Nord e Sud - anno XVI - n. 119 - novembre 1969

.. I Rivista mensile diretta da Francesco Compagna Girolamo Cotroneo, L'uomo senza dimensioni - Alfredo Testi, Il Piano abbandonato - Giulio Picciotti, I cattolici fra loro - Antonio Duva, Dove va la « G. I.» ? - Francesco Compagna, Napoli : imprevidenze e reticenze - Calogero Muscarà, Sul canale di Suez e scritti di Rosellina Balbi, Luigi Compagna, Sara Esposito, Ugo Leone, Antonino Répaci, Marcello Sajeva, Gaetano Troisi. ANNO XVI - NUOVA SERIE - NOVEMBRE 1969 - N. 119 (180) EDIZIONI SCIENTIF-ICHE ITALIANE - NAPOLI Bibl.ioteca Gino Bianco

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/ NORD E SUD Rivista mensile diretta da Francesco Compagna ANNO XVI - NOVEMBRE 1969 - N. 119 (180) DIREZIONE E REDAZIONE: Via Carducci, 29 - 80121 Napoli - Telef. 393.347 Amn1inistrazione, Distribuzione e Pubblicità : EDIZIONI SCIENTIFICHE ITALIANE - S.p.A. Via Carducci, 29 - 80121 Napoli - Telefono 393-346 Una copia L. 400 - Estero L. 700 - Abbonamenti: Sostenitore L. 20.000 - Italia annuale L. 4.000, semestrale L. 2.100 - Estero annuale L. 5.000, semestrale L. 2.700 - Fascicolo arretrato L. 800 - Annata arretrata L. 8.000 - Effettuare i versamenti sul C.C.P. 6.19585 Edizioni Scientifiche Italiane - Via Carducci 29, Napoli BibliotecaGino Bianco

SO.MM ARI O Editoriale [3] Girolamo Cotroneo L'uo.rno senza diraensioni [7] Alfredo Testi Il Piano abbandonato [18] Giulio Picciotti I cattolici fra loro [ 31] Ugo Leone Luigi Compagna Rosellina Balbi Note della Redazione Mezzogiorno e scadenze della programmazione - Porti senza piani - Salvemini e la contrattazione aziendale [ 43 J Giornale a più voci L'aero porto in pensione [ 48] Il PCI nello stallo della « doppiezza » [50] I violenti d'el calcio [53 J Inchieste Antonio· Duva Dove va la « G.I. »? [58] Città e Territorio Sara Esposito Il ri1olo della geografi.a iLrbana [67] Argomenti Gaetano Troisi Le banche « irizzate >) [70] Profili Marcello Sajeva Togliatti tra ideologia e politica [77] Cronache e memorie Antonino Répaci La « vittoria mittilata » [88] Francesco Compagna Calogero Muscarà Biblioteca Gino Bianco Documenti Napoli: imJJrevidenze e reticenze [ 106] Sul canale di Suez [119]

. ' I Editoriale \. L'autunno caldo s~i sta prolungando oltre i linziti della ragionevolezza politica. È di nitovo in discussione la. cosiddetta qitestione dei )imiti di sopportabilità del sistema, intendendo per sistema sia la stabilità economica e finanziaria che la stabilità delle istituzioni repubblicane. C'è itn problema di ordine pubblico che si è fatto altrettanto grave. e forse più grave di quanto già no1·z.lo sia stato nei prin1i mesi del 1969. E c'è anche una sfiditcia cl1e si diffonde nel paese perché le manifestazioni di violenza si intensificano, e ri1nangono impunite, perché risitlta sempre più fondata la sensazione cl1e l'attività governativa e parlamentare sia rimasta co111e paralizzata dalla crisi che ha investito non solo i socialisti, ma a11che i dern.ocristiani (proprio nel1' editoriale del nitmero scorso scriveva1no cl1e c'è una crisi strisciante dei dorotei e quindi della DC; che lo stato 1naggiore clei dorotei si è diviso in gritppi e sottogruppi che si apparentano con gruppi e sottogruppi di altre correnti in un gioco este11uante di n1an.ovre e contronia11ovre; che tittto è provvisorio ed instabile nella DC: scriveva1no questo nel mese scorso ed i fatti sono venuti a co11fermare clamorosanze11t e la nostra diagnosi, senza nen1meno che dopo questi fatti si intraveda chiaramente qzJ.alipotrebbero essere le conzpo11e11tid'i itna nuova 1naggiorarzza, omogenea e stabile, nel partito che raccoglie irz Italia il maggior numero di voti). Per ciò che riguarda l'attività governativa e parlamentare - le « ragio11i della lentezza ossessionante » con la quale procedono le rif orn1e - vale in generale quanto, a proposito della riforma universitaria, ha scritto, sul « Mondo » del 6 novembre, Dino Pieraccioni: manca al governo il stlpporto di itna << precisa volorità politica di far ' camminare ' ver.amente i disegni di legge giu11ti in Parlamento»; e d'altra parte « nessuno dei partiti fitori del governo, anche se ad esso temporanea1nente favorevoli, avrebbe interesse a lasciare eh.e a portar avanti le riforme finora inattitate f asse proprio il governo 1no11ocolore democristiano ». Da questa considerazione risulta evidente l'intrinseca debolezza ·di qitel governo 1nonocolore alla cui promozione si è pervenuti per lo stato di necessità detern1inato dalla dissennata scissione socialista e dalla non n1eno disse111iata, e comunque avventata, sollecitazione della scis3 - s·ibliotecaGino Bianco

Editoriale sione socialista da parte delle sinistre democristiane. Debolezza del governo monocolore dal punto di vista ·dell'esigenza di ridare respiro all'attività del potere esecutivo e del potere legislativo, quindi; ma debolezza del governo n1onocolore anche dal punto di vista della sempre più imperiosa necessità di garantire nel paese l'ordine pubblico, di colpire le centrali della violenza, di <( isolare i gruppi teppisti », di fissare i limiti al di là dei quali l'agitazione sociale vien fatta dégerzerare in azione sovversiva, di imporre il rispetto di questi limiti, di colpire impietosan1ente qualsiasi manifestazione di squadrismo, quale che sia il colore delle milizie private che risultino qua e là - sia pure ancora più o meno embrionalmente - organizzate. Ed infine, la debolezza del governo monocolore risulta evidente a11che dal punto d'i vista della necessità di arginare l'.aumento torrentizio delle spese correnti, onde la situazione finanziaria comincia a destare serie preoccupazioni, e di far valere una visione globale in. merito alla compatibilità delle rivendicazioni per indiscriminati .aun1enti salariali con l'esigenza di sviluppo equilibrato del paese e di miglioramento della condizione delle categorie più deboli, onde, in mancanza di questa visione, e della possibilità di farla valere, un aggravamento di tutte le contraddizioni economiche e sociali che rendono· ancora asfittica l,a democrazia italiana (e naturalmente urz sempre più incombente pericolo di compro1nissione delle prospettive di sviluppo del Mezzogiorno). · Ha ragione, d'altra parte, il Presidente del Co·nsiglio quando lascia intendere ai suoi interlocutori che la situazione, sia per qua11to riguarda i suoi aspetti economici e finanziari, sia per quanto riguarda il ritn10 dell'attività legislativa, sia per quanto riguarda l'ordine pt-Lbblico, diventa difficile da controllare quando le forze che concorrono a f or;nare la n1aggioranza sono tanto profondamente divise e quando il quadro politico nel quale si iscrive l'azione del goverlzo si presenta ristretto e confuso come avviene da luglio in poi. Mentre il governo organico di centro-sinistra poteva contare su una 1naggioranza tutta rappresentata ed impegnata al potere, il gover110 monocolore nato dallo stato di necessità a sua volta determinato dalla scissione socialista non solo è un governo di minoranza, chiamato e tenuto in vita per salvare il salvabile della continuità del centro-sinistra, ma è anche e soprattutto un govern.o costretto a vivere grazie al sostegno precario di forze che fra loro so-no in polemica, in contrasto, in contrapposizione frontale, sia come collocazione politica che ai fini elettorali . .La crisi politica è du11que grave: aperta dal disimpegno socialista, sembrava poter essere superata grazie all'impegno progran1matico del primo governo presieduto dall'on. ·Rumor; ma le sinistr~ democristiane 4 BibliotecaGino Bianco

Editoriale I hanno fatto la loro parte, ostinata1nente ed irresporLsabilmente, per provocare qitella scissione socialista che 11011poteva non produrre un immediato e perciò quanto niai allar1na11te aggravaniento della crisi politica, una con1.promissione della possibilità stessa di sopravvivenza del centro-sinistra. Nella mistJ.ra in cui si prolunga, la crisi politica diventa sen1pre più grave e c'è chi si domanda quali sarebbero le conseguenze se si dovessero sommare alle manifestazioni di questa crisi politica anclie qitelle di itna crisi economica e finanziaria: le due crisi, in tal caso, potrebbero sfociare in itna crisi più generale, a carattere istititzionale. Siamo al 1nomento della resa dei conti? Potrebbe darsi. Tutti stanno giocarld·o con il f itoco, i partiti e i si1idacati. E niagari c'è chi da destra comincia ad augiJ.rarsi che il fuoco divampi e che la crisi a carattere istituzionale precipiti. Né si può no11 riflettere sulle considerazioni che a proposito dell'aittunno italian.o si vanno facendo da parte di osservatori non italiani, e in particolare siti giudizi clie in via ufficiosa sono stati espressi da ambienti che fanno capo al qitartier generale del Mercato co1nitne: siamo angitstiati non tanto per la situazione economica dell'Italia, non. tanto per le rivendicazioni salariali, e nen1n1eno per gli scioperi selvaggi; la nostra principale preoccupazione rigua~da invece l'instabilità e la debolezza del sistenia politico, la caparbietà déi partiti che so110 troppo impegnati nella lotta di potere per dedicarsi seriame11te e concretaniente alla soli1zione dei problemi reali di un paese in piena trasformazione come l'Italia. La caparbietà dei partiti! E i1zfatti, in, questa situazione, il PSI, bu.ona parte del PSU e bitona parte della DC intendono tenere in vita il governo monocolore, ririviando a quando sarà noto il test delle elezio11i a1nn1inistrative una eventitale riapertura del discorso sulla ricostruzione e rianin1azione del centro-sinistra. !v!a che cosa avverrà nel f ratte111po, di qui alla primavera? Sarà possibile garantire l'ordine pubblico, prevenire nuove e più gravi 111anifestazionidi sovversivismo del genere di quelle che si sono avute a Bergan1.o ed a Pisa, froriteggiare « ogni forma di diversione avventuristica» e reprimere la « provocazione fascista»? A proposito delle iniziative estremistiche e avventuristiche, anche i con1unisti, dopo Berga1no e dopo Pisa, scrivono che esse « servono solo al padronato ed alle forze conservatrici » ( così Paolo Bufalini, su « l'Unità » del 2 noven1bre, aggiiLngendo che « ferma dev'essere dunque, secon.do rioi, la lotta contro ogrzi for1na di diversione avventuristica »; e che « decisa » dev'essere « la lotta contro la provocazio1ze fascista»): si tratta più o meno dello stesso discorso che noi abbiamo fatto già all'indomani del 5 ·BibliotecaGino Bianco

Editoriale maggio francese, quando abbiamo scritto che la cosiddetta contestazione non. costituisce un'occasione per la rivoluzione, ma può fornire un pretesto per la reazione. Ma quale sarebbe l'atteggiamento dei comitnisti e di conseguenza dei socialisti lombardiaYJ,i e ancl1e demartiniani, e soprattutto quale sarebbe l'atteggianzento delle sinistre democristiane, quando il governo mon.ocolore si dovesse risolvere a prevenire debitamente e magari a reprin1ere ogni azione sovversiva, così la « diversione avventuristica » di si11istra come la « provocazione fascista »? Comu.nque sia, il governo deve ormai i11et rvenire nei confronti dell'una come riei confron.ti clell'altra, anche perché non risulti alterato dall'una e dall'altra il clima nel quale dovrebbe aver lu.ogo il test elettorale della primavera. D'altra parte, quando ci si do-ma11da che cosa avverrà di qui alla primavera, non. ci si riferisce solta11to all'ordine pubblico, 111aanche all'attività legislativa e alla situazione econo1nico-finanziaria. Se l'una dovesse segnare il passo e l'altra degenerare, il test della primavera ne potrebbe risultare profondamente' influenzato· e tutti coloro che vogliono attendere il responso di questo test potrebbero trovarsene amaramente pentiti. Assai meglio sarebbe decidere subito di ricostituire il centrosinistra orga11ico; collocarsi con alto senso di respo1zsabilità davanti ai problemi del paese; superare di slancio i pregiudizi politici, le contrapposizioni polemiche, gli schemi ideologici che hanno indotto certi partiti, e certe· correnti dei partiti ad accumulare, dal maggio del '68 · in poi, errori su errori; ritrovare il senso, il significato, · la sofferenza della dedizione agli in.teressi generali. Ma almeno, se tittto questo non f asse possibile, se la consapevolezza della situazione critica cui si è spinto il paese non induce ancora tutti ad un'assunzione piena di responsabilità, se veramente si vuole rimandare ogni decisione al test della primavera_, è lecito augur.arsi che ci si domandi che cosa ci si ripromette cla questo test? che ci si domandi in. quali condizioni politiche lo si vuole affrontare? che ci si domandi come si può ridurre il costo, ed' il rischio, del rinvio di ogni decisione a quando si potrà disporre di qualche indicazione sugli orienta1nenti della pubblica opinione? che ci si don1andi appunto cosa potrebbe avvenire di qui alla pri1navera? 6 BibliotecaGino Bianco

·' L'uomo. senza . dimensioni di Girolamo Cotroneo In uno scritto risalente esatta1nente a trent'anni fa, Adriano TilgheT faceva un'osservazione interessante: gli uomini ch·e vivono in società scarsamente orga.nizzate, dove il tessuto so·ciale è lento e poco vincolante, sono certamente esposti alle sorpre·se del « caso »; al tempo stesso, però, essi possono essere colpitì soltanto dagli eventi eh.e vengo,no direttamente a ,co·ntatto con lo1ro, mentre restano indifferenti di fronte agli avvenimenti lontani nello spazio e nel tempo. Al contrario, gli individui inseriti in 1.1nasocietà fortemente organizzata sembrano •offrire ben poca presa al « caso », tutelati come sono da un apparato che calcola, prevede e appétga tutti i bisogni e tutte le necessità. Ma in cambio •essi so·no toccati da ogni avvenimento che to1cca la società e no•n posso·no restare indifferenti a ciò che accade lontano da loro: divenuti gli uomini cellule del corpo sociale, i problemi sociali si ripercuotono massicciamente nella sfera individuale e per giunta sono di più difficile soluzio,ne che non quelli cl.egli individ11i ,che vivo.no in società poco organizzate. Mentre qu.esti ultimi, infatti, possono da soli cercare -di rimediare ai colpi d-ell'avve·rsa fortuna, gli individui cl1e si muovono· in società raziornalmente strutturate, una volta colpiti da 1m male, non hanno praticamente alcun mezzo per guarirne: il prooesso di guarigione deve ess1 ere di tutta la società nella auale vivono. Ne viene corn•e J conseguenza, •concludeva Tilgher, eh.e l't1omo d•el no,stro tempo è certamente meno ·esposto al « caso » che non l'uomo delle società antic.he, ma è anche vero che oggi i colpi, anche se meno• frequenti, ,,engono da più lo·ntano, e non sono riparabili dalle forze· del singolo. Questo scritto di Adriano Tilgher, è, come si diceva, d-el 1939·: ma oggi presenta un'attualità, se possibile, an·cora maggio,re di qt1ella ,che presentava nel periodo in ,cui fu pensato. Perché· la nostra è un'epo 1ca in cui le maglie del corpo· sociale si vanno infittendo an•coir di più, dove ,la protezione, J.a tutela « dalla culla alla to·mb·a ·», se restringe sempre più il margine dell'imprevisto, fa però diminuire il senso• della r-esponsabilità individuale, limita il •campo di scelta, costringe la vita entro schemi precostituiti della cui organiz7 Biblioteca Gino Bianco

Girolamo Cotroneo zazione è responsabile (o irresponsabile) un'anonima e ·sempre misteriosa burocrazia di « esperti ». Questo parossismo organizzativo (salvi ovviam·ente i vantaggi che ,comporta) ha finito praticamente col çancellare la figura dell'uo·mo faber fortunae suae, dal momento che la fortuna dell'individuo è strettamente legata no·n solo a quella della società in cui vive, ma p·ersino a quella di altre so1cietà: e ·di questa maggiore vulnerabilità, che è andata crescendo co1 passare del tempo, con l'organizzarsi di Stati a dimensioni continentali, si so•no visti e si vedono esempi memo·rabili, quando nazioni intere subiscono il contraccolpo di ·crisi eco·no.miche ap-ertesi in paesi lo-ntani, o quando una rivoluzione, un co1 lpo di Stato, una guerra, possono tenere in apprensione e in angoscia uomini che· vivono dalla parte opposta della terra. E questo perché le storie dei popoli, dopo avere corso a lungo su vie •diverse, si so,no a11date a mano a mano incontrando, sino a diventare oggi, salvo qualche area residua, una sola storia. Questa nuo·va dimensione, che ha creato una 11uova co·ndizione umana, ha reso po~sibile (o ha addirittura richiesto.) il sorgere e lo svilupparsi di una « scienza » improponibile per il passato, e •Cioè la scienza dei « futuribili », della « previsione », delle « indagini sul futuro ». E l'ha resa possibile proprio perché garantita dal presupposto che il futuro, non esisterebbe quasi più come futuro « indivi..: duale », 1na co·me futuro « co1lettivo• ». Aristotele aveva detto che no·n •del « particolare » si dà scienza, ma solo dell' « universale »: una « ·scienza d·el futuro• » era pertanto improponibile fino a quando esso era visto come una somma (che solo la po•sterio·re storiografia trasformava in sintesi) di destini individ11ali' e quindi impreve·dibili. La stessa antichissima ars divinatoria, anche se in essa no,n man,cavano le ·profezie a livello cosmico, si atteggiava soprattutto a rivelazione del futuro individuale, ,della so·rte· dell'uomo che chiedeva agli dei di rivelargli il proprio d·estino. Ma una volta che il destino del singolo è incasellato in quello della so·cietà in cui vive, la quale, a sua volta, è incasellata in strutture ancora più ampie, sino praticam.ente ad una dimensione universale, allora questa nuova « scienza » ,diventa possibile. Per.ché se il destino individuale era sulle « gino·cchia di Giove », quello co1lettivo è invece· nelle mani degli esperti di statistiche, ·dei pianificato-ri economici, dei computers, degli « addetti ai lavori », insomma, che universalizzandolo lo rendono pre·vedibile. Questo naturalmente non significa (o non significa ancora) ·che stiamo assistendo alla nascita di una scienza i cui risultati sarebbero 8 BibliotecaGino Bianco

L'uomo serzza din-zensioni , indiscutibili. A parte le obiezioni che qui da noi sono state avanzate fin dal 1964, quando cioè è comparsa la Teoria della previsio11e di Raffaello Franchini (il quale non solo ha in.dividt1ato l'errore logico co11tenuto in una teoria della conos,cenza che pretenderebbe di cono,scere l'universale prescindendo dal p,articolare, rompendo cioè quella « sintesi » su •Cui si .fonda og11i forma di co1 no,s-cenza, 1na ha ancl1e rivendicato come ineljmi111abile il valore dell'azione individuale, della scelta, dell'impegno etico- che vanifica ogni tentativo di « quantificare », e quindi di prevedere, le azioni umane} a parte queste obiezioni, ·di,cevamo, si è osser,,ato che, data la ve1ocità co1 n cui procedono oggi i mutamenti, le possibilità ·di errori previsionali, anche di ·carattere generale solta11to, sono im1nense. C'on,cludendo recentemente la serie Vita tiel 1980 - pubblicata in Inghilterra da « The Times » e in Italia, fra il 7 e il 12 ottobre di quest'anno, da « La Stampa », e a cL1i hanno partecipato scienziati, scrittori ed economisti - Artl1t1r Koestler ha scritto che « un secolo fa, a prevedere lo sviluppo dei st1ccessivi cinquant'anni, si correva il rischio di fare la figura dello sciocco assai me110 di oggi ad immaginare quello cl1e sarà il mo11do fra cinque anni »; e qt1esto pevché « il moto della storia si accelera ad un ritmo senza precedenti; e·d è ,chiaro che la velocità di un treno non è più prevedibile, se i freni sono rotti ed i motori surriscaldati ». T'orneremo poi sul contenuto generale e su alct1ni problen1i particolari di questa serie di articoli: ma prima è forse il caso di trattenersi ancora sui problemi di fondo sollevati •da questa originale din1ensione del futuro e soprattutto sulle possibilità d·ella nuova scienza che ha co-mportato. · Se si vuole dare una data di nascita alla srienza del futuro, ' la si può fissare intorno al 1750, qt1ando cioè n.a,cquero le scienze statistiche, le quali costituiscono il primo tentativo di pianificazione del futuro « collettivo », il primo ·e pri11cipale strumento della scienza dei « futuribili ». I due ·secoli trascorsi da allora,_, hanno visto prima il successivo lento incremento di queste scienz.e, alle quali verso la metà del secolo scorso si sono aggiunte ad opera del Comte e della scuola francese le scienze sociologiche, e poi la loro esplosione, dovuta al sempre maggiore infittirsi della trama so·ciale. E l'incremento continuo delle scienze impegnate a cercare di disvel~re il futuro è giunto) sino al punto, come ha scritto Herman Kahn nella ricordata serie Vita nel 1980, che « c'è da aspettarsi che una delle principali ·attività del prossimo decennio consista nell'esaminare, stu~iare, o,sservare, ·prevede·re il futuro, ed in tutti i modi 9 Bibli.oteca Gino Bianco •

Girolamo Cotrorteo interessarsene con un'i11tensità che ai nostri antenati sarebbe ·parsa . , . . quasi un ossessione maniaca ». • Sarebbe forse il caso di aggiungere a questa osservazione di Kahn, che appunto ai nostri antenati il proble.ma nep•p-ure si poneva - o si poneva in termini g-enerici di aspirazione - dato che essi viv-evano, per dirla ancora con Tilgher, in una « società a fili larghi e radi », dove il destino era un fatto individuale, -do•ve il raggio delle azioni non superava, an1che quando si trattava di azioni a livello politico generale, un ristretto ambito di interessi, non implicava il destino, come oggi accade·, della totalità d-el gen-ere umano. Qual11nque piano previsionale avrebbe· urtato co-ntro le imprevedibili possibilità~ di operazio·ni a livello individuale, alle quali la struttura della società contemporanea non ha praticamente lasciato spazio, rendendo quindi possibili previsioni a largo raggio. Nella so,cietà che non pens.ava, in qua,nto no·n potev.a pianificarlo, al futuro, valevano quindi le responsabilità soggettive e l'impegno- p-ersonale, e non si chiedeva, 1come p·aradossalmente avviene oggi, da una parte, una sempre maggio·re libertà fino ai lim:iti dell'anarchia, e contemporaneamente dall'altra, l'intervento dello Stato in ogni settore della vita pubblica, la pianificazione generale (che è sempre limitatrice di libertà), e persino, dopo qu_ella politica e quella economioa, l'eguaglia,nza intellettuale. Ma questo è un altro p·roblema. Ritornan·do al nostro discorso, da quanto abbiamo detto sino-ra dovrebbe apparire ormai chiaro che la « scienza -del futuro » può esistere solo ove si ammetta, primo, 1che le maglie cl-ella so-cietà siano oggi, e più ancora saranno domani così strette da non lasciare spazio all'azione jndividuale, e, secondo, ché le decisioni riguardanti l'umanità jntera saranno prese da mostruos-e e misteriose burocrazie, appoggiate da -colossali apparati di computers, che impediranno qualsiasi interferenza sogg-ettiva che volesse turbare il piano precostituito. Che questo sia il futu.ro che ci attende, e che anzi sarebbe già in atto, è in fon·do l'opinione di Jo,hn K. Galbraith, un altro, e certamente fra i più noti, partecipanti al dibattito pubblicato da « La Stampa », il quale si è occupato della possibilità di prevedere la politica estera dei prossimi anni e delle possibilità di p-ianificazione razio-nalizzata che essa presenta. Galbraith l1a osservato anzitutto che « uno dei tanti miti che intralciano la realtà afferma che alcuni indivi,dui so-no la forza motrice n-ella creazione della politica internazio,nale » mentre, a suo avviso, « gli uo-mini non dominano gli eventi e neppure do-minano la burocrazia », ma « sono 10 BibliotecaGino Bianco

L'uorno senza dimensioni I le •circostanze che creano la politica estera ed è la burocrazia cl1e adatta l'azione politica alle circostanze ». E Galbraith con,clude che « tutto sommato dovremmo essere felici che sia co,sì, specialmente se si guarda al futuro. E questo perché vuol dire che· la politica estera, a parte i gravi i11cidenti, è molto più prevedibile di quanto sarebbe se fosse opera degli uo1nini ». . Si vede ,da questo passo •come l'autore de La società opulenta ammetta eh-e la previsione è possibile solo là dove l'azione in,dividuale è esclusa. Lasciamo da parte, almeno per ora, se ciò sia un be·ne o un male: Galbraith, come si è visto, ritiene sia un bene il fatto cl1e la politica estera, almeno quella delle superpotenze (che poi in questa visione del futuro a livello planetario è ancora quella che conta di più), sia controllata e dominata da apparati burocratici che, a suo dire, costituiscono ormai una « forza trascende11te ». Naturalmente nasce qui il dubbio su come possa poi verificarsi che un'azione politica individt1ale sia « delu-dente », mentre una collettiva, nascente da una somma di azioni individuali, possa non esserlo. Comunque sia, Galbraith ritiene che questa « forza trasc-endente » condiziona, negli Stati Uniti con1e in Unione Sovietica, tutta la loro azione politi 1ca, anche quella sociale, interna: « in entrambe le società la forza guida non è l'individuo, ma l'organizzazione » per cui « una delle cause p,rincipali di tension.e so,ciale in tutti e -due i paesi è la chiara impotenza dell'individtlo nei suoi rapporti con la buro·crazia pubblica e industriale ». E anche dagli altri scritti della serie di cui ci andiamo, occupando sembra emergere che, da qualunque parte si affronti il problema - sia in te·rmini di politica interna o estera, sia su q_uestioni sociali quali quelle del lavoro e del tempo libero, sja su questioni scientifiche - il nostro futuro sarà caratterizzato da una pro·gressiva sco1nparsa dell'azione individuale e vedrà una partecipazio11e sempre n1inore, non solo dell'individuo singolo, ma degli uo,mini nel loro complesso, ai prossin1i avvenimenti. Questo fenomeno appare dovuto soprattutto al gigantismo industriale, per cui, come ha detto an1 cora Galbraith, le comunità te·cnicamente più progredite, quali Stati Uniti e Unione Sovietica, « devono obbedire agli stessi imperativi, che sono quelli della produzione industriale su vasta scala co·n una tecnologia avanzata »; e questo porta co,m-econseguenza •che·in questa so1cietà « gli uomini sono soggetti alla disciplina sociale e mentale » dell'impresa industriale, privata o statale che sia. Naturalmente questa progressiva eliminazio11e cl-ella funzione individuale comporterà che le nazioni , . 11 Bibli.otecaGino Bianco

Girolamo Cotroneo industrializzate saranno governate (se di governo si potrà ·anco·ra parlare, almeno nel senso tradizionale del termine) da quella che Koestler ha definito la « medio·crazia », nella quale « gli ingredienti che defi11iscono il me·diocrate di su·ccesso so,no: s.enso comune più inerzia », per cui nella « mediocrazia ideale >> verso la quale ci staremino dirigendo « il termine élite diventa sino,nimo di medio, e mediocre di fidato ». È chiaro quindi cl1e in una so,cietà così burocratizzata 110n potranno più comparire quelli che I-Iegel chiamava gli « individui co,smico-storici », ossia coloro che· con le loro decicisio11i soggettive, potevano- mutare il corso, della sto,ria del mondo, rendendola pertanto imprevedibile. Persino il discorso di Tilgher, q11indi, sul « caso » che colpisce ,da lontano, sembrerebbe non essere più valido, in quanto le o·rganizzazioni burocratiche, a liv-elio internazionale, terranno sotto controllo, domina11dolo, il pro-cesso di sviluppo di più nazioni e fo,rse un giorno del mondo intero. Questo fenomeno naturalmente sarebbe in1possibile se non fosse appoggiato da un immenso apparato di con1puters, non potendo le menti um·ane, anche se associa,te in grup·pi di esperti, pianificare t1.1tte le attività. P,ertanto l'incidenza dei computers sul futuro dell'um,anità diventerà sempre più impo 1 rtante, fino a div·entare determinante, dal momento eh~, ha scritto Herman Kahn, « nessuno è riuscito a dimostrare l'esistenza di limiti intrinseci· a ciò che il computer potrà fare nel ripetere o sorpassare le capacità dell'uomo »: per cui non è affatto azzardato avanzare l'ipotesi che il computer possa « trascendere ·gli esseri umani sotto tutti gli aspetti ». Con questa premessa si può quindi giungere alla •conclusione che le << associazioni di lavoro » fra l'uomo e la macchina elettronica finiranno col comportare « qualcosa di più » del semplice uso di quest'ultima « come schiava o assjstente dell'uomo, ossia come una specie di super-regolo calcolatore o ,di super-tavola da djsegno o di super-biblioteca ». Kahn non esclude quindi, anzi ne sembra convinto, che il computer potrà sostituire l'uomo anche nell'attività cre·ativa, dal momento che esso avrebbe « un'evidente capacità di imitare le caratteristiche non solo di attività umane quali l'analisi, il calcolo· e i gio,chi, ma anche di attività che hanno un notevole contenuto estetico o emotivo e che in apparenza dipendono .dall'intuizione ». È chiaro ,che in questa dimensione, l'azione in,dividuale con le sue cap,acità ·c'reative -perda semp1re p,iù di valo,r1 e: m,a ciò no,n sembra preoccupare eccessivamente i protagonisti di questo discorso-, persuasi invece - e lo ha confermato nel suo intervento lo storico 12 BibliotecaGin·oBianco

L'uo1no senza dimensioni e sociologo inglese Asa Briggs che stia per cominciare (e qui Briggs ha citato un'espressione di Joffre Dumazedier, il teorico della « società del tempo libero » ), « una nuova mutazione umanistica », la quale « potrebbe essere anche più profonda dello stesso Rinascimento ». Solo che, è forse il caso di aggiungere, mentre il primo Rinascimento poneva in tutta evidenza l'uomo ed il suo genio creativo, questo nuovo Rinascimento tende soprattutto ad una eliminazio11e dell'iniziativa del singolo, ad un controllo e ad una pianificazione - ed è stato proprio Briggs a parlarne - persino dei suoi svagl1i, dal momento che egli prevede che negli a1111ifuturi « nell'organizzare questo mondo dello svago ( ...) l'importanza maggiore. verrà attribuita ai computers ed agli specialisti dai qt1ali dipendono le ricerche e l'espansione ». Se Galbraith ci av,eva detto che l'economia e la politica saranno dominate dalla « forza trascendente » degli apparati, Briggs ,ci dice qui11di che anche l'liomo ludens vedrà (o non vedrà forse, dal momento che, come ha scritto una volta Moravia, « un fenomeno negativo che si estende alla totalità ,degli uomini, cessa di essere negativo per mancanza di ' testimoni ' », e diventa semplicemente la « condizione umana » ), anche l'homo ludens, dicevamo, vedrà scomparire la sua capacità di iniziativa persino in quel settore che tradizionalmente· era indicato come libero, e che sarà invece affidato ai « pianificatori dello svago », anch'essi armati, come gli economisti e i politici, di formidabili computers. Non poteva mancare, in questo esame della dimensio11e uma11a nel prossimo futuro, un aocenno alle questioni cL1lturali che questa nuova situazione dell'uomo potrà in1plicare. Ma su tale questione nessuno degli interlocutori è riuscito ad a11dare oltre l'enunciazione di principio che la rivoluzione tecnologica, creando appunto u11a nuova condizione umana, imporrà la creazione di u11a nuova cultura. Asa Briggs si è limitato a dire che nel prossimo futuro sare1no soltanto « più consapevoli delle particolari difficoltà di adatta1nento e capiremo meglio l'universale mutazione umanistica », m,entre Herma11 Kahn, che ha cercato di andare piu a fondo alla questione, ha scritto che « l'aspetto più importante del decennio 1970'-1980 non sarà tanto l'effettivo sviluppo tecnologico, quanto un aumento nella capacità di capire il probabile significato della 11uova tecnologia e della cultura post-industriale »: dal momento che l'ormai imminente passaggio dalla fase industriale a quella post-industriale è importante per lo meno « quanto la rivoluzione agricola di diecimila a11ni fa o la rivoluzione industriale di duecento aru1i fa ». I 13 s·blioteca Gi o Bianco

Girola1no Cotroneo grandi mt1tamenti in corso nella nostra epoca - è sempre Kahn <.i parlare - porranno, quindi tutta una ·serie di nuo·vi problemi, « di .filosofia, di religione (specie per coloro ·che nutro.no il ,culto· dell'odio verso il computer) e persino di democrazia_», ed è certo eh-e in futuro, nel prossimo• futuro, questi p,ro,blemi « saranno affrontati e discussi con intensità sempre maggiore e di conseguenza crescerà la loro incidenza filosofica e religiosa ». Questa osservazione non è certo sconvolgente: tutte le grandi rivoluzioni scientifiche hanno aperto nuovi problemi filosofici e religiosi ed hanno creato una ·nuova dimensione etica. Solo che i grandi mutamenti .del passato non mettevano in gioco la parte dell'uomo, n1entre quelli in atto creano una prospettiva del tutto diversa, nella quale compare 11nrapporto neppure pensato· ·nei se,coli precedenti e oioè que1lo fra l'intellig,enza dell'uomo e quella dei computers: se è vero - -e non abbiamo né motivi né ele1nenti per non credergli - ,ciò che ancora dice Kahn, e cioè che si creeranno « fra l'11omo e il computer delle sottili e sofisticate interazioni che, pur non soddisfacendo nella parte del computer i più rigorosi criteri di intelligenza auto·noma, potranno tuttavia apparire come tali allo scienziato-collaboratore O· al progettista-collaboratore ». Questo fenomeno sarebbe già pratica1nente in atto negli Stati Uniti, in quelle scuole •dove funzionano le teaching rnachi11es, le ma·cchine · per l'istruzione, dove si può già constatare che i bambini non solo non distinguono nettamente « fra l'insegnante-uomo e l'insegnantecomputer », ma che persino« hanno svil11ppato un rispetto profondo e persino affetto· per il loro insegnante-computer ». In questa prospettiva, la dimensione etica e culturale che dovrebbe acco·mp,agnave 'l'età post~industriale, .diventa .addirittura impe11sabile. Per cui quando i due biologi intervenuti nel ,dibattito, Jt1lian Huxley e Max Nicholson, scrivono che « abbiamo biso-gno di uno sforzo concertato per riesaminare i nostri valori, i nostri princìpi e le no,stre norme nei termini di un avanzamento dell'evoluzione globalmente integrato per l'intera specie umana », essi pongono un problema che ci pare contra,ddica una loro stessa prece-- dente tesi. Huxley e Nicholson hanno scritto infatti che, fra i molti mutan1enti i11tervenuti nel corso dei secoli, quello « più straordinario è stata la •creazione, da una massa di sviluppi eco11omici sociali e t1 ec,nici, di tutto ,un nuovo siste·m,a ·semiauto.nomo, che possiamo chiamare la tecnosfera: un sistema che ha una sua struttura -ed una sua anato-mia, che assorbe e prod11ce in maniera programmata»; tuttavia, proseguono i •due biologi, « co_nsiderare que14 BibliotecaGino Bianco

L'uo1110 senza dimensioni , sta tecnosfera come la somma delle sue parti è un errore. Essa ha acquisito una sua vita propria. Creando questa tecno-sfera l'uomo è persino, riuscito a raggiungere· la Luna, ma, come nel caso di Frankenstein, egli tende a permettere che la sua creazione superi le umane capacità di previsione .e perciò ha messo a repentaglio il benessere sulla Terra e persino il suo predominio su di essa ». La ·conclusione a cui sono giunti 1-Iuxley e Nicholso•n, anche se temperata dalla affermazione dell'esistenza - accanto e contro la « te1 cnos.fera » - di una « 11oosfera », che sarebbe il regno, clelle sensazioni .e delle idee degli uomini, e con la quale l't1o·n10do•vrebbe asserire « il suo pieno ·dominio sulla tecnosfera delle sue macchine e delle sue invenzioni, prima che l'impeto cieco di quest'ulti1na lo trascini al disastro », questa conclusione, dicevamo, riaffermando l'autonomia .del « mondo delle macchine », della « pro·duzione » di oggetti e di servizi, sposta ·completamente il problema del « futuro» dai termini con cui lo· avevamo introdotto, e cio·è quello della partecipazione dell'individuo come tale, del singolo, agli avvenimenti futuri. Qui invece, come si vede, è messa addirittura in discussio·ne la partecipazione dell'uomo, non più co·me individuo soltanto, ma come generalità di uo,m,ini, come« umanità », allo stesso, suo· destino. Se questo fosse vero, la struttura ,della società dei prossimi decenni sarebbe disposta in modo da togliere all'uomo persino quell'unica dime·nsio·ne di cui parla Herbert Marcuse: e il futuro vedrebbe addirittura un uomo « senza dimensioni », partecipante come un automa ad una organizzazione ,che lo trascende in tutto e che non chiederebbe neanche il suo passivo consenso, ma lo ingloberebbe in un pro·cesso affidato a questa sorta di monstrum che è la « tecnosfera ». Se Galbraith e Briggs, infatti, parlavano di burocrazie, di apparati che avrebbero controllato e pianificato l'economia, la politica e persino lo svago, con Kahn e soprattutto con Huxley e Ni1cholso·n sembra non esistere pit1 neppure la questione delle burocrazie e .degli apparati (che beno o male sarebbero pur sempre costituiti da uomini), bensì una dimensione, una forza del tutto autonoma, la « tecnosfera » a•ppunto, co11tro la quale la volontà ----degli uo·mini sarebbe quasi, e finirà con l'esserlo· del tutto, completarr1e11te impotente. · Ci pare quindi sostanzialmente contrad,dittorio evocare o invocare una « noosfera », la quale per giunta si presenta, come dicono i due biologi, tutt'altro che « unitaria », dal momento che « l'·uomo non è solo trascinato in basso dall'aggressività, dall'egois1no e dal desiderio di potere delle sue origini animali, ma è ostacolato da 15 iblioteca Gino Bianco

Girolamo Cotroneo una intelai,atura intellettuale ed emotiv.a » la quale « gli •deriva dalle epoche precedenti, quando an.cota non aveva a sua disposizione una tecnosfera ». Ma a sua « dispo-sizione » o, a lui in « opposizione »? Se ci si attiene a quanto· abbiamo senti~o finora, sembra che il caso sia proprio il secondo, dal momento che non soltanto, come dicono• Huxley e Nic.holson, mancherebbe il coraggio di affrontare questi p·roblemi «con mag.gio,re ·energia intellettu,ale», ma il p·roblema non sarebbe più affrontabile, trovandoci digià nelle condizioni di non poter più ,dominare la « tecnosfera » da noi stessi creata. In questa situazione, allora, che sembra curio·samente riprodurre l'antitesi cartesiana fra res cogitans e res extensa, -cl1e·valore potrebbe avere una revisione dei nostri concetti etici, filosofi,ci e religiosi, i cui « riadattamenti fondame·ntali » rischierebbero• di restare chi11si nella « noosfera »? Non solo-: ma si tratterebbe di riadattamenti impostici dalla « tecno.sfera » e quindi adeguati ad essa, non già capaci di dominarla. Non qL1indi nuovi valori creati autonomamente dell'intelligenza umana, ma valori, diremmo, secondari, semplici adattamenti, incapaci ·di creare nuove situazioni in quanto seguirebbero lo sviluppo.' (che in mancanza e in attesa di altro termine continuiamo a chiamare storico) invece di prec-ederlo, e invece di condizionarlo ne sarebbero condizionati. Può darsi che abbiamo alquanto· forzata la tesi di Huxley e · Nicholso11, i quali in fondo sembrano credere senz'altro che sia ancora possibile all'uomo ri,prendere il dominio della « tecnosfera », a patto tL1ttavia ,di riuscire a creare una « noosfera » unitaria: il che però significherebbe una pa-cificazione dei contrasti politici, una maggiore consapevolezza del destino comune, l'eliminazione di falsi ideali quali il potere, il prestigio, l'orgo·glio, etc., sostituiti da una nuova scala di valo,ri in grado· di riprendere quel dominio sulle « cose » che sempre più sembr:a sfuggirc 1 i di m.ano,. Ma, mentre l'elaborazio,ne di questi nuovi valori non appare neppure iniziata, la « tecnosfera » si dilata sempre più assum.e·ndo quella dimensione autonoma tanto paventata dai due biologi che l'l1anno, individuata e descritta. Quindi, più che fo·rzare la loro tesi, abbiamo, ceTcato di portarla alle -estreme conseguenze: e forse. neppure estreme, ove si pensi che l'apparato tecnologico già in atto deve per necessità crescere su se stesso, non pote11do a questo p1 unto essere più interrotto: e non solo p,er una serie di benefici che esso ha portato e •che continuerà a portare ed ai quali l'umanità non appare tanto disposta a rinunciare, ma anche per quelle implicazioni militari, -di -cui hanno parlato Galbraith e Bernard Lovell, 16 BibliotecaGino Bianco

L'uomo senza dimensioni ., che rendono .assai in,certi i confini tra gli usi p1 acifici e gli impieghi strategici della tecnologia. E prima che le implicazioni militari, diretta conseguenza di quei falsi valori quali il potere e il prestigio, vengano, assieme a questi, cancellate dalla « noosfera », la « tecnosfera », ci pare, avrà tutto il tempo che vuole, per diventare completamente autonoma e determinare ciecamente il destino di una umanità ormai impotente di fronte ad essa. Quale, a questo, punto, la conclusione? E quale, soprattutto, l'alternativa? Se re·stiamo ·all'interno, del quadro offertoci dagli autori ,di questa serie ·di articoli, non ci pare si presentino alternative: dagli apparati burocratici di Galbraith al dominio dei computers di Kah,n, dalla pianificazione del tempo libero di Briggs alla vittoria della tecnosfera di Huxley e Nicholson, tutto concorre a ,dare un solo risultato: quello della progressiva abdicazione dell'uomo al trono di dio de la terra su cui lo aveva collo1cato i filosofi del « primo » Rinascimento. Può darsi, o è forse certo, che la colpa di tutto ciò sia de1l'uomo stesso il quale, come ha scritto Koestler, « resta una creatura bi .. fronte come Giano: un genio nel dominare la natura, uno stolto nella condotta delle cose umane »; talmente stolto da farsi sfuggire di mano le sue stesse invenzioni, le sue costruzioni artificiali, la sua storia, in una parola. Comur1que sia, non sembra che lo sguardo gettato sul futuro con spregiudicato realismo dagli studiosi che abbiamo nominato, offra, nonostante il sostanziale ottimismo che pervade i loro scritti, alternative concrete. Tuttavia una speranza c'è: che il loro quadro sia falso, la loro previsione sbagliata nel fondo, anche se apparentemente esatta. Che cioè, nonostante il dilatarsi dell'universo tecnologico, le decisioni ultime, in be·ne o in male, come è stato per il passato, spettino sempre all'uomo, all'uomo come individuo etico e non come struttura burocratizzata. Solo così, forse, l'umanità potrà affrontare consapevolmente il proprio destino,: se cioè, al di sopra delle strutture pianificatrici, co1 nserverà intatta la volontà dell'uomo; se cioè, nonostante tutto, « il futuro », per dirla con Carlo Levi, conserverà ancora il suo « cuore antico ». GIROLAMO COTRONEO ,. 17 • Biblioteca Gino Bianco

Il Piano abbandonato , di Alfredo Testi 1. Nel leggere la « Relazione previsio·nale e p,rogrammatica per l'anno 1970 », presentata-. al Parlamento il 30 -settembre· scorso dai ministri ,del Bilancio e del T'esoro, risulta impo•ssibile dissentire dal « Progetto 80 » quando· riconosce (par. 49) che « ... il Parlamento l1a oggi numero·se occasioni per discutere di politica economica, ma poche occasio·ni per formulare vere e pro,prie scelte glo,bali e vincolanti ». I -do-cumenti ufficiali colle-gati alla condotta ,della politica economica, infatti, « sono molti », « la loro fisionomia è diversa », « le loro co,nnessioni sono imprecise ». E questa situazione è ap·parsa sempre meno soddisfacente con l'affermarsi delle esigenze ,di previsione, indirizzo e co-ntrollo che l'attività -di programmazione economica periodicamen.te esprime. Per la verità, l'introduzione della Relazione previsionale .e programm·atica nel panorama dei documenti ufficiali ha rappresentato negli ultimi anni un elemento di novità. Questo documento, che offre una informazio-ne più agile e chiara sull'evoluzione economica in atto• alla data della sua presentazione, e sugli ·strumenti ,di politica economica da ado-perare nel br,eve periodo p·er corregger.e gli andamenti in contrasto co1 raggiungimento degli obiettivi della politica di piano, si è gradualmente conquistato· u,n posto di rilievo nel panorama di questo tipo di letteratura. L'ultima edizione -del do-cumento-, tuttavia, che si presenta di prop-orzio,ni ·estremamente ridotte risp-etto alle edizioni degli anni scorsi - quasi il segno dell'ormai lunga crisi che travaglia gli organi e più in gene·rale la p·olitica di programmazione - desta ·numerosi e seri motivi di perplessità 1 • Nelle p.agine che seguono cercheremo di sintetizzarli. 2. Ecco come viene .d.escritta ,dalla· Relazione l'evoluzione econo- . . mica in atto. --- Durante il 1969 si è verificata finalmente un.a vigo,ro·sa ripresa 1 La stampa, invero, ha dato amp,iamente notizia dei tagli e delle « censure» imr- - poste al documento in occasione della sua discussione da parte del Consiglio dei ministri. Cionondimeno, anzi proprio per questo, il documento va considerato come un elemento di grande importanza per misurare l'atteggiamento dell'attuale governo di fronte ai p,roblemi di sviluppo del paese. 18 , Biblioteca Gino Bianco

Il Piano abbandonato I ·della domanda interna, in termini sia di investimenti che di consumi, con un a1to flusso di importazio·ni. Gli inve·stimenti fissi lordi cresceranno per la fine dell'anno di circa il 12 % in termini reali rispetto al 1968, in conseguenza sia del protrarsi della tendenza espansiva -delle attività di costruzione (già iniziata nel corso dell'anno passato), sia dall'intensificarsi del processo di investime·nto in attrezzature, il quale mostra di aver superato la decelerazione registrata lo scorso anno. Si è quindi realizzata una certa espansione della capacità produttiva, che ha cre·ato le condizioni per un ulteriore miglioramento (oltre quello, come si vedrà, già verificatosi nel :co·rso dell'anno) della domanda di lavoro da parte delle attività industriali. La Pubblica Ammi,nistrazione, dal canto suo, pur badando a no·n introdurre fattori di « surriscaldame11to » in una fase di forte « tiraggio » da parte della doma·nda interna e di quella estera, ha svolto un'azione « mo·deratamente espansiva » a sostegno del processo di sviluppo. I consumi pubblici dovrebbero re,gistrare per la fine dell'anno un incremento in termini monetari del 9%, mentre « più content1ta » risulta l'espansione delle spese di investimento e particolarmente l'er.o,gazione per i pagamenti delle opere· pubbliche (8% ). Inoltre la Pubblica Amministrazione, mante·nendo il prelievo tributario « 1sosta,nzialmente in linea con lo sviluppo del reddito », ed attuando una più an1pia spesa pe·r tra·sferimenti correnti alle famiglie ed alle imprese (salari, stipendi, pensioni, contributi alla produzione, etc.), ha d,eterminato anche per l'anno in corso un ampliamento del reddito disponibile per i privati ad un ritmo superiore a quello del reddito nazionale. L'ampliamento del reddito disponibile· dei privati ha - a sua volta - conse,ntito una sensibile ripresa della doman·da dei consumi (circa il 7% ), e tuttavia, forse anche a causa dell'intenso processo di investimento in abitazio,ni, verificatosi sia nell'an·no passato che in quello in co·rso, la propensione al consumo, rima·ne su valori « piuttosto bassi » risp-etto a ·quelli di lun,go periodo. Le importazio,ni, ·a loro volta, movendosi com-e al solito di conserva co·n le altre componenti 4ella do·manda interna, hanno subìto un incremento « molto elevato » (23% ), senza peraltro creare problemi alla bilancia commerciale. Infatti, accanto al positivo andamento della doman·da i,nterna, l'anno in corso registra anche il perma·nere di un « eccezionale » flusso di esportazioni: le quali, superando un incremento del 15%, « confermano l'esistenza di una salda capacità di espansione sui merc·ati -esteri della nostra industria »,· 19 Biblioteca Gino Bianco

Alfredo Testi e consentono di chiudere anche quest'anno, la bilancia comrrierciale co1 n un surplus « rilevante», pari a circa 1.300 miliardi. L'insieme de·gli impulsi derivanti dall'a·ndamento delle varie componenti de.Tlado-m·anda globale ha eserci_tato· 1~prop•ria influenza sugli andamer ti produttivi dei singoli settori, che si presentano tutti p•ositivi. L'agricoltura registra incrementi del prodotto lordo in termini reali tali da -consentire il superamento della flessione dal 1968 ed il recupero - e fo,rse anche il miglioramento - dei « livelli p·rimato » del 1967. Anche l'industria denota una dinamica produttiva piuttosto soste·nuta; ed il fenomeno riguarda non solo le attività di costruzio-ni (le quali, largamente stimolate da provvedimenti amministrativi, proseguiranno la tendenza espansiva del 1968, registrando, un i,ncremento del prodotto, lordo superiore al 12-13% ai risultati dell'anno scorso) ma anche le ·attività industriali in senso stretto, che nel corso dell'anno realizzeranno incrementi del prodotto lordo dell'ordine dell'8%. Infine, prosegue co·n regolarità l'espansione delle attività terziarie, mentre la Pubblica Amministrazione amplia le proprie attività ad un tasso ,del 3%. In conseguenza dell'andamento ,combinato dei vari settori, il reddito nazionale lo1rdo, misurato a p·rezzi costanti, crescerà nel corso del 1969 nella misura presumibile del 6,8%, con l'incremento più alto che si sia registrato a partire dalla flessione co·ngiunturale del 1964. La Relazio·ne osserva quindi che « ... la diagnosi sulle prospettive dell'economia italiana effettuata ·nel documento previsionale dello scorso anno, appare in larga misura confermata dall'evoluzio,ne economica del 1969 ». E tuttavia tale evoluzione avviene in presenza di alcuni fenomeni che meritano qualche commento. 3. Anzitutto, l'andamento insoddisfacente del mercato del lavoro. L'agricoltura .perderà -nel corso dell'anno oltre 200mila unità lavorative, confermando così la continuità del processo di rapidissimo e drastico ridime·nsioname·nto del carico di manodo-pera nel settore. Le attività terziarie, co·n un·a brusca inversione ,delle tendenze in atto ormai da alcuni anni, p·erderan·no anch'esse, nel co-rso dell'anno, 200mila unità. L'industria - unico settore ad aumentare la propria domanda di lavoro nel corso del 1969 - offrirà invece occupazione ·a 170mila unità di lavoro in più rispetto) al 1968. Tuttavia il settore industriale non è in grado - sulla base degli anda20 Bibliotec Gino Bianco

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