul marxismo è sconfinata; i libri di sociologia e i saggi politico-sociali si sprecano; le opere di critica alla società «borghese», al 11.eo-capitalismo, all'imperialismo, e di esaltazione della funzione rivoluzionaria del terzo n1ondo non si contano; le maggiori case ,editrici italiane, dalla Nuova Italia a Einaudi, a Laterza, sono chiaran1ente « di sinistra», arrivando alle punte estremistiche di Feltrinelli, De Donato, Jaca Book. Sostenere quindi che la produzione culturale dominante in Italia sia quella « borghese» è affermazione che si smentisce da sola. Eppure nonostante questo la frattura fra il paese e la cultura è sempre larghissima, né serve a restringerla la vasta produzione « progressista » chp, pure rappresenta oggi la parte più cospicua dell'attività pubblicistica del nostro paese. Né a giustificarla può valere il fatto che gli strati non borghesi della nostra società, quelli cioè teoricamente interessati a q1Aeiproblenii dibattuti dalla cultura « progressista », non possono raggiungere il libro per via di una certa politica dei costi che pure le case editrici « di sinistra», - in quanto inserite in una società di tipo neocapitalistico e in u.n sistema econo111ico concorrenziale e competitivo -, sarebbero costrette «_ loro malgrado» a seguire: il discorso, come si diceva, vale poco o nulla in quanto le edizioni economiche fanno ormai da diversi anni parte integrante del panorama editoriale del nostro paese (dove si è giunti a livelli « francesi » con la pubblicazione a prezzo economico persino della Critica della ragion pura e dell' Organon di Aristotele); anzi il discorso andrebbe addirittura rovesciato, in qitanto sono proprio le case editrici « non allineate » a dovere fare una politica di costi «alti», perché non seguendo le « mode » culturali e non avendo la forza propagandistica e la capacità di presa delle grandi case editrici devono contare su di un numero ancora più limitato di lettori. Se quindi né il fatto che la 1naggior parte della nostra produzione culturale sia di opposizione e non espressione della « classe dominante » (nel senso che comunemente viene dato a questo termine), né il fatto 44 Bibiiotecaginobianco

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