Nord e Sud - anno XVII - n. 128-129 - ago.-set. 1970

Rivista mensile diretta da Francesco Compagna Francesco Compagna, La ''fortuna,, o la '' rovina ,, ? - Michele Cifarelli, I meridionalisti e le Regioni - Sandro Petriccione, Che cosa ci si aspetta dalla contrattazione programmata ? - Giulio Picciotti, Il 20 settembre e il garantismo vatica1io - Riccardo Perissich, La Costituente europea Piero Barucci, Carlo Donat Cattin, Rosario Romeo, Manlio Rossi Doria, Pasquale Saraceno, Roberto Tremellonj, Saraceno e la politica economica nel dopoguerra e scritti di Vittorio Barbati, Adriana Bich, Ermanno Corsi, Girolan10 Cotroneo, Annamaria Damiani, Antonino de Arcangelis, Sebastiano Di Giacomo, Antonio Duva, Luciano G. Grasso, Felice Ippolito, Ugo Leone, Filippo Scalese, Italo T alia, Enzo Ve!lecco. ANNO XVII - NUOVA SERIE -A90STO-SETTEMBRE 1970 - Nn. 128-129 (189-190) E·DIZJONI SCIENTIFICHE .ITALIANE - NAPOLI . Bibliotecaginobianco

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ib NORD E SUD Rivista mensile diretta da Francesco Compagna ANNO XVII - AGOSTO-SETTEMBRE 1970 - Nn. 128-129 (189-190) DIREZIONE E REDAZIONE: Via Carducci, 29 - 80121 Napoli - Telef. 393.347 Amministrazione, Distribuzione e Pubblicità: EDIZIONI SCI~NTIFICHE ITALIANE - S.p.A. Via Carducci, 29 - 80121 Napoli - Telef. 393.346-393.309 Una copia L. 400 - Estero L. 700 - Abbonanienti: Sostenitore L. 20.000 - Italia annuale L. 4.000, seme-- strale L. 2.100 - Estèro annuale L. 5.000, semestrale L. 2.700 - Fascicolo arretrato L. 800 - Annata arretrata L. 8.000 - Effettuare i versamenti sul C.C.P. 6..19585 Edizioni Scientifiche Italiane- Via Carducci 29, Napoh ecag inobianco

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SOMMARIO Francesco Compagna Michele Cifarelli Sandro Petriccione P. Barucci - C. Donat Cattin - R. Romeo - M. Rossi Doria - P. Saraceno - R. Tremelloni Enzo Vellecco Italo Talia Editoriale [ 5 J La « f orttlna » o la « rovina »? [ 1O] I meridionalisti e le Regioni [23] Che cosa ci si aspetta dalla co·ntrattazione programmata? [33] Saraceno e la politica economica nel dopogiterra [ 43] Una politica nitova per il credito agevolato [75] /1-zdustria vecchia e i11dustrializzazione nuova [86] Le idee del ten1po Girolamo Cotroneo ReqiLiem per itn filosofo [93 l Frontiere Riccardo Perissich La CostitiLente citropea [98] Felice Ippolito Filippo Scalese Adriana Bich Annamaria Damiani Antonio Duva Giornale a più voci Università: il ,neglio nemico del bene [115] Il « pacchetto » e i co11sumi privati [ 118] La crisi degli i11segnanti [ 121] Italia e Jitgoslavia [128] Ca1npania: un, inizio poco promettente [131] Inchieste Luciano G. Grasso All'ombra della Scienza [139] :Bibhoteçaginobianco -

Giulio Picciotti Ugo Leone Antonino de Arcangelis Vittorio Barbati Argomenti Il 20 settembre e il garan,tismo vatica110 [153] Processo per ecocidio [163] L'infanzia del m.alessere [ 177] La strategia dello sviluppo ·[198] Cronache e Memorie Ermanno Corsi Dieci anni fa, Tan1broni [213] Regioni Sebastia110 Di Giacomo La Basilicata, oggi [236] Documenti Dopo Pescara e clopo Reggio [250] Bibliotecaginobiànco

·Editoriale . Fra i meriti dell'on. Colo1nbo c'è senza dubbio quello di aver proposto, specialmente nel suo discorso di replica alla Camera dei Deputati, i grandi terni cl1e hanno qualificato la continuità e la coerenza della politica estera delle coalizioni de1nocratiche, da quando De Gasperi era Presidente del Consiglio a quando Nenni era Ministro degli Affari Esteri: itna certa concezione della politica atlantica come politica di solidarietà delle democrazie parlamentari e in particolare con le democrazie a11glosassoni; una certa idea dell'Europa; itn ancoraggio dell'Italia ai paesi dove è riconosciuta la libertà dell'errore e che si contrappongono idealmente, prima ancora che politicame11t e, ai paesi dove è imposta la libertà dall'errore; una disponibilità attiva per la distinzione fra i blocchi, nella consapevolezza che la distensio11e no11passa per la disintegrazione dei blocchi, non si raggiunge e nenimeno si avvici11a grazie a deviazioni nazionalneutralisticlze della politica estera di questo o quel paese europeo, 110nsi può pagare co11la balcanizzazione definitiva dell'Eilropa Occidentale, ma ha come suo presupposto la ricomposizione e la rianimazione di una solidarietà occidentale con1promessa dal gollismo francese, dalle tendenze americane al disimpegno isolazionistico e aricl1e, specialmente in Italia, dall'infiuenza crescente che sul mo11do cattolico riescono ad esercitare ambienti che si qualificano socialn1ente a si11istra, che si dicono anticapitalisti, ma che sono politicamente a destra, in quanto risultano, dietro la cortina fumogena della polemica anticapitalistica, p·iù o meno consapevoln1ente antiliberali in senso reazionario e in quanto cercano, richia1nando i socialisti alle loro tradizioni itmanitarie, di trascinarli lontano dalle loro tràdizioni liberali. A co·mmen.to dei buoni propositi espressi dall'on. Colombo, e p-er valutare in quali termini si pongono oggi, itz Europa e in Italia, i problemi della distensione fra i due blocclii, dell'approfondimento e dell'allarga111ento della Comunità etf,ropea, della solidarietà democratica fra i paesi a regime parlamentare sulle due rive atlantiche, si devono comunque· interpretare: 1) le conseguenze che potrebbero derivare ai fini dell'equilibrio internazionale e della sict-trezza europea dalle tendenze isolazionistiche cl1e affiorano nella politica estera degli Stati Uniti; 2) le conseguenze che potrebbero derivare ai fini del processo di integrazione dell'Europa dagli sviluppi della Ostpolitik del governo di Bonn; 3) le conseguenze clze potrebbero derivare ai fini della continuità e della coe5 Bibliotecaginobianco

Editoriale renza della politica estera del nostro paese dagli orientamenti della . Chiesa e del mondo cattolico, che sembrano voler segnare un distacco dell'una e dell'altro, dalla solidarietà con le democrazie dell'Occidente, e in particolare con quelle anglosassoni, in contrasto con gli interessi genero11. e permanenti dello· Stato italiano. 1) C'è chi ritiene, e non senza fon.damento, che « una profonda svolta ha avuto luogo silenziosamente nella politica estera americana» nel senso dell'avvio di « una lenta, discreta, graduale, metodica, ma glo·bale ritirata dall'intero scacchiere internazionale ». C'è in realtà una spin.la al disimpegno che parte dall'opinione pubblica, dal settore radicale allargandosi al settore mo·derato dell'opinione pubblica, coinvolge la Casa Bianca, porta al progressivo ritiro dall'Asia, induce a rischiare l'appeasement nel Medio Oriente e nel Mediterraneo in genere, suggerisce anche ad un uomo di parte democratica, della parte cioè di Roosevelt e Kennedy, le atf ermazioni che recentemente ha fatto il senatore Mansfield sulla mutata situazione nell'Europa centrale, onde l'assurdità, a suo giudizio, della perman.enza delle cinque divisioni americane che nel vecchio continente assicurano un velo di protezione la cui importanza politica di garanzia dell'impegno americano a difendere l'Europa è di tutta evidenza. Se per quanto riguarda l'Europa, si aggiungono poi le controversie commerciali, sembra lecito prevedere che, per quanto più discreto· nei modi e piìt graduale nei tempi, il disimpegno degli Stati Uniti dall'Europa resta, nei programn1i della Casa Bianca, la tappa successiva al disimpegno in Asia. Così come sembra lecito dar credito a un osservatore intelligente come Stei,vart Alsop quando, sit « Newsweek », che non è ttn settimanale di destra, afferma che « gli americani non vogliono più sen.tir parlare non tanto e non solo del Vietnam, 1na dell'intero ruolo di potenza numero uno assitnto dal paese dopo la guerra ». La verità è che negli Stati Uniti la sinistra è isolazionista e la destra pitre; nella misura in cui si è logorato il centro formato dall'ala kennediana-johnsoniana del partito deniocratico e dall'ala repubblicana che aveva puntato su Rockefeller o su Romney alle ultime « primarie », l'isolazionismo, rafforzato dall'aggravamento di taluni problemi interni, in particolare di quello delle gr~ndi città e dei ·consumi pubblici, incontra ormai come solo ed ultimo ostacolo il residuo sentimento della ragion di Stato che frena Nixon e i suoi collaboratori quando sono investiti dalla spinta di cui si diceva. D'altra parte, se gli Stati Uniti tendono a limitare nei minimi termini possibili i loro impegni di potenza mondiale numero uno, viene men.o di fatto, in tutto o in parte, lo sforzo di contenimento del ruolo internazionale della potenza numero . due; e l'Unione Sovietica potrebbe approfittarne non tanto oggi in Asia, quanto domani 6 Bibliotecaginobianco

" Editoriale in. Europa. Certo, si rischia di avere prima o poi, in co11seguenza dell'isolazionismo america110, un rovesciamento dei ruoli fra le due grandi potenze: come ha scritto Girolamo Modesti, corrispo11dente da Washington de « La Nazione», molto dipende, « alla distanza, da quanto la Casa Bianca riuscirà (se riitscirà) a frenare la spinta verso l'isolamento che sorge dal paese». Ma molto dipende anche dai paesi europei, dall'Inghilterra e dalla Germania, dalla Francia e dall'Italia. 2) L'Uniotze Sovietica, profittando degli accordi di Yalta e di Potsdam, ha creato in Eu.ropa Orientale Utl suo sistema di niarche di frontiera; con la dottri11a di Brezh11ev sulla << sovranità limitata » ha bloccato le forze centrifugl1e che insidiavano dall'interno questo sistema; con il Trattato di Mosca ha ottenuto il riconoscin1ento dello status quo creato dagli accordi di Y alta e di Potsdam e consolidato con l'applicazione della dottrina sulla « sovranità limitata ». Le divisioni nazionali continuano intanto ad aggravare il declino dell'Europa Occidentale, cl1e rischia di esporsi nuda ai contraccolpi del disimpegno a,nericano e di offrire occasioni per una politica sovietica mirante a disintegrarla. Così, come ha scritto su « L'Exprèss » Jean Jacques Fau.st, « sotto la vernice delle belle parole, permane il sentimento che il vecchio edificio della sicurezza americano, già pieno di fessure, mirzacci di rovi11are addirittura, una volta che la Germania, all'est, è diventata libera nei sitoi movimenti ». È questione di intendersi, però, su qitesta libertà di movimenti acquisita dalla Germania federale, come è questione di intend'ersi sul positivo e sul negativo che potrebbe derivarne per l'Eitropa Occidentale. Molto a questo proposito dipende dalla Francia, la quale, più di ogni altro paese europeo, dovrebbe avvertire la preocci,pazione che, se ad ovest perdurasse il vuoto politico, se cioè non si organizzasse l'Europa sul pian.o di una comitne politica estera e di difesa, per non parlare di itna comune politica econon1ica e monetaria, le 1nigliori intenzioni di Brandt ( « la Ger1na11iafederale non sarà un vagabondo fra due mondi, perché resta ancorata all'ovest ») sarebbero frustrate; e la Germania prima o poi potrebbe dare della Ostpolitik una interpretazione strettamente nazionale, forse addirittura nazionalistica. Certo, la Ostpolitik può essere un fatto positivo, specialmente ai fini della distensione. Ma se non dovesse trovare corrispondenza in un patto europeo organico e solido, in ·una ripresa del processo di unificazione dell'Europa, ne deriverebbe quanto meno il pericolo di tln.a degenerazione in senso nazion&listico della Ostpolitik. La Germania, del resto, è già tentata di creare un rafforzamento del suo ruolo politico come centro di iniziativa autonorrza; e la Francia, quindi, non dovrebb·e più eludere il problema del vuoto ad ovest, un vuoto che è detern1inato proprio dall'indecisione del 7 ibli•otecaginobianco -

Editoriale governo postgollista qitando si tratta di prendere coscienza della necessità -di abbandonare la « contin.uità » della politica gollista. Non si riempie certo il vuoto ad ovest se la Francia con.tinua la polit~ca dell'asse ParigiBonn: perché di fronte al rafforzamento del ruolo tedesco i11Eitropa e di fronte ad una Ostpolitik che dovesse caratterizzarsi senipre più precisamente irz senso nazionale, la politica dell'asse Parigi-Bonn sarebbe una politica di rincorsa e nemmeno Ul'la politica di eqitilibrio tiel senso tradizionale. È vero che la Francia potrebbe essere i11dott.a ad l,tna intesa bilaterale con la Gra1i Bretagrza, come fondan,1et1tale mo1ne11to di u1ia politica di equilibrio n,el senso tradizionale. Ma anche un'intesa del ge11ere - per fare da co1itrappeso al d'i1ia1'nismo economico e politico della Germania - no11 co11sentirebbe di avviare a solitzione problenii che soltanto sul piano dell'unità europea possono essere affrontati: co-me in primo luogo, il proble111a dell'equilibrio eu_ropeo, cl1e non è problema di equilibrio tra Francia e Gran Bretagna, da un lato, e Germania federale, dall'altro, ma tra den1ocrazia dell'Europa Occidentale e blocco sovietico della « sovra11ità li111itata »; e come naturalmente il problema generale del ruolo internazion·ale dell'Europa, del declino interfzazionale dell' Europa cili non ci si pitò rassegnare. La Conferenza dell'Aja ha rappresentato il mo1nento della presa di coscie11za della necessità di riprendere il discorso sul viloto europeo e sitl 111ododi rie1npirlo, « approfondendo » e . « allarga11do ì> la Comu,nità. 1Ua il Trattato di Mosca dovrebbe rappresentare itna frustata per indurre la Frarzcia, la Gran Bretagna e naturalmente l'Italia a portare risolutame11te avanti quel discorso. 3) La Gran Bretag11a sembra disponibile e certame11te lo è a livello di classe politica più di quanto non lo sia a livello di opinione pubblica. Il contrario in Fra11cia: c'è n1olta più propensione per l'Europa a livello di pitbblica opinione di quanta n.on ve ne sia a livello di classe politica, perché, a parte i gollisti pitri e duri come Debré, la preoccupazione di rompere la continuità della politica di grandeur del generale, anche se tale politica è risultata alla prova dei fatti del tutto velleitaria, condiziona gli attegg-iamenti di Pompidou e neutralizza la potenziale buona disposizione di Schumann. Ci si può augurare, tuttavia, che la maggioranza di Palazzo Borbone prerzda coscienza del f.atto che pro- . prio la Francia, prima i11frangendo le speranze di ilitegrazione europea e poi abbandonando l' orga11izzazio11e militare della Nato, « ha in qualche modo spinto la Ger1nania a riprendere la sua autononiia »; e che l'opposiziorre democratica, specialmente se fossero coro11ati da successo gli sforzi di Servan Schreiber, diventi più consapevole di quanto non lo sia stata dell'opportunità di giocare u_nitariamente la carta ~uropea, contestando alla maggioranza le sue velleità nazionalistiche e le conseguenze 8 Bibiiotecaginobianco

.. Editoriale per l'Europa e per la Francia stessa cl1e ne sono derivate. I prosstmi mesi potrebbero essere decisivi ai fi11i dell'« approfondi,nento » e dell'« allargamento » della Co,nitnità e quindi [Jer col111are ad ovest quel vitato politico in conseguenza del qitale la Ostpolitik potrebbe degenerare in senso nazionalistico. Ma l'Italia? La continuità e la coeren_za della sua po~itica estera potranno essere salvaguardate, o la politica estera del 11ostro paese si ridurrà alle iniziative africane dell' EN I, ai viaggi di Moro sulla quarta sponda, alle mediazioni velleitarie nel Mediterarneo orientale? Fanfani che vola a Mosca, fino a che pin1to resta sensibile all'i1npeg110 che rappresenta l'insedian1ento di Malfatti a Bruxelles? Colombo riuscirà a conservare i suoi con,11otati eitropeistici che non so110 an1bigiti, sfumati, ma be11 definiti da i1npegni cui itn uomo politico no11 può venir meno senza sconfessare la propria biografia? Noi for,nitliamo questi interrogativi non solo interlocutoriamente, 111aanche provocatoriamente, preoccupati 11011ta11to della tendenza di l\1oro a narcotizzare pure la politica estera e non tanto dell'attivisn10 di Fanfani, che potrebbe risolversi in una Ostpolitik del tutto personale, 111apreoccz,tpati soprattittto dell'influenza che la Chiesa può esercitare sitgli orie11tamenti di politica estera della Den1ocrazia Cristiana. Perché a 11oise,nbra n1olto acuta l'analisi che degli interessi della Chiesa arriscl1ia Litciano Cavalli sitl « Mulino» (maggio-giugno 1970, pag. 369) e che si conclude con l'osservazione che la Chiesa ed i cattolici a lei itbbidienti tendono a « nezttralizzare » l'Italia: una prospettiva « gratissin1a » a .Mosca che ne sarebbe « la prima beneficiaria» (il seco1zdo beneficiario potrebbe essere Fanfani). In realtà Cavalli ha ragione qitando afferma che « per la Chiesa la nuova situazione internazionale degli anni '60 non è solo caratterizzata da tln minore pericolo di guerra, ma anche e soprattutto da un'assai minore coincidenza di interessi con il mondo occidentale ». La Chiesa guarda soprattutto al cosiddetto terzo n1ondo, alla site masse popolari, « arretrate e prolifiche, tra le quali spera di costituire la base più a,npia e solida della cattolicità »: cli qiti la tendenza della Chiesa a prendere le distanze dall'Occidente, « capitalistico » ed « imperialistico »: ,na anche, ci sia consentito di rilevarlo, democratico, liberale, laico. È appunto la j ~ politica estera il. banco di prova della laicità democristiana! 9 · Bibliotecaginobianco -

La "fortuna" o la "rovina"? di Francesco Compagna ,:. Nel discorso di presentazione alle Camere del suo governo, l'on. Colombo ha rib,adito• l'impe·gno dei go,verni pr1 ecedenti a sollecitar,e la localizzazione « nel Mezzogiorno e nelle altre zo•ne depresse del Paese » di nuovi impianti industriali; e più avanti, do1 po ·avere parlato della casa, dei trasporti, degli ospedali, ha affermato che « la po1itica per il Mezzo,giorno è centrale 11ella strategia dello s~viluppo nazionale »: perciò « il Governo proseguirà n•e'1l'azione diretta ad incrementare tangibilmente gli investimenti pubb1ici e privati, a fini produttivi, nel Mezzogiorno ». Contrattazione programmata, appo,rto delle aziende a partecipazione ·statale, nuova legg.e per l'intervento- straordinario•: questi i tre principali imp,egni, esplicitamente assunti dal n1..1ovogoverno; con la precisazio·ne, per quanto riguarda l'-interve11to straordinario, . che si « tenderà soprattutto a rico,ndurre l'azione della Cassa, per accordo con le Regioni, ai settori che possiamo defi11ire strategici del Mezzogiorno, lasciando all'amministrazione ordinaria ed alle R.egioni gli interventi negli altri settori », 110n strategici. Infi11e, 1'011. Colo,mbo ha preannunciato un prolungam·en~o nel tempo, di quella fiscalizzazione degli oneri iSociali che il « decretane » del 1968 aveva predisposto a favore di aziende operanti n-el Mezzogio-rno. Non si può negare che· i riferimenti alla ·p-olitica 1neridio·nalista sono stati espliciti e centrati nel disco,rso, del nuo-vo Presidente del Consiglio alle Cam.ere. E tuttavia, sono riferimenti che· avre·bbero dovuto ·essere collo-cati -e·che comunque è opportuno c·o,llocare nel quadro di un'affermazione generale che certamente il Presid.ente del Consiglio 1 aveva presente, ma che probabilmente ha ritenuto preferibile lasciare per ora .sottintesa: si è aperta una crisi molto• grave · nella politica meridionalista, co1me riflesso della più generale crisi .,.,Una prima versione di quest'articolo sarà pubblicata in un inserto dedicato al Mezzogiorno dalla rivista milanese « Il Capitale». Questa seconda versione, più ampia, più aggiornata e più approfondita è stata preparata per il numero doppio di « Nord e Sud», la cui prima parte è dedicata ai problemi della ripresa economica e del rilancio della politica meridionalista nel quadro dell'attuale situazione politica, economica e finanziaria. 10 Bibiiotecag inobianco

La « fortuna » o la « rovina »? cl1e ha investito la condizion·e economica e finanziaria del paese, in generale, e •CO·mediretta consegu 1 enza dell'autunno caldo, in particolare. Per quanto riguarda il nesso fra le lotte sindacali nel Nord e la crisi della politica m·eridionalista, già nel numero di luglio della rivista abbiamo scritto che quelle lotte si sono risolte in una importante redistribuzione di redditi, ma che da questa redistribuzione sono ri·maste escluse le categorie più deboli, i diso,ccupati ed i sottoccupati d·el M.ezzogiorno, per i quali non è questione di maggiore salario, ma soltanto di salario, di nuovi po1 sti di lavoro che devo·no essere ,creati e non possono essere creati se non ci sono adeguati investimenti produttivi delle imprese. Ora, n·el giro di un anno so1 no state bruciate le possibilità che sembravano rilevanti ·e consistenti nella primavera del 1969, quando si è svolto alla Camera dei D·eputati un impegnativo dibattito sui risultati e sulle prospettive della ·politica m·eridionalista: le possibilità, appunto, che una già intravi 1sta ripresa degli investimenti fosse tale da poter imprimere, se adeguatamente orientata in senso setto-riale ed in senso territoriale, una spinta decisiva all'industrializzazione del Mezzogiorno . .La verità è che la ripresa degli investimenti è stata soltanto intravista, nella primavera -del 1969, ed è rimasta p,oi strozzata nell'autunno, quando sono sopravvenute vicende politiche e sindacali che hanno aggravato - rispetto a quella ch·e era nella ,primavera - la condizione economica e finanziaria del paese, compro•mettendo anche e prima di tutto le speranze di un ,efficace rilancio della politica meridionalista. Sono così migliorate le condizioni di esistenza, il te11ore di vita, dei lavoratori già occupati, ma i disoccupati ·ed i sottoccupati del Mezzogiorno, •che stavano indietro, sono rimasti più indietro. L'obiettivo del pieno impiego si è allonta11ato ancl1e perché non sono state cercate, trovate, predisposte quelle che Saraceno chiama le « politicl1e necessarie » affinché, pur non potendo aumentare il reddito nazionale ·a un saggio superiore al 5%, « au1nentino, al più presto i posti di lavoro e nqn solo il tenore di vita delle regioni che non hanno né disoccupati, né sottoccup·ati, né alta natalità ». È mancata, cioè, da parte sindacale -e non soltanto sindacale, una riflessione sulla critica di tipo ·salveminiano che si poteva rivolgete, dal Mezzogiorno e per il Mezzogiorno, all'azione rivendicativa che i sindacati h·anno intrapreso, in,curanti dei co,ntraccolpi che tale azione poteva p·rovocare ed ha provocato ·p·er quanto rigua·rda l'impegno meridionalistico del paese, la concezione meridionalista dello . . 11 ibiiotecag inobianco -

Francesco Conipagna sviluppo italiano (e forse è si11tomatico che sia stato pubblicato proprio in questi mesi un libro nel quale ci si sforza di provare che Gaetano Sa.lvemini era un reazionario, sordo ç1gli appelli della coiScienza di classe). Ma intanto è risultato che i meridio,nalisti avevano ragione qL1ando, « tra la generale disattenzio,ne e qualche derisione », erano andati dicendo che « uno svilu·ppo industriale del Mezzogior110 più celere ·di quello del Nord era conveniente anche per il Nord e non solo per i,l Sud ». Si ricordi, infatti, che già nel dibattito parlamentare della primavera del 1969 ·era stato· n1esso in evidenza il problen1a della congestione nelle grandi metropoli padane: un problema che i n1eridionalisti avevano posto da tempo, co·n particolare riferim·ento al.la decisione della Fiat di costruire a pochissi1ni chilometri da Torino un suo· nuo·vo ·stabilimento. Del resto, fin dagli anni del « miracolo economico » i meridionalisti si erano fatti premura di additare i pericoli eh.e potevano derivare dalla tendenza a <( ripetere » le localizzazio·ni industriali nei tradizionali distretti dell'ind11strializzazione italiana, i11vece di orie11tare le 11t1ove localizzazion.i verso· le regioni affiitte dalla disoccupazione, dalla sottoccupazione, dall'alta natalità. Q11anti articoli e qu~nte note sono stati dedicati da « Nord e Sud» a questo argomento! E nel 1966, quando fu nota la decisio·ne della Fiat per lo stabilime11to di Rivalta T'ori11ese, noi prevedemmo - e lo andammo a dire anche a T'orino, al Seminario organizzato dalla « Fondazione Einaudi » per discutere del Nord e del St1d nell'economia e nella società italiana - che sarebbero saltati a Torino, e non soltanto a Torjno, gli equilibri fra insediamenti residenziali ed inse.diamenti industriali; che il nuo,vo stabilimento· di Rivalta T·orinese avrebbe provocato fatalmente un ulteriore ricorso a manodopera immigrata dal Sud e di conseguenza un aggravamento delle tensioni sul mercato dei fitti e dei generi di prima necessità, e soprattutto un aumento non solo dei costi sociali, ma anche dei co·sti aziendali; che si sarebbe finito col chiedere alla Fiat di contribuire all'alleggerimento d·ei primi e cl1e la Fiat, per co11tenere i secondi, avrebbe a sua volta finito con il ·chiedeTe allo Stato il dirottamento, verso Torino di risorse che avrebbero potuto essere destinate al Mezzogior110. Così, quando lo Stato fosse dovuto venire incontro a questa richiesta per salvaguardare la com·p•etitività della Fiat -sui mercati internazionali, predisponendo congrui interventi per far fronte alla domanda di case e di servizi determinata dall'immigrazione di nuove forze di lavoro, ne sarebbe derivata la constatazione di una paradossale incentivazione di fatto degli insediamenti 12 Bibliotec.aginobianco

La « fortuna » o la « rovina »? industriali nella saturata area metropolitana di Torino. Altro che « disincentivi », con1e a Londra e Parigi! Tutto questo, •che era stato previsto dalle Cassandre meridionaliste, si è puntualmente verificato: gli equilibri fra insediamenti residenziali ed insediamenti industriali ·sono effettivamente ·saltati; le rivendicazioni per la casa e per i servizi, per l'incidenza del costo i dell'una e degli altri sui salari, sono state nell'autt1nno caldo un ì motivo di fondo, e fra i più legittimi, delle agitazioni sindacali; \ gli immigrati meridionali, che una volta erano sempre disposti a fare i crumiri, risultano oggi corrivi a fare i cinesi: tanto è vero che 1~ aziende tendono ad escluderli, se giovani e senza figli, dalle nuove assunzioni, preferendo di gran lung·a assume·re uomini con più di trent'anni e con figli a carico, capovolgendo cioè i criteri finora seguiti, onde si cercava di non a·ssumere chi avesse più di: trent'anni. No11 solo: si è v-erificato pure che la Fiat è stata chia- ·. mata in causa pe·r contribuire all'impostazione di nuovi programmi · di edilizia popolare e che, per contenere entro limiti apprezzabili : la sua partecipazione al finanziamento di questi programmi, la stessa ; Fiat ha do·vuto chiedere allo Stato di accollarsene una parte ben · più rilevante, senza che nessuno, fra gli amministratori· dell'area metrop-olitana di T'orino e fra i sindacalisti, pensasse di doversi dissociare da questa richiesta che, allo stato dei fatti, r1ella misura in cui è stata accolta e nella misura in cui no·n poteva non essere accolta, istituisce un premio a fav·o·re di episodi del genere di quello, assai emblematico, oltre che assai consistente, di Rivalta \ i Torinese. D'altra parte, la congestione dell'area metropolitana di Torino, e naturalmente dell'area metropolitana di Milano, è risultata, nel corso degli anni della programmazione, molto aggravata e tale da rendere visibile a tutti, e in tutta la sua drammaticità, l'importazione della questione meridionale nel triangolo industriale del Nord: segno, questo, cl1e la programmazione è vent1ta meno rispetto ai propositi tante volte enunciati dai programm·atori, di voler correggere gli squilibri non solo settoriali, ma anche territoriali, con particolare riguardo a qu•ello fra· Nord e Sud; ma segno anche, 1nolto eloquente, che questi propositi dei programmato•ri erano viziati proprio· dall'appiattimento della questione meridionale fra le questioni relative agli squilibri territoria 1 li. Quante volte su questa rivista, negli anni trascorsi, abbiamo denunciato la tendenza dei programmatori a -considerare la questione meridionale co,me una questione ·di squilibrio territoriale, sia pure deg11a di « particolare 13 · Bibliotecaginobianco -

· Francesco Con1pagna riguardo », e non co-me la questione del « dualismo» dell'econo·mia e della so1cietà italiana! Q·u·ante volte abbiamo. sollecitato- i ·program~ mato·ri a no·n mettere sullo, stesso· piano· il Mezzo·giorno e la provincia di Cuneo! Q·uante volte, n·egli ultimi tempi, abbiamo detto· che la programmazione dev'essere non solo ,garantita a n1onte da una efficace politica dei redditi, non solo organizzata a valle per il coordinamento dei tempi e dei modi delle riforme, ·ma anche e soprattutto ispirata da una rigorosa concezio,ne meridionalista dello sviluppo italiano! E questo ·abbiamo rip•etuto· o·ra nel dibattito alla Camera per la fidu•cia al governo, presieduto dall'o11. Colomb-o. Ma aui ci interessa ricordare un altro dibattito alla Camera, al .L quale abbiamo già accennato: quello sul rilancio della politica meridio·nalista, nella primavera del 1969. Allora ci si p•oteva infatti augurare ch,e la presa di coscienza delle gravi conseguenze derivanti dall'importazione nel Nord della questione meridionale potesse indurre a canalizzare verso il Sud i nuovi investimenti industriali anche chi, ,co·me la Fiat, aveva commes.so ,e•rroTi mado·rnali di decisio,ne aziendale quando aveva « rip·etuto » le· tradizionali localizzazioni per la creazione di nuovi impianti (e· non a caso, in quel dib·attito della primavera ,del 1969, ·si p·arlò molto· degli investimenti nel Mezzo-gio.rno. p•reannunciati dalla stessa Fiat e ci si do·mandò se il preannuncio• di tali investimenti testimoniasse di un n1utamento di indirizzo, o fosse soltanto un espediente per alleggerire la pressione polemica che nei confronti della Fiat era derivata dalla notizia che per coprire i posti di lavoro creati a Rivalta T'o·rinese si doveva ricorrere all'immigrazione di ma11odopera dal M.ezzogiorno ). Si poteva comunque registrare allora una fiduciosa attesa degli sviluppi meridio,nalistici di una nuova politica degli investin1enti pubblici e p·rivati, conforme alle esigenze fatte valere dall'ordine del giorno la cui approvazione concluse quel dibattito. Sennoncl1é, do·po l'autunno caldo, alla fidu,ciosa attesa si è so,vrapposta una densa nube di preoccupazio·ni circa i contracco 1 lpi antimeridionalisti della so·pravvenuta crisi n,ell'avviata rip·resa degli investimenti pubblici e privati. E certo non -ci si -può più nascondere .oggi - malgrado i bollettini del CIPE che annunciano nuo·vi investimenti della Pirelli e della SIR, nella Valle del Basento, ,e·d a Battipaglia, a c·hietiscalo o· altrove - la gravità della •crisi onde la ,politica meridiona-- lista, .a11che quando sembra muoversi sulla carta, re·sta ferma sul terreno·: nei fatti che si iscrivon.o sul terreno. No•n ci si può nascondere oggi la ·gravità di que.sta ,crisi, ma neanche la gravità del fatto, che •c'è chi se la nasconde, ,o, quanto 14 Bibiiotecaginobiahco

.. La « fortuna » o la « rovina »? meno tende a sottovalutarla. Non sembra, infatti, che le preoccupazioni meridionalistiche, destate dalle sempre più eloquenti e sempre più vistose conseguenze di una -crisi economica e finanziaria che non accenna an,cora a regredire, siano in primo piano fra le altre che incalzano gli ambienti politici, sindacali, imprenditoriali. Maiora premunt? · Pro,babilmente, ,plausibilmente, i pro,blemi settoriali che sono all'origine della domanda di riforme - casa, trasporti, sanità, scuole - si so·no tanto aggravati, specialmente nel Nord, che si tende a dimenticare la causa prin,cipale di questo aggravamento ed a sotto,valutare la necessità di intervenire soprattutto· « a monte », come o-ggi suol dirsi, di questi problemi: per elim_inare o quanto meno per svelenire quella causa dell'aggravamento dei loro termi11i che potrebbe rimanere operante, ad onta delle stesse riforme, ove dovesse mancare l'adeguato intervento « a monte », che è quanto dire l'adeguato· intervento nel Mezzogio1rno (più che per il Mezzogiorno). Se, infatti, le riforme per la casa e per i trasporti, per la sanità f e per la scuola, dovessero curare gli effetti e non sradicare la causa I dell'urbanesimo patologico che va diffondendosi nel Nord, ci ritro- I veremmo prima O· poi, e m-agari più prima che poi, al punto di partenza: co-n i problemi di congestione aggravati nel Nord e quelli di depressione aggravati nel Sud; con la n·ecessità di intervenire nuovamente e sempre più intensamente nelle aree metro,politane .. li del Nord p•er curare una patologia dell'urbanesimo le cui manifesta- 'i zioni tendono· a riprodursi se ci si limita a curarle, dopo ,che si sono i aggra,vate, e non ci si risolve a prevenirle, prima che diventino gravi. Se, cioè, i problemi della casa e dei trasp,orti, delle scuole e degli ospedali, sono oggi diventati tanto• gravi a T1orino ed a lv1ilano, e risulta quindi urgente costruire nuove case e nuove scuole, nuovi ospedali ,e nuove strade (onde la necessità di reperire suoli a costi crescenti là dov-e lo spazio comin·cia ad essere una risorsa scarsa, come del resto l'acqua e perfino l'aria), è doveroso domandarsi che uso e ·che abuso si è fatto degli spazi liberi, dell'acqua, dell'a·ria. E guai allora se si sottovalutassero i contraccolpi torinesi e milanesi delle tante occasioni sciupate di creare nel Mezzogiorno•, a Battip-a.glia, ad Andria, a Caserta, a Pescara, a Reggio, Calabria, ecc., i nu1o·vi posti di lavo1 ro che ci si è ostinati a creare in zo11e di più o meno co·nsolidata piena occupazione, di più o meno intensa industrializzazione, di più o 1neno· saturata dotazione infrastrutturale·, di più o, meno, p·ato1ogica urbanizzazione. 15 iblioteca-ginobianco -

... l 1,rancesco Co1npagna Quando si co.nsiderano pertanto - le questioni che richiedono runa risoluta ed impegnativa messa a punto di politiche settoriali, 1 no·n si può non rilevare che son-o già venuti a sommarsi, per le case I J e per i trasporti, per gli ospedali e per le scuole, problemi di adegua~ mento, alle co,ndizioni di congestio·ne del N,ord - dove le case, i trasporti, le scuo1e, gli ospedali non sono più sufficienti - e problemi di sup-eramento· delle condizioni di dep·ressione del Sud - dove le case, i trasporti, le scuole e gli ospedali so·no sempre stati insufficienti - onde le politiche settoriali che si devo·no im.postare rischiano di essere ancora una volta sbilanciate a danno del Sud e perciò politiche di soccorso, anziché di correzione, per quanto rigt1arda il dualismo· dell'economia e della società italiana. Infatti, per una logica intuibile, i p·rimi, i problemi di adeguamento alle . co,ndizioni di congestione del Nord, tendono a prevalere sui se•condi, \ sui problemi di su·peramento delle condizioni di depressio-ne del l Sud; e l'urgenza di trovare soluzioni ai primi comp,orta il rinvio ~ \ delle soluzioni che pur si vorrebbero trovare per i secondi. Tanto 11 più che, acl influenzare la formulazione delle politiche settoriali, ci ) \t sono sindacati che hanno nel Nord le radici della loro forza orgaJ nizzativa e nel Sud propaggini necessariamente subalterne. Ma non è soltanto su qt1esto piano che le politiche settoriali. comportano, in questa congiuntura, il rischio di t1n rinvio, di una subordinazione, di un accantonamento o quanto meno di un'attenuazione di quegli impegni meridionalistici che avrebbero dovuto rap-presentare i principali poli di orientamento della programmazione e che, se ancora disattesi, o sem,plicemente rinviati, non potrebbero forse più consentire di -correggere le situazioni che si vorrebbero correggere, né di prevenire i mali del dualismo che si vorrebbero prevenire, o quanto meno non lasciar aggravare. La mac·china del credito agevolato si è fermata: sia che si tratti della già fiorente piccola e media industria del Nord, che grazie al credito agevolato pµò superare le sue attuali e non lievi difficoltà di sopravvivenza, sia che si tratti delle iniziative che, sempre grazie al credito agevolato, si spera di poter chiamare in vita nel Sud o-nde contribuiscano a formare il cosiddetto « tessuto •c.onnettivo dell'industrializzazione ». Di qui, per la stessa lo,gica ct1i accennavarr10 prima, la maggiore urgenza di risolvere i ,problemi di so,pravvivenza della già fiore·nte, già •co,nsistente, già diffusa piccola e media industria setténtrionale risp-etto alla pur urgente necessità di risolvere i problemi di una piccola e media industria meridionale che deve ancora nascere, o· quanto meno deve ancora crescereo Di qui, insomma, la 16 Bibiiotecag i nobia·nco

La « fortuna » o la « rovina »? possibilità che i mezzi reperibili al fine di rimettere te1mpestivamente in moto l,a macchina del •credito agevolato siano asso·rbiti tutti, o quasi tutti, dai progetti di ammodernamento e potenziamento della piccola e media industria settentrionale e che debba passare ancora del tempo prima che le domande di finanziamento •per nuo,ve iniziative nel Mezzogiorno - le domande che si sono accumulate e che potrebbero continuare ad acc11mularsi negli uffici comp·etenti dell'ISVEIMER, dell'IRFIS, ·del CIS - possano, essere prese in considerazione (si veda in proposito l'articolo di Enzo Vellecco· che pubblichiamo in questo stesso numero di « No,rd e Sud » ) .. E tutto, q11esto quando l'importanza di una spinta alla moltiplicazione delle piccole e soprattutto delle· medie industrie risulta sempre più rilevante ai fini ·di una effettiva ramificazione differenziata dell'industrializzazione meridionale, dopo che nel Mezzogiorno sono .state realizzate alcune grandi iniziative n•ell'ambito dell'industrializzazio·ne di base (sideru·rgia e petrolchimica). Ma tale spinta no1 n può venire che da una serie ,di decisioni coordinate che consentano anzitutto di rendere più efficaci di quanto finora non lo, siano· stati, gli strumenti predisp,osti per intensificare ed estendere l'industrializzazione: si tratta di sma11tellare bardature burocratiche e di snellire i tempi di decisione, troppo pesanti quelle e troppo lunghi questi, onde a risentirne non è tanto la grande impresa che opera con tutta la sua efficienza anche nel senso di aggirare ostacoli bu·r.o-cratici e di saltare te·mpi di attesa, ma proprio la -piccola e media impresa, che, quando urta contro• quegli ostacoli e subisce questi tempi di attesa delle decisioni che ha sollecitate, si scoraggia e rinuncia; specialmente se si tratta, con1e nella gran parte dei casi più interessanti, di una media impresa che « s.cende » dal Nord. Il prioblema •dello sn-ellimento delle pro,cedure era stato avvertito negli ambienti respo·nsabili ·dell'elaborazio:ne e dell'attuazione della politica meridionalista e della politica di piano: tanto è vero che ci si p·roponeva già .di affrontarlo e di risolverlo, in sede di leggedelega sulle modifiche ed integrazioni da ap·portare al testo• unico per gli interventi straordinari· nel M.ezzogiorno. È lecito, quindi, augurarsi che, formatosi il nuovo governo e avviato sul piano delle decisioni il discorso sulle misure anticongiunturali, questa le·gge-delega po•ssa trovare la sua definitiva configurazione in Consiglio dei Ministri ed essere speditame:nte in.oltrata lungo il suo iter p·arlamentare, contestua~mente e non subordinatame-nte ai provvedimenti relativi alle pro,messe riforme. 17 , i& i·bliotecaginobianco -

Francesco Compagna Ma si è detto pure che la legge-delega avrebbe dovuto prevedere « di concentrare esclusivamente nel Mezzogiorno tutti gli incentivi finora accorda ti alle piccole e m,edie azien·de in Italia » ( so·no, parole che si so-no lette in una nota di « 24 o,re >>, dedicata ap·punto alla legge-deleg,a in gestazione). Ci si riferisce evidentemente al rifinanziamento della legge n. 623 per agevolazio·ni creditizie alla piccola e media industria, una legge che prevede tassi di favore più incidenti (3%) nel Sud che nel Nord (5%) e della quale si è però avvantaggiata più la piccola e media industria fio,rente nel Nord che non quella che si vorrebbe veder fio,rire nel Sud (secondo una nota pubblicata sul « Giorno » del 21 agosto, nello scorso esercizio, per esempio, delle domande ,di credito agevolato a favore di piccole e medie industrie ne sono state accolte· 1781, per un im:porto di circa 60 miliardi; ma tali domande hanno interessato- l'Italia settentrionale per 1'82,7%, l'Italia centrale per il 15,6%, l'Italia meridionale appena per 1'1,7% ). Da un punto di vista strettamente meridionalistico, sarebbe, quindi, una decisione quanto mai efficace quella di riservare i tassi di favore soltanto alle iniziative localizzate nel Sud. Ma già il documento sottop,o•sto dall'on. Andreotti agli altri partiti del centro-sinistra acc,ennava alla necessità di rifinanziare la legge n. 6,23 per dare nuovo respiro alla piccola e media industria, che effettivamente si trova oggi in difficoltà per gli aumentati costi del lavoro e per l'aumentato costo· del danaro e cl1e dev'essere tempestivamente aiutata ad assorbire i maggio,ri co•sti con aumenti di produttività ottenibili mediante congrui investimenti tecnologici. E naturalmente, fra i provvedimenti a11ti-congiunturali che il governo presieduto dall'on. Colombo va ora predisponendo, c'è il rifinanziamento della legge n. 623; ma è presumibile che, per necessità di cose, sia dovuto rientrare ogni proposito « di concentrare esclusivamente nel Mezzogiorno gli incentivi finora accordati alle piccole e medie aziende in Italia ». I tempi non sono maturi per una de,cisione· .che. tanto efficacemente potrebbe operare a favore dell'industrializzazio·ne del Mezzogiorno?! E allo·ra eccoci nuovamente alla subordinazione della ·politica meridionalista rispetto a· più urgenti esigenze di rianimazione settoriale, per così dire, onde quelle incentivazioni che dovrebbero· essere riservate al Mezzogiorno·, e soltanto al Mezzogiorno, devono· essere est~se a tutto· un setto·re· di attività, perché, più che di chiamare in vita nuo,ve imprese nel Sud, si tratta di curare quelle che già vivono, ma si sono ammalate o rischiano di ammalarsi. Lo stesso ragio•name·nto, del resto, si può richiamare per quanto 18 Bibliotecaginobianco

La « fortuna » o la « rovina »? riguarda la fiscalizzazio,ne degli oneri so·ciali, giudicata dagli industriali la più efficace delle incentivazioni finora sperimentate: essa dovrebbe essere riservata al Mezzogio,rno .soltanto, e d-ovrebbe essere rafforzata per il Mezzogiorno soltanto; ma ogni mo,mento salta fuori qualcuno che c.hiede il ricorso alla fiscalizzazione •degli on.eri so·ciali per questo o quel setto,re di attività che dev'•essere e vuole essere rianimato· o risanato. Agli inizi di quest'anno, lo stesso Comitato tecnico-scientifico della programmazione, per contenere l'impatto dei nuovi co·ntratti sul ·costo del lavo·ro, aveva proposto di ricorrere ad una fiscalizzazione degli oneri sociali non generalizzata dal punto di ,,ista settoriale (e-on esclusione, cioè, dei settori non inte,ressati da nuovi contratti), ma generalizzata -dal punto di vista territoriale (senza, cioè, tener presente che l'arma della fiscalizzazio11e deve essere usata soltanto per il Mezzogiorno se si vuole industrializzare il ~ezzogiorno più rapidamente e più efficacemente di quanto finora non sia stato possibile). Ed è significativo che «24 ore» abbia recentemente ( 19 agosto) ripreso la proposta a suo tempo formulata dai « saggi » del Comitato tecnico-scientifico della pro·grammazione: per proporre a sua volta un « tipo di fiscalizzazione pro,porzio,nale agli aumenti salariali subiti », finalizzata al contenimento del costo del lavoro e non più all'industrializzazione del M.ezzo,giorno. o,a parte del governo, tuttavia, sembra che l'ar,ma della fiscalizzazione degli oneri sociali si voglia adoperarla ancora e soltanto ai fini dell'industrializzazione ·del Mezzogiorno: non ci resta, quindi, che prendere atto delle pressioni in senso contra,rio ed augurarci che i buoni propositi del governo possano essere mantenuti, malgrado la vivacità di quelle pressioni. Va riconosciuto, comunque che l'aumento del costo, del lavoro e l'esigenza di •Contenerlo entro limiti oltre i quali si può rischiare la catastrofe della piccola e media industria, hanno dato un fo11damento ed una legittimità a richieste e pressioni che tendo,no a subordinare le prio,rità meridionaliste di lungo periodo a priorità, per così dire, di emergenza. D'altra parte, risulta ·con maggiore evidenza da questa situazione la rilevanza politica della questione· di coordinamento che nel quadro· della programmazio,ne si è posta da tempo e da altrettanto tempo è stata elusa: la qu·estione del coo,rdiname·nto• fra le varie politiche settoriali e la politica meridionalista. Perché questo coordinamento dovrebbe essere tale da garantire, se non fin da oggi la subordinazione di quelle a questa, almeno la non subordinazione di que~ta a quelle:· pericolo che, nella difficile co11giuntura che stiamo attraversando, è in atto, e minaccioso·, come 19 · Bibliotecaginobi~nco -

Francesco Compagna abbiamo visto parlando della piccola e media industria e come pos- .siamo c-onstatare, altresì, parlando di industrie « motrici ». Infatti, non si può 110n constatare che son~ trasco-rsi tempi lunghi fra il preannuncio di certi investimenti programmati da grandi imprese ed il momento, in gran parte dei casi non ancora sopravvenuto·, della effettiva realizzazione di tali investimenti. Si pensi agli investimenti della Fiat e della Pirelli ed al pericolo che gli impegni per queste importanti iniziative, più o meno « motrici », p·ossano restare platonici, no-n tradursi sul terreno entro una ragionevole scadenza, essere ridimensionati, non essere mantenuti sia pure solo in p·arte e per causa di forza maggiore. E che dire della sbandierata iniziativa aeronautica di cui si parla da qualche anno e che è stata p11re consacrata nell'autunno scorso con la costituzione di una società tra Fiat e Fin1neccanica? Si era anche aperta, a proposito della lo·calizzazione di questa iniziativa, una rissosa controversia fra campani e pugliesi (e fra napoletani e salernitani); ma da qualche mese, dell'industria aeronautica nel Mezzogiorno, si parla meno di quanto non se ne parlasse prima dell'autunno caldo; e q11ando se ne parla, si coniuga ancora il tempo futuro. N-01 n si vuo1e dubitare delle buone intenzioni della Fiat e della Pirelli, una volta che. hanno· appreso, per esperienza diretta (la· prima) o indiretta (la seconda), la lezione di Rivalta; · e meno che mai si vuole· dubitare dell'impegno che l'IRI sente di dover profondere sia nel settore aerospaziale, sia in altri settori fondamen.tali ai fini dell'industrializzazione d_el Mezzo1 giorno: tanto· più che nel mese di luglio, in occasione della sua annuale conferenza-stampa, il Presidente dell'IRI ha ribadito questo impegno quando ha affermato che « il Sud sarà il destinatario 11el corso degli anni '70 di tutti i più rilevanti sviluppi previsti nei settori manifatturieri: dall'espansione accelerata dell'industria elettronica, all'avvio su nu•orve basi dell'attività ae·ronautica, alla creazione di nuove ca,pacità p-rodt1ttive per o1tre die•ci milioni di tonnellate nella siderurgia, alla pro.mozione di una serie di iniziative indotte nel settore automotoristico che, i11 connessione -con l'Alfa-Sud e con le successive localizzazioni decise dalla Fiat, contribuirann-o a spo·stare verso il Mezzogiorno un settore trainante dello· sviluppo industriale moderno ». Ma ci si deve pur domandare co·n realismo - come noi ce lo s~·amo do-m·a-ndati nel numero soo·rso della rivista, senza timo,re di essere tacciati di scarsa sensibilità classista (e difatti no•n siamo classisti, anche se non accettiamo lezioni di sensibilità •per le condizio-ni delle cla.ssi lavoratrici, noi che conosciamo· davvero le condi20 Bibiiotecag inobia·nco

La «fortuna» o la « rovi11a »? zioni dei diso·ccupati e dei sottoccupati fra i quali viviamo nella nostra città e nella nostra regione) - se e fino a che punto la Fiat, per esempio, possa far fronte ai suoi impegni per il programma di nuovi investimenti nel Mezzogiorno e per iniziative in settori di avanzata tecnologia come quella c-oncordata con la Finmeccanica, qualora do1 vesse trovarsi ancora alle prese con le stesse difficoltà cui ha dovuto far fronte, negli scioperi aziendali e sui mercati internazionali, durante gli ultimi mesi; e se non si debba severamente condannare come obiettivamente antimeridionalistica quell'attività anticapitalistica dei « mo·vimenti sp-ontanei » della Pirelli cui altri, praticando un sinistrismo di maniera che è l'antitesi della politica di sinistra democratica, guardano con simpatia, magari riuscendo così a sfogare i propri complessi di frustrazio11e. Ecco: qt1ando ci si pongono doma11de come queste, il clisco,rso investe le conseguenze dell'agitata situazione sindacale cl1e abbiamo attraversato e che per certi aspetti ancora si prolunga, o potrebbe prolungarsi. I meridionalisti, che hanno severamente denunciato coloro che hanno commesso gli errori del genere di quello di Rivalta Torinese, non possono non mettere ora in guardia i sindacalisti ed ammonirli sul pericolo di t1n'ulteriore degenerazione in se11so obiettivamente antimeridionalistico delle loro azioni. Questo va detto, aggiungendo subito che si devono cercare, se possibile in accordo con i sindacalisti, le « politiche necessarie » per evitare che sia il Mezzogiorno a pagare le conseguenze dell'autunno caldo, e dei suoi prolu11gamenti: a pagarli sia pure solta11to in termini di sospensi,,a su-gli impegni meridionalistici che erano stati assunti o che si volevano assumere. La verità è -che queste considerazioni ,,anno tenute presenti più di quanto non lo siano state nei dibattiti di questi mesi e di questi gior11i; che ci si può rallegrare percl1é c'è stata una redistribuzione di redditi a favo·re delle classi lavoratrici, e quindi un aumento de] te11ore di vita della classe operaia nelle regioni del paese che non hanno né diso-ccupati, né sottoccupati, né alta natalità, n1a ci si deve anche e soprattutto preoccupare perché non c'è stato un co·ngruo aumento dei posti di lavoro in regioni come quelle del Mezzogiorno• dove i disoccup·ati sono molti, i sottoccupati sono ancora di più e la natalità, pur calante, è ancora alta; che si devo110 perciò creare le condizioni di una ripresa vigorosa della p1 olitica meridionalista c-ontestualmente alle coridizio,ni di una riabilitazione della politica di ,piano, ·che nQ•npotrà esse·re una buo,na politica se 21 ib~·oecaginobianco -

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