Bruno Lauretano l'essere integrato nel «sistema» (entità mistica sempre presente nei discorsi dei giovani contestatori), finendo con il con,dividere le richieste, le esigenze e le aspirazioni dei « borghesi » e con il rinnegare la propria cultura (nel senso più lato) di partenza. Pinocchio non finisce per divenire un « ragazzino per bene )}.Pinoccl1io resta Pinocchio,, ma non quello di prima, in quanto acquista la cap·acità di capire ciò che egli stesso è e ciò che lo ,aircon,da, di riflettere in modo critico sul « vissuto ». No,n sembra proponibile il modello della scuola di quartiere, che sia ·«doppio » del quartiere stesso. In vista d't1na mistica e im,prendibile autenticità, si ripropone in tal modo ai ragazzi la sub-cultura loro propria, finendo con il sos-pingerli nella tana da cui invece è bene tirarli fuori. Il recupero della realtà circostante e il << ritorno>> sono certo auspicabili, a patto però che il recupero stesso sia critico e rit1essivo. Si p·uò parlare di « co1onizzazione delle anime» a proposito di una scuola che favorisce l'incontro con Bach, l'arte astratta, il teatro d'avanguardia, il folk, i blues? sono da considerare, questi, n1.odelli culturali alienanti e inautentici? Nella scuo,la « Marotta » tutto ciò non viene presentato in termini esclusivi. Si fa anche teatro dialettale, drammatizzazione mimica (i mimi sul « vissuto»), analisi d'ambiente, attività d'inchieste. Già questo permette di escludere l'accusa di diserzione. Ma in che senso la cultura, quella autentica, è poi diserzione? La cultura, in questo valore, è sempre autenticità. La differenziazione a tale livello non è tra cultura borghese e cultura proletaria, ma tra cultura e non-cultura. La cultura di per sé non è né feudale, né borghese, né proletaria, né neo-capitalistica, ma cultura senza aggettivi. Neo-capitalistici, proletari, borghesi sono la pseudo-cultura, la proposta « adulatoria» di mo·delli, l'imbonimento, la ciarlataneria, la p,ubb,licita, la truffa. Anche per la cultura autentica, il problema si pone, ma ad altro livello, come p-roblema di potere e di controllo. Borghese, proletaria, neo-capitalistica non è la cultura, ma la gestione della cultura. Un gntppo, una classe, l1a potere in rapporto alla sua capacità di fruizione e di appropriazione dei beni culturali. Questi, in quanto tali, non sono propri di quella classe e di quel gruppo. In quanto beni, appartengono a tutti coloro che possono appropriarsi di essi. Una classe e 11n gruppo possono essere « portatori di gusto>}, imporre àeterminati modelli culturali, strumentalizzarli ai fini della propria « volontà di potenza ». Anche in questo caso} comunque, tali modelli sono dei « portatori », non perché esclusivamente « loro», ma solo p,erché oggetto· di ap,prop,riazione .. La cultura, in quanto b-ene, non è, per vocazione sua propria, di nessuno. È di coloro che hanno il potere di appropriarsene e che, attraverso la fruizione e il possesso di essa, accrescono il proprio potere. Favorire la promozione culturale dei ragazzi di estrazione proletaria vuol dire dunque allargare la sfera del loro potere. Insistere sulla cultura di quartiere, sulla fedeltà al proprio essere autentico, sulla cupa vocazione ad essere quello che si era, è ragionare da reazionario che finge di fare il progressi,stal, fingere di voler modificare una 38 Bibiiotecaginobianco
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