Nord e Sud - anno XVII - n. 128-129 - ago.-set. 1970

Ugo Leone ci siamo accorti di quanto delicato, sia il rapporto tra l'uomo e l'am- - biente. Ce ne siamo accorti solo di recente, in seguito alle sempre più macroscopiche alterazioni di questo rapp·orto_ provocate dall'industria, che con la distruzio,ne del paesaggio rischia di compromettere per sempre le condizioni bio-ecologiche della vita; dalla crescita smisurata degli agglomerati urbani, che rompe i tradizionali « legami sociali »; d~ll'incontro1lato boom demografico, speci,almente nei paesi del Terzo mo,ndo; dalla « agitazione frenetica » e dal « vuoto· psicologico » della società dei co,nsumi. Queste modificazioni, abbiamo detto, si registrano da tempi remoti; tuttavia occorre fare immediatamente delle distinzio·ni. Nella fase che si può definire « agrico,la » della storia, e cioè in quel lunghissimo, arco di tempo che va dal Neolitico ai primi dell'800, il rapporto· tra l'uomo e il suo ambiente di vita è stato caratterizzato dall'esistenza di un certo equilibrio « fra una concezione utili,taristica del mondo e una concezione di esso come luogo in cui abitare ». Il che vuol dire che non era ancora predominante il concetto della natt1ra vista esclusivamente come una riserva di risorse. Nella fase successiva l'uomo ha accentuato la sua cap1 acità di intervenire sulla natura modificando profondamente l'equilibrio fra le due concezioni del mondo, esistente nella fase precedente. È questo l'atteggiamento dell'homo faber, che fa segnare il prevalere della concezione utilitaristica del mondo. Naturalmente nella presa di coscienza di questa evoluzio·ne non è implicito un giudizio di qualità sulle due er:e co·nsiderate; nel senso che non ci p•are si possa affermare con i romantici che l'era pretecnica fosse una specie di paradiso terrestre. Allo stesso modo non ci pare possibile affermare che ogni manomissione della natura sia, in quanto tale, un fatto negativo. Tuttavia non si può negare che se l'umanità non fosse esistita sull 1 a terra la vita fisica avrebbe seguito un ritmo molto diverso e il paesaggio, nel senso più ampio della parola, avrebbe tutt'altra fi- • • s1onom1a. A questo punto dobbiamo ricordare che si possono distinguere vari tipi di paesaggio, a seco,nda del grado di intervento· umano. Innanzitutto, com,e scrive Biasutti 2 , « vi è il paesaggio sensibile o visivo, costituito da ciò che l'occhio può abbracciare in un giro di orizzonte; un paesaggio che può essere riprodotto da una fotografia (meglio se a colo,ri) o dal qua.dro di un pittore, o dalla descrizione, breve o minuta, di uno scrittore ... Ma d'ordinario il paesaggio 1 visibile è estremamente angusto o, se più ampio, no·n mostra con sufficiente nitidezza e preci_sione i suoi ele2 R. BIASUTTI, Il paesaggio terrestre; UTET, Torino, 1962. 164 Bibliotecaginobianco

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