Nord e Sud - anno XVII - n. 132 - dicembre 1970

Italico Santoro centuale degli utili reimpiegati in Europa. Mentre le attività delle filiali americane, sempre nel periodo che va dal 1959 al 1967, si sono pressoché quadruplicate, i profitti reinvestiti si sono solo raddoppiati, e contribuiscono ormai solo per 1'8,9% all'approvvigionamento finanziario delle società statunitensi (contro il 15,9% del 1958): in altri termini, u11 vero e proprio trasferimento dalle filiali alle imprese-madri, dall'Europa agli U.S.A., realizzato attraverso una maggiore distribuzione di ·utili. Tenendo conto di tutti e due questi fenomeni, è facile dedurre che basta alle società un apporto limitato, se non addirittura decrescente, di capitali, per alimentare l'espansione degli in\ 1estimenti in Europa; e non è da escludere che questo processo, fra q11alche anno, possa addirittura risolversi a beneficio della bilancia dei pagamenti. Se preoccupano le modalità di approvvigionamento fi11anziario, desta qualche sospetto, almeno negli ultimi tempi, anche il tipo di impiego che le filiali americane fanno dei loro capitali: negli anni cinquanta, e a11cora all'i11izio di questo decennio, erano i nuovi investimenti, e q_uindi la creazione di attività economiche aggiuntive, a interessare le imprese statunitensi.· Da qualche terr1po, invece, i · capitali vengono utilizzati per vere e proprie speculazioni, dirette ad acq_uisire la maggioranza all'interno di società: è il caso della Ferrania, della Si1nca, della Rootes, è il caso, insomma di operazioni sempre più frequenti, compiute utilizzando capitali in buona parte europei per trasferire sotto bandiera americana la proprietà di imprese già esistenti, e spesso tecnologicamente molto avanzate. l11que~ti episodi, certo, no11 c'è funzione traente, non c'è salto tecnologico, non c'è contributo al riassorbimento della disoccupazione. * * * Gli altri costi sono di natura politica, anche se a preoccupare i· tecnocrati di Bruxelles non è certo l'orgoglio nazionale di derivazione gollista, ma piuttosto il destino dell'Europa comunitaria e la continuità del processo di integrazione economica. C'è, innanzi tutto, il rischio di accentuare le rivalità fra le politiche nazionali e di allargare gli squilibri geoeconomici fra regione e regione del Mercato Comune. Per i paesi membri nei quali sussistono tuttora problen1i di disoccupazione o che intendono sviluppare settori strategici dell'economia, gli investimenti americani costituiscono la scorciatoia più rapida e più allettante: l'esempio viene dal Belgio, che 26 Bibliotecagin·obianco . . . .

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