Giornale a più voci presenti in Parlamento - mira infatti ad affrancare i giudici dai condizionamenti della loro «carriera» (che è stata sempre causa di disfunzione e di deviazione della giustizia, costringendo i giudici a strumentalizzare la loro attività in funzione delle prove alle quali dovevano sottoporsi per guadagnarsi una « promozione»); mira ad abolire gradi e galloni, a rendere tutti i giudici eguali tra di loro e liberi da ogni altro superiore che non 51ia la legge. E qui si innesta il discorso sul secondo punto, quello della responsabilità dei ~udici. Una volta assicurata l'ind~pendenza dei giudici - prima condizione, ripetiamo, della libertà della giustizia - occorre assicurare anche la seconda condizione. Occorre cioè provvedere affinché l'indipendenza dei giudici non faccia di essi dei « bramini », non faccia del corpo giudiziario una « casta», uno Stato nello Stato. Per chi ha a cuore la libertà della giustizia, quale condizione essenziale di democrazia, e per quella libertà si è battuto o si batte, una dittatura di giudici non può apparire preferibile ad una dittatura di colonnelli. Occorre perciò assicurare - approntando i necessari strumenti - quella obbedienza dei giudici alla legge che impedisca loro di abusare del loro potere, di fame cattivo uso. La responsabilità dei giudici trova certamente uno dei suoi più efficaci strumenti nella critica, espressa daHa pubblica opinione, soprattutto a mezzo della stampa. La legittimità e, direi, la necessità di tma critica libera a tutti, intorno all'operato dei giudici, è stata particolarmente puntualizzata nel recente convegno di Napoli, sopra ricordato. È la critica cui, in regime democratico, non può e non deve sottrarsi nessun organo dello Stato, per quanto alto ed importante esso sia, poiché nella libertà della critica risiede fu.or d'ogni dubbio uno degli attributi essenziali della democrazia stessa. È una critica che si aggiunge a quella che già è data dalla esistenza dei vari gradi di giurisdizione previsti dal nostro sistema processuale. L'una e l'altra forma di critica - quella politica e quella tecnica - costringono il giudice ad un più acuto e meditato senso di responsabilità nell'atto in cui emette i suoi provvedimenti. Ma mentre la seconda __. e non tanto per il fatto che il secondo giudice sia « migliore » del primo, o il terzo « m~gliore » del secondo (il che può essere e può non essere), ma per il fatto stesso che un medesimo processo viene sottoposto a successivi esami - mentre la seconda, dicevamo, mira se non ad eliminare, quanto meno a render più difficili gli errori tecnici del giudice, sia in ordine alla valutazione dei fatti, sia in ordine all'applicazione delle norme dettate dalla legge; mira cioè ad assicurare l'obbe~ dienza, più particolairmente formale, del giudice alla legge, quale essa è, quale cioè il legislatore l'ha formulata; la critica politica, quasi a correggere quella teonica, assioura una obbedienza alla legge più sostanziale e meno formale, inducendo il giudice a scegliere tra le varie interpretazioni che di solito ogni norma offre, quella più vicina e ,più rispondente allo spirito 45 Bibli.otecaGino Bianco
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