Ugo Leone Ma andiamo con ordine. L'uccellagione è un'attività legata innanzitutto al rilevante interesse dei cacciatori « al capanno »: questi, infatti, non riescono più a trovare facil1nente quegli uccellini vivi che si chiamano zimbelli. e hanno la funzione di richiamare sul posto altri uccellini da far fuori: più o meno « i fratelli contro i fratelli». A questa mancanza si può ovviare molto semplicemente appunto con il sistema dell'ucoellagione: nel periodo delle migrazioni, si alzano delle reti (è la maggioranza dei casi) e gli uccelli che stanchi per il lungo viaggio volessero far tappa in Italia prima di atterrare in Africa, vi trovano, appunto, il « riposo eterno » finendo a centinaia nelle trappole preparate. Sembra un atto di barbarie, ma, invece, poche cose sarebbero soffuse di poesia come l'uccellagione. Ce lo dice con accenti !iriti toccanti, Antonello Bana, presidente dell'Associazione Nazionale Uccellatori e Uccellinai, nel suo Libro dell'uccellatore. L'uccellatore agisce all'alba, nelle rugiadose albe autunnali, si acquatta e aspetta silenzioso do,po aver sistemato le gabbiette con i richiami: « ed ecco la sinfonia incomincia... tic tic tiri tic fa il più mattiniero degli uccelli, il pettirosso, harrrrerati cratierati pigue ptgue tace-tace attacca il merlo,, frèderi frèderi pipperere pipperere risponde il tordo... e la voce tenorile del fringuello ... cis cis ciò ciò cicibìo ... e lo scricciolo co,mmenta: cerr, cerr ». Po1 i questo sottofondo da sesta di Beethoven (la pasto,rale) si trasforma, al momento della cattura, in 1m crescendo rossiniano: « suono delle campanelle dello spauracchio, urla degli uccellatori, calpestìo furioso, frullar d'ali... stridii lunghi, dolorosi, lac~ranti dei prigi0 nieri ». Poesia? Sadismo allo stato puro. Un'altra « op,era », il Libro dell'uccellinaio di Riccardo 'fo,rnabuoni ci chiarisce molto bene che cosa succede agli uccellini destinati a diventare « zimbelli»: « per provocare la muta è sufficiente togliere agli uccelli tutte le penne della coda, tre o quattro remiganti da ogni ala, un piccolo ciuffetto delle piume del dorso (vicino ail,a coda) e di quelle sotto le ali. Le penne vanno tolte una a una con molto riguardo (sic!)». Poi un avvertimento: « L'uccello così trattato e rimesso nella gabbia non sempre dà segni di sofferenza, ma in realtà soffre veramente e per qualche gio•rno deve superare una crisi che qualcl1e volta non riesce a superare. Non è cosa insolita che l'uccello così depennato muoia dopo qualche gio,mo senza apparente ragione. Qualche volta (sia pure raramente) muore subito dopo il depennamento». È inutile spendere p,arole di commento se non per sottolineare, come avevamo già accennato, che, per l'uccellino «uccellato» è meglio morire che essere spennato vivo. Già, perché se supera anche questa prova, l'odissea continua: dapprima finisce per un certo tempo al buio; quindi viene portato all'improvviso alla luce -del sole ( è quello che si può definire un riguardoso accecamento); quindi, ancora, incatenato per una zampetta, servirà da richiamo per « tradire», suo malgrado, i propri simili. Ma: « gli uccellini potranno essere catturati solo a scopi scientifici o per essere messi in commercio come esemplari da gabbia o da voliera»; e non 62 BibliotecaGino Bianco
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