I Giornale a più voci stesso, ma è coinvolta nel processo da cui la vita è maturata e sviluppata » (pagg. 91-2). In questa esplosione di istanze particolari, occorre, p·er non smarrirsi, comprendere che « la particolarità non è più diminuzione, ma scoperta sempre più precisa della ricchezza del reale ». Piovani cita a questo proposito una frase molto bella di Proudhon: « Chi lavora, per poco d'attenzione che presti al suo lavoro, fa d1ella filosofia». È. un invi1 to a ritrovare i nessi profondi delle cose non con superficiale distacco dal proprio « posto di lavoro », ma riesaminando, senza tregua, le istanze sempre nuove che l'esistenza ci pone, rivivendo metodi e s,trumenti, nella consapevolezza che le autentiche ricostruzioni non son.o frutto di fallace enciclopedismo, ma di un·a ricerca in grado di intendere gli altri, perché capace di ricomprendere o,gni volta se stessa. « Presso uffici-studi di grandi aziende - conclude Piovani - presso enti autononii di perfezio·nanzento, presso Biblioteche e Archivi, la ricerca, perfezionata per settori nei luoghi più idonei, è destinata a trovare strutture istituzionali nuove, enzancipate dagli antichi vincoli fattisi inadatti, dinamicamente coordinate e coordinabili, ma non storicamente organizzate dentro coabitazioni coatte» (pag. 104). La conclusione è affatto pertinente e amp 1 iamente condividibile. All'analisi di Piovani, tuttavia, occorre muovere qualche obiezione, che non vuole essere di critica, ma semmai d'integrazione. Egli, infatti, giustamente attento alla disintegrazione dei centri tradizionali di diffusione dei valori, dopo aver messo in luce a ragi·one la fine della paideia nazionale, sembra non avvedersi che la delocalizzazione e il pluralismo del mo1 ndo d'oggi nori sono sempre esp,resision,e di una crisi aperta a varie possibilità e pertanto, in un certo senso, salutare. V'è anche un pluralismo malato che moltiplica innaturalmente le cellule sociali e i valori corrispondenti. Esso ha radici politiche e istituzionali ed esprime, ai livelli delle sovrastrutture, l'incapacità ,degli Stati nazionali di realizzare una unità ormai affatto conso•na ai costumi, agli ideali politici, ai sentimenti morali ed infine agli interessi dei oittadini anche quando p,arlano lingue diverse. Il mondo ap,pare come un insieme indefinito di atomi vaganti i11 uno stato di perenne anarchia ed in questo pazzo rip,rodursi di cellule, vaste regioni rimangono prive di governo (si pensi al Medio Ori:ente). Proprio quando le decisioni prese in un angolo del globo coinvolgono tutti i paesi allo stesso modo, occorre in realtà semplifica,re e unificare le scelte: la terra è divenuta tro·ppo piccola per tollerare un· in.finito numero di in•termediar.i tra i popoli e il potere. Se la pace o la guerra riguardano tutti allo stesso modo, tutto ciò che conduce all'una o all'altra deve essere sussunto sotto le stesse categorie morali e politiche. Questo sentono oggi le genti, in maniera talora confusa, talora consapevole -=- semp•re violenta, come i sentimenti nuovi. Il discorso sulla federazion·e europea, prima ancora che economico e politico, è il frutto di una scelta spirituale. La cultura, pertanto, non deve solo esprimere la p,Iuralità, indicando come solo nella fedeltà alla propria vocazione in.dividuale possa ristabilirsi un comune universo di di55 Bi~~iotecaginobianco
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