Editoriale « Un'immensa riforma di stritttura, come le regioni, dovrebbe essere messa in atto, co11 itn esecutivo che è praticamente paralizzato da due anni, con un parlamento che legifera sulle questioni secondarie e non può affrontare qitelle essenziali, con un complesso di partiti dilacerati al loro interno da lotte personali e da contrapposizioni di clans più potenti di tutti i richiar,,zi ideologici e di tilt te le fedeltà di bandiere »: questo quadro, che è stato schizzato da un editoriale del « Corriere della Sera », il 18 luglio, indiLce chi lo guarda ad affermare che le Regioni non potevano partire peggio. Ed altre pennellate si possono aggiungere, ad infittire le già fitte ombre del quadro: i fatti di Pescara e quelli di Reggio Calabria, che ci angosciano nel momento in cui scriviamo e che, come quelli di Pescara, testùnoniano dell'alto senso di irresponsabilità degli uomini cui nel Mezzogiorno è affidato il compito di far vivere e fiLnzionare quelle Regioni che, se anche non possono essere, come taluni con leggerezza affermano, itna ricetta per la questione meridionale, potrebbero essere forse, se partissero bene, un istituto utile per suscitare nuove energie e per definire la giusta articolazione territoriale della politica di piano e della politica meridionalista; i 16 assessori che si è data la Regione pie111ontese, l'iLnica che abbia finora for1nato la giunta e dalla quale ci si poteva attendere itna parsimonia degna della tradizione di Quintino Sella nella ripartizione degli assessorati; e soprattutto la considerazione che, Piemonte a parte, non si fanno le giunte che pur si dice di voler fare prima dello Statuto, ma non si fanno nemmeno gli Statuti e in molte Regioni non si trova nemmeno l'accordo per eleggere le cariche assembleari. Fino a che punto ci si può stupire o indignare per tutto questo? La verità è che tutto questo era prevedibile perché si è voluto dare corso alla rif orrna region.ale in un n1omento nel quale tende ad aggravarsi l'instabilità politica, nella 1nisura in_ cui perdura la crisi interna della DC e non si riesce a superare la logica della scissione nei comportamenti dei due partiti socialisti. Un'altra prova, dunque, dell'avventato modo con il quale la sinistra italia11a concepisce la politica delle riforme. E comuriqite, se le Regioni sono partite male e se non ci si può stupire che siano partite male, la crisi del governo si va configurando come una crisi che comporta addirittura l'inzpossibilità di correggere la cattiva partenza delle Regioni e che può con1promettere assai più della stessa già in 3 Bibliotecaginobianco
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