Editoriale polemiche che hanno dimostrato come la Fiat non potesse più sfuggire ormai ai quesiti che da tempo i meridionalisti avevano posto a proposito dei suoi comportamenti; perché si erano configurati i problemi cui abbiamo accennato nelle note della redazione nel numero di maggio (i Comuni che chiedono alla Fiat di partecipare alle spese di urbanizzazione derivanti dall'afflusso di immigrati e la «girata» allo Stato di queste richieste, da parte della Fiat, onde se questa deve partecipare alle spese di urbanizzazione si tratta di veri e propri disincentivi di fatto e se lo Stato accetta la girata della Fiat si tratta di veri e propri incentivi di fatto, a favore di Torino e dintorni); perché, come riferisce Eugenio Scalf ari sull' « Espresso », Agnelli ed il suo staff sono « venuti a Roma cercando di ottenere dal governo gli aiuti necessari per attrezzare Torino di nuove infrastrutture, tali da poter accogliere nel 1969 altri 50 o 60.000 immigrati, e ne sono ripartiti con. la convinzione che Torino e la monocultura automobilistica rischiavano di trasformarsi in una trappola per la Fiat, dopo essere stati per mezzo secolo il suo piedistallo »; perché, questa volta, « gli uomini di governo, socialisti o democristiani, spaventati da Battipaglia e dai cento altri piccoli e grossi vulcani che possono esplodere da un momento .all'altro nel Sud, erano stati fermissimi: se Torino vuole continuare ad espandersi (cioè se la Fiat vuole continuare a crescere a Torino), si paghi da sola l'espansione, lo Stato non darà niente ». Si deve ora ritenere che lo Stato darà qualcosa per le spese di urbanizzazione a Torino e dintorni, che lo Stato accetterà almeno in pàrte la girata di cui dicevamo, e questo perché la Fiat si è finalmente decisa ad impegnarsi nel Mezzogiorno? Può darsi. Comunque sia, quello che a noi ora interessa non riguarda tanto i termini del do ut des tra la Fiat e gli organi della programmazione dal punto di vista delle spese di urbanizzazione derivanti a Torino e dintorni dalle im1nigrazioni che a loro volta derivano dalla insistenza della Fiat di Valletta nel ritenere che tutto si dovesse fare a Torino; a noi interessa ora che gli investimenti preannunciati dalla Fiat nel Mezzogiorno non risultino investhnenti « di compiacenza», che abbiano tempi rapidi (ben più rapidi dell'investimento « di compiacenza» per Termini Imerese), che costituiscano veramente una svolta nella politica aziendale· della Fiat (e di conseguenza . abbiamo effetti, per così dire, imitativi sui comportamenti di altri gruppi privati, grandi e medi); e ci interessa altresì che questo primo risultato della contrattazione programmata (insie1ne con quello onde la Olivett( ha deciso di ampliare lo stabilimento di Pozzuoli e di creare uno stabilimento nuovo nel Casertano) sia tale da far sì che il tutto non abbia a risolversi, come giustamente teme l'on. Moro, in una corretta 4 BibliotecaGmo Bianco
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==