Argomenti quanto permetteva ,di sfruttare strutture pre-esistenti e personale già qualificato. No1 n potevano mancare però conseguenze negative: da un lato il ,decla·ssamento degli ospedali, dall'altro il ,dirottamento di energie universitarie verso compiti non primariamente istituzionali; e la situazione si aggravava man mano cl1e, in un circolo chiuso, le deficienze ospedaliere favorivano automaticame11te il monopolio universitario. Si dovrà dunque provvedere a un ridimensionamento, e a una riqualificazion~ deLle attività assistenziali universitarie. Tuttavia ciò non potrà avere luogo1 senza un radicale mutamento negli indirizzi di molte amministrazioni ospedaliere, che -dovranno ar1ch'esse assumere le proprie responsabilità. No11 si dimentichi che, senza i servizi universitari, le prestazio·ni sanitarie in una città come Torino correrebbero o,ggi il rischio di precipitare, in alcuni campi, al livello di quelle che si ottengono in un piccoilo centro di provincia. Sarebbero in grado gli ospedali piemontesi di sopperire rapidamente, 1 da un p,unto di vista quantitativo e qualitativo, alle esigenze assistenziali della Regione? Ce lo auguriamo. E in ogni modo questoj è un grosso problema che non è il caso di trascurare. L'aspetto del problema sul quale la stampa ha polarizzato, l'interesse del pubblico• è quello della regolarità amministrativa. V'è -da sperare che piena luce venga fatta, e che chiare indicazioni di comportamento scaturiscano per il futuro ordinamento della materia. Ma la questione più importante, al di là dei fatti contingenti, è quella delle scelte di politica sanitaria cl1e dovranno essere compiute dai gra11di ospedali e per essi soprattutto •dalla Regione. Queste scelite sono intimamente 1 connesse con i proble1ni dell'università. Già oggi le strutture delle facoltà mediche so.no insufficienti per un a,deguato insegnamento pratico ·delle materie cliniche. D'altra parte nessuno finora (se si eccettua una commissione nazionale rece11temente formata dai p,residi delle facoltà mediche} sembra voglia assumersi la responsabilità di proporre una limitazione, regola1nentazione o programrnazione, dell'accesso alle università. Non si vede ,dunq11e come si potreb·be in questo frangente pensare davvero di limitare il rapporto. diretto con gli ammalati in una facoltà medica, sempre che esso fosse effettivamente rivolto, al fine fon1damentale ,di acquisire nuove esperienze per il personale docente e ,discente. Ma, pur con una migliore utilizzazione del materiale e delle attività cliniche ai fini dell'insegnaìnento, sembra evidente ormai che le sole .stru1tture universitarie non saranno più sufficienti per la massa crescente degli studenti: no-n lo sa·rebbero più, neppure se a questa venisse posto 11n argine che ne arrestasse ai 51 Bibiiotecaginobianco
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==