I Gian Giacomo dell'Angelo Per tradurre concretamente nelle campagne la pro,grammaz1une, il problema da risolvere no•n è ,dunque tanto quello di fare il piano zonale quanto qu~.Jlo di ,promuovere la crescita della comunità che sap,pia contrattare con i pubblici poteri il proprio piano zonale. Suonano perciò come ingenue le richieste che si fanno agli enti di « pro·durre » i piani zonali: ·al massimo, se saranno, messi in condizione di farlo, gli enti potranno provvedere ai piani di valorizzazio,ne. Ai piani zonali ci si arriverà in un seco·ndo tempo. se gli enti sapranno impegnarsi nell'opera di promozione della co-munìtà; in un'o,pera, d'altra parte, che non costituisce ap,pannaggio esclusivo degli enti ma di tutti gli organismi che hanno· come fine quello, ap,punto, di agire secondo schemi co·munitari. E poiché, anche se no·n ancora molto diffusa, una struttt1ra organizzata già esiste nelle nostre camp·agne, sarà su questa e cioè sulle cooperative e su tutte le altre fo,rme associative, che gli enti di sviluppo dovranno puntare per porre al più presto. in moto il m.eccanismo dei piani zonali. Si sa però come, generalmente, la comunità si formi attorno ad obiettivi specifici, che le conferiscono un carattere settoriale; si sa, d'altra parte, co,me i problemi dello svilup,po, agricolo in generale e anche quelli dello sviluppo ·di un determinato settore implichino,, quasi sempre, soluzioni e interventi di diversa natura, tra loro• interdipendenti. Non si può pensare ad un oleificio se non vi sono· le necessarie strade di collegamento tra esso, e gli oliveti, tra esso, e i mercati; a uno sviluppo ortofrutticolo se no·n vi sono le necessarie infr.astrutture di mercato e di trasformazione; ad un allevamento estensivo se non previo un generale riassetto che dia vita ad unità aziendali di dimensione adeguata. L'azione degli enti, a livello della formulazione dei piani di valorizzazione, deve essere in grado di porre in evide11za siffatte interdipendenze e, a livello della promozione dei piani zonali, deve sapere portare, sia pure con la gradualità dettata dalla natura •dei problemi e dalle risorse disponibili, la co•munità agricola e i suoi interlocutori pubblici a riconoscere tali interdipendenze e ad impostare di conseguenza i problemi. Ne consegue che il piano· zonale potrà anche nascere da una concezione settoriale, ma la sua tendenza, sorretta dai servizi e dalle garanzie che esso saprà progressivamente acquisire, è verso la co,mprensione di tutti i problemi connessi alla crescita equilibrata del territorio•. Non sembra dunque che possa porsi in via pregiudiziale un p•roblema circa il carattere specializzato o composito del piano zonale. Una condizione che va invece sottolineata è che, anche nella iniziale impostazione settoriale, sia presente l'intera comunità degli interessi della zona, cosicché il problema di settore affrontato possa .essere risolto nella 98 Bibl_■ otecaginob· co \ I . I
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