Nord e Sud - anno XVI - n. 116-117 - ago.-set. 1969

/ Argomenti così in percentuale dal 13% all'8% circa del totale della popolazione attiva europea. Un'ulteriore serie di mo·lteplici misure sono previste sia in favore di coloro che restano a lavorare in un'agricoltura ammodernata, sia per quelli che cessano la loro attività di agricoltori, sia, infine, per coloro che pa,ssano• a,d un altro, settore economico. In particolare per questi ultimi, al fine di evitare « un dannoso spopola1nento delle regioni agricole... se non ci sono posti di lavoro disponibili » il documento prevede, quale « condizione in·dispensabile della realizzazione della riforma delle strutture agrarie ..., delle azioni di politica regionale che permettano la creazione di nuovi posti di lavoro ». Da rilevare, inoltre, che uno dei p·rincipi ge11erali, in base ai quali sarà attuato il progetto di riforma, stabilisce che le misure siano a,deguatamente differenziate secondo « la diversità delle situazioni regionali ...t1na delle caratteristicl1e della politica de1'le strutture - contrariamente alla politica dei mercati e dei prezzi - è di poter e dover essere di,stinta ». Il documento ravvisa tre tipi di regioni - industriali, semiagricole ed agricole - ed accenna per ciascuna di esse le misure necessarie che dovranno accompagnare la riforma delle strutture agrarie. « La distinzione ... è evidentemente arbitraria, ma essa permette ... di mostrare che la riforma delle strutture agrarie, per essere effettiva, dovrà essere fortemente differenziata da una regione all'altra, segnatamente per quanto riguarda la creazio11e dei nuovi posti di lavoro ». La fine della « ruralità ». - Dopo quanto si è detto sul problema del Mezzo,giorno - così come si presenta oggi, inquadrato in una politica di programmazio,ne nazionale - e sul progetto di riforma « Agricoltura 80 », ci sembra che un punto fondamentale di tale progetto - che è il legame fra i due argomenti - sia quello che tratta dell'esigenza di creare posti di lavoro extra-agricoli nelle stesse zo,ne ove avviene l'esodo settoriale, o, più generalmente, quello che afferma la necessità di una diversificazione regionale degli interventi nel quadro di una politica di localizzazione degli investimenti. Non è pensabile infatti di po,ter concretamente realizzare il progetto di riforma delle strutture agrarie senza una parallela politica comunitaria che riesca a correggere la « forza d'inerzia » degli investimenti; senza cioè una localizzazione degli investimenti, intesa nella sua acce- . zione più vasta « come problema di assetto territoriale globale dell'intero paese e di ottimizzazione nell'utilizzazione delle risorse delle grandi circoscrizioni del paese che in definitiva - pro1 prio per il carattere glo- • 143 _Bibliotecaginobianco

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