Nord e Sud - anno XVI - n. 119 - novembre 1969

Antonino Répaci non ci sarebbe stato né il dubbio né il problema. Ma per quello che gli Italiani avevano dato all'Europa e alla vittoria degli alleàti, per le speranze che erano sorte da tanta vittoria, i primi risultati della Conferenza di Parigi portarono con sé il senso della sconfitta, che più appariva iniqua e inaspettata, quanto più grande e decisiva era stata la battaglia di Vittorio Veneto p.er tutti i popoli dell'Intesa, quanto più ipocrita e violenta appariva la pace che stava per essere imposta dai potenti. Se non abbiamo misurato il sangue, perché ci misurano i diritti della vittoria, la sicurezza delle nostre frontiere, una maggiore dignità di vita internazionale? 4 È tutta roba che oggi farebbe ino1rridire uno studente di ginnasio; tuttavia l'indagine sto,rio•grafica non la può né ignorare né sottovalutare, giacché essa esprime una non trascurabile componente di quella crisi politica fra le dt1e guerre, che condusse il mondo alla sua seconda conflagrazione. 2. Si è detto poco· fa che quello della « vittoria mutilata » è un mito. Sarà bene precisare in qt1al senso· si intenda questo concetto•. Mito, nel linguaggio po'1itico-sociolo·gico ha infatti assunto signaJìcati alquanto diversi fra loro·. Si suol denominare mito ogni idea-forza che stia alla base di un movimento rivoluzionario o comunque rinnovatore, e che può consistere in una dottrina sociale o econo,mica o politica, come in una utopia. In tal senso si può affermare che i miti sono i grandi motori_ della sto,ria. Ma mito viene pure inteso in un senso de~eriore, quale contraffazio,ne o alterazione dei termini reali di una situazione per svalutare e contestare la realtà della sit11azione stessa: così si è creato, il mito della « marcia su Roma » per tentare di legittimare storicamente la dittatura fascista, mentre di marce su Rom~, come è ormai pacificamente accertato, 11o·n ve ne furono affatto•. Il mito della « vittoria mutilata » rientra in questa seco·nda categoria: ed è tale non certamente, e comunque non soltanto, per le farneticazioni con le quali venne motivato, ma in quanto poggia su un autentico falso storico. Che i trattati di pace articolati dai vincitori a Versailles siano tutto meno che un esempio di saggezza e di equità, è fuori di dubbio; ma dubbio è che ad avere motivi di dolersi sia l'Italia, la quale partecipò al bottino di guerra da vincitrice, né piµ né meno che gli altri Stati dell'Intesa. Se è vero che .co1desti Stati si divisero il bottino delle co-· Ionie tedesche, no·n è men vero che l'Italia ottenne comp·ensi territoriali in terra europea in misura superiore ai suoi alleati. E in più l'Italia ottenne quello che proclamò sempre uno, dei suoi principali scopi di guerra: lo smembramento dell'Impero absburgico. L'Italia ottenne, oltre 4 R. FARINACCI, Storia della rivoluzione fascista. Ed. Cremona Nuova, vol. I, pagg. 79L80. 90 BibliotecaGino Bianco

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