Nord e Sud - anno XVI - n. 113 - maggio 1969

Rivista mensile diretta da Francesco Compagna Antonio Rao, L'area attrezzata - Mario Pendinelli, I nemici di Mansholt - Ugo Leone, La battaglia del!' acqua - Giuseppe Di Vagno, L'esperienza siciliana Nino Novacco, La localizzazione degli investimenti e scritti di Girolamo Cotroneo, Antonio Duva, Massimo Galluppi, Aldo Garosci, Antonio Jannazzo, Antonio Nitto, Carlo Perone Pacifico, Piero Trupia. ANNO XVI - NUOVA SERIE - MAGGIO 1969 - N. 113 (174) EDIZIONI SCIENTIFICHE ITALIANE - NAPOLI Bibliotecaginobianco '

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SOMMARIO Anto,nio Rao Mario Pendinelli Ugo Leo1 ne Giro.lama Cotro 1 neo Piero, Trupia Anto1 nio J annazzo Antonio· Nitto Editoriale [3 J L'area attrezzata [7] I nemici di Mansrzolt [24 J La battaglia dell'acqua [31] Note della Redazione Ora o mai più - Dopo Battipaglia - Sviluppo, nari assistenza [ 43] Giornale a più voci La sovrastruttura contestata [51] La ricerca scienLifica e il Mezzogiorno [55] Politica o filosofia d'ella storia? [ 61 J La é'EE e le colpe della lentocrazia [63] Inchieste Antonio Duva Sitllo, ,4vellino e la D.C'. [ 68 J Argomenti Carlo Perone Pacifico Pian,i zonali: con1e [77] Frontiere Massimo Galluppi Gli anrzi di 1Vixon [87] Documenti Giuseppe Di Vagno L'esperierzza siciliana [97] Nino Novacco La localizzazione degli investi1nenti [107] Lettere al Direttore Aldo Garo-sci La riforn1a universitaria [ 122] Bibiiotecaginobianco

Editoriale Si è fi11almente sbloccata una situazione che condannava l'Europa all'immobilità, e quindi alla decadenza, all'emarginazione, alla balcanizzazione. E non c'è dubbio che il ritiro di De Gaulle sia uno di quegli avvenimeriti che chiude un periodo e ne apre un altro: non soltanto per la Francia. Nel momento in cui scriviamo è n,aturalrnente troppo presto per forrnulare previsioni; non tutti i dati sulla lotta di successione sono noti, le incognite politiche e la stessa interpretazione del voto francese del 27 aprile invitano alla cautela. È comunque più che lecito formulçire l'aitgurio che - così come fu un giorno molto infausto per l'Europa quello del 1958, il giorno dell'avvento di De Gaulle - sia un giorno altrettanto fausto per l'Europa quello del ritiro di De Gaulle, il giorno del referendum co11clusosi con una maggioranza di no alle riforme clte De Gaulle volev,a imporre, pii, che proporre, e pertanto di no alla contiriuaziotze di un regime fondata su un potere personale sempre più « arrogante ». Certo, ha ragione « Combat »: a determinare la sconfitta di De Gaulle nel ref erendz,tm del 27 aprile sono stati gli stessi elettori « che permisero al regime di durare così a lungo »; e in particolare « la disfatta del gollismo è dovuta a coloro che nel giugno del 1968 fecero il suo trionfo ». E del resto giustamente Servan Schreiber aveva scritto sit « l'Exprèss », la settimana precedente alla domenica del referendum, che se i no devono prevalere, è chiaro che non possono prevalere se non sommandosi a qitei sì - « tous frais » - di giugno che siano disposti appunt,o a trasformarsi in un congruo numero di no. Ma con1'è potuto avvenire che in meno di un anno si modificasse l'orientan1ento del corpo elettorale a tal punto che dalla maggioranza che aveva decretato un trionfo del gollis1no si potesse passare ad una maggioranza che ha congedato De Gaulle? C'è contraddizione fra l'orientamento di fondo che aveva dato luogo al voto del giugn.o '68 e quello che ha dato luogo al voto dell'aprile 1969? O non si tratta dello stesso orientamento di fonda, l'orientamento di elettori alla ricerca della tranquillità e della sicurezza? · Noi propendiamo a interpretare il voto del referendum francese proprio in questo sen~o; e cioè, nel giu,gno del 1968, gli elettori, spaventati dalle giornate di maggio, votarono per i gollisti, malgrado che 3 Bibiiqtecaginobianco

Editoriale molti di essi f assero consapevoli ormai del fatto che De Gaulle, l'uomo dei continui colpi di scena special1nente nella politica internazionale (si pensi non soltanto ai « dispetti » nei confronti degli Stati Uniti ed ai veti nei confronti dell'adesione i11glese al MEC, mçi anche all'ostilità nei confronti di I sr.aele - per non parlare delle arteriosclerotiche esibizioni per soffiare sul fuoco dei contrasti fra canadesi francofoni e canadesi anglofoni - e soprattutto all'astratto disegno dell'Europa « dall'Atlantico agli Urali»), 110n poteva assicilrare una tran.quillità ed una sicurezza sul piano della politica interna che 110n fossero accompagnate da arriscJziate sortite sul piano della politica estera, che non avessero come alto costo politico l'isolan1e11to della Francia e la decadenza dell'Europa in conseguenza dell'isolamento della Francia. Quando poi si pensi che l'artefice principale della 11ittoria gollista alle elezioni del giugno 1968, non fit De Gaulle, ma Pompidou, e che, dopo il giugno 1968, De Gaulle ha n1esso da parte proprio Pompidou, si può ben compre11dere co,ne e perché molti degli elettori che allora votarono per il gollismo, come garanzia contro il caos, abbiano ora detto no a De Gaulle: sia percJzé si è dissolta l'alternativa fra De Gaulle ed il caos, sia percl1é si è intilito che altri, più e meglio di De Gaulle, possono garantire la trariquillità e la sicurezza. Sono stati, dunque, gli elettori moderati a voltare le spalle a De Gaulle, a congedare De Gaulle. E il documento del PCI, che attribuisce la sconfitta di De Gaulle alla « lunga battaglia delle masse operaie », così come il telegramma di Longo a Waldeck Rochet, cl1e attribuisce al PCF - con1e avangitardia nella lotta contro il Patto atlantico, espressione in Europa dell'« i1nperialis1no americano » - il rnerito d'i aver dato il « contributo essenziale » alla liqitidazione del potere personale di De Gaulle, sono tanto più rituali in quanto risulta questa volta evidente che, a formare una maggioranza contro De Gaulle, hanno contribuito tutti quegli elettori per i quali era gr.ave fonte di preoccupazione il fatto che si potesse dire, come si era detto e ripetuto: «il Cremlino è gollista ». Resta vero, d'altra parte, cJze, per quanto il Cremlino fosse gollista, gli elettori oornunisti in Fra11cia non potevano votare che no ed il PCF no-n poteva suggerire di votare sì; e resta vero quindi che la maggioranza d'ei no si è formata con la somma degli elettori di sinistra, tradizionalmente antigollisti, comunisti compresi, e degli elettori diventati antigollisti perché De Gaitlle era avviato più che mai ed irrimediabilmente ed inconfondibil1nente ad oltrepassare i limiti entro i quali tali elettori considerano garantita la tra11quillità e la sicurezza. Le consegitenze della fine del potere personale di De Gaulle sono 4 Bibliotecaginobianco

Editoriale prevedibili solo nelle graridi linee; ma è ragionevole ritenere che, per quanto riguarda l'atteggiame11.to della Francia nella politica internazionale, esse saranno tali da noti coincidere con le aspirazioni ufficiali dei comunisti e dell'Unione Sovietica. In pri1no luogo, perderà inevitabilmente e progressivamente il suo impulso la tendenza della Francia a porsi velleitariamente con1e terza forza ri.azional-neutralista tra i due blocchi; in secondo luogo si attenuerà lo stizzoso antieuropeismo di Parigi e l'ostilità manifestata finora nei confronti della buona disp·osizione inglese ad entrare 11ellE' uropa; in terzo lito go saranno lasciate cadere le spregitldicate iniziative filo-arabe ed anti-israeliane del governo francese. Non è poco. E quanto ai tempi di maturazione delle prevedibili conseguenze del ritiro di De Gaulle sugli orientamenti di politica estera della Francia, quanto all'ampiezza ed alla consistenza dei mutamenti prevedibili ed auspicabili, tutto dipende dalla lotta per la successione, dagli schieramenti politici che si formeranno ai fini di questa lotta, dato che, ovviamente, gli scl1eran1enti dei sì e dei no del 27 aprile potevano valere per confermare o congedare De Gaitlle, ma non p·ossono valere per scegliere il successore di De Gaulle. Comunque sia, il proble1na dei nuovi schieran1enti politici è aperto irz Francia e si tratta di un proble1na che ha indubbian1ente una grande portata europea. Potrebbe prevalere, per esempio, una soluzione di tipo tradiziionale, sulla quale certame11t e punteranno i comunisti: l'unità delle sinistre, dall'ala sinistra dei radicali, attraverso i soliti Mitterrand, Mollet, Mendès France, ai comit11isti, appu,nto. Ma una soluzione del genere spingerebbe a votare per il gollismo senza De Gaulle tutti gli elettori che hanno votato per De Gaulle nel giugn,o 1968 e contro De Gaulle nell'aprile del 1969; ed il progra1n11ia di z1no schieramento unitario delle sinistre non potrebbe essere che neutro in politica estera, convenzion,ale i11 politica interna, anacrortistico o g·enerico in politica economica e sociale, comunque privo di una formitla capace di orientare e magari polarizzare una maggioranza; e sia pure una maggioranza non per l'oggi, 1na per il domani. Questa formula non può essere che quella dell'iniziativa europeista, del rilancio dell'europeismo, del ritorno della Francia alla politica europeista di Schuman e di Mon11et, del raccordo della Francia con la politica europeista di Nenni, Wilson, Mansholt (ai cui nomi potrebbe assai degn.amente aggiitngersi quello di Deff erre), dell'aspirazione della Francia ad assumere un ruolo nuovo nell'Europa e per l'Europa. Quali forze possono raccogliersi intorno a questa formula? Non sappiamo. Tra l'altro, ha ben detto il sen. Cifarelli all'indomani del ritiro di De Gaulle: « ora arriva il momento della verità per coloro che nei sei paesi hanno proclamato la loro volontà europeista e di5 Bibliotecaginobianco

Editoriale chiarato di non poter marciare innanzi a causa della politica gollista ». Ma è certo che l'unità delle sirzist re sarebbe la solita « palude », mentre lo schieramento unitario delle forze eitropeiste potrebbe essere la « montagna», se ci è consentito un parallelo oratorio con le dislocazioni delle forze politiche nell'assemblea della Grande Rivoluzione. Anche quella dell'europeismo è iu1a Grande Rivoluzione: De Gaulle ha fatto perdere all'Europa del tempo prezioso, ma c'è chi non lza mai rinunziato a sognare qitesta rivoluzione del nostro secolo, a diffond·ere questa ideaforza del nostro tempo: itna certa idea dell'Eitropa ... 6 Bibliotecaginobianco

L'area attrezzata di Antonio Rao 1. « Se un uon10 è s~anco di Londra, e stanco della vita, percl1é a Londra c'è tutto quelfo, che la vita può offrire ». Così il Dottor Samuel Johnson, il celebre erudito inglese del settecento. A quasi due secoli di distanza, la reputazione delle metropoli appare ormai piuttosto co•mpron1essa, ma questo non ha indebolito la loro forza d'attrazi,one. Una quota spro·porzionatamente grande della popolazione, delle rjcchezze, delle attività, delle persone di successo, del potere e del prestigio, esistenti ne1 lle soci.eta sviluppate, continua a raccogliersi in un numero rnolto limitato di grandi concentrazioni urbane. È mutato naturalmente il mo1do in cui l'influenza della grande città si manifesta. Le novità più interessanti, dal nostro punto di vista, sono essenzialmente due. La prima riguarda l'eccezionale importanza assunta dalle attività fondate quasi esc1 lusivame11te sulle capacità intellettuali: dalla direzione di societa commerciali o in,dustriali o finanzjarie, al,le consulenze contabili, legali e amministrative, alla pubblicità, all'industria dell'inforn1azio,ne (r~dazioni di rjviste, di gio,rnali, stazio·ni radio e televisive), alla ricerca scie11tifica, alla produzione artistica. Mentre molti rami dell'i11dustria n1.ani-- fatturiera tendevano a decentrarsi e mentre molte famiglie del ceto medio si trasferivano in residenze suburbane, i servizi specializzati ha11no ~o•ntinuato negli anni più recenti a raggrupparsi al centro delle metro,poli. Oggi, come scrive Peter Hall, « il centro degli affari può essere considerato una macchina specializzata nella produzione, nella lavorazione e nel commercio d.ell'intelligenza, e di tutti i prodotti l'intelligenza è quello che richiede i piu alti costi di trasporto » 1 • La seconda no,vità riguarda il fatto che i vantaggi di localizzazione, che una volta esistevano solo all'interno delle agglomerazioni, o,ggi p,ossono essere goduti, grazie ai progre 1ssi nelle comunicazioni, in aree relativamente vaste gravitanti sui maggiori centri. 1 PETER HALL,. Le città 1nondiali, Il Saggìatore 1966, p. 239. 7 Bibiiotecag inobianco

Antonio Rao Le attività specializzate e i centri di decisio,ne co·ncentrati nella metro·po,li, pur a~end•o un raggio d'influenza quasi sempre nazionale, ta!lvo1ta internazio,n·ale, rap·presentano· ,al tempo stesso un complesso formidabi'1e di economie este·rn,e per qu·alun.que attività svolta nelle loro vicinanze. Questo può spiegare perché, malgrado l'evoluzio·ne tecnologica avvenuta nelle fo,nti d'en·ergia, n,ei processi di produzione e nei tiras·porti, i più antichi -distretti d'indu•strializzazio,ne co·ntinuano a·d accentrare ,la maggio,r ·parte delle attività manifatturiere, e perché le aree immediat,amente contigue a tali distretti tendo·no a svilupparsi più rapidamente di quelle più lo11tane. E n·ello• stesso tempo può pe·rmettere di capìre perché, nonostante la forte tendenza alla meccanizzazio,ne e all'auto,mazione degli impia•nti industriali, n.o,nostante il dilatarsi dei mercati e l'abbassarsi dei co'sti di trasporto, la grande impresa non abbia sop.piantato del tutto le aziend,e medie e piccole. ln effetti, gl'impren,ditori che o,perano in una regione urbana altamente svilupp·ata si trovano a go•dere di un·a serie di vantaggi in un certo senso analo,ghi a quelli che si godon,o, grazie alle eco,nomie di scala, nella gra·nde impresa. Qualora abbia bisogno d'inform.azio,ni s.ull'·andamento di questo o quel merc~to dei prodotti o delle materie prime, su un aspetto delicato 1della legislazione sui brevetti, sull'impostazione di una camp,agna pubblicitaria, su probilemi ,di fin·anzia• mento, su p•ro,blemi di contabilità, sul terreno ch·e gli occorre per un nu·o1 vo impianto, sulla legislazio,ne a favore del suo tipo d'industria, il piocolo o medio imprenditore non deve fare altro ch,e recarsi nel ce,ntro degli affari, dove tro,verà centinaia di agenzie e di professionisti specializzati, f.eli,ci di collaborare. N·el caso che il nostro in-dustriale p•roduca per un m,ercato costituito da a1 ltre industrie, è probabile eh.e i suoi clienti risiedano nell'area. S.e pro,duce per il mercato dei co,nsumatori, gli sarà senz'altro utile tenersi in contatto con la met,ropoli, s·ensibilissimo sismografo che registra le variazioni sotterranee .del gusto e della moda e le trasfo,rma tempestivament,e in nu,o,vi biso,gni e in nuovi ,consumi. A qu·esti biso•gna aggiun,gere i vantaggi che deriva·no dalla co.ncen trazione geo,grafica di aziende operanti nello stesso ramo o in rami simili. T'ale co,noentrazione con·sente, infatti, l'orga.nizzazione di ap,provvigio·namenti e ,di servizi g·en·erali e commerciali comuni alla oategoria industriale, e dà luogo ad economie ne1l'ac·quisto delle materie prime .e nella v,endita dei prodotti, ad e·co.nomie nei servizi co·mplementari (riparazio,ni, manutenzion-e, .pro,duzione di 8 Bibiiotecaginobianco

L>area attrezzata attrezzi), ad economie, infine, « derivanti dalla specializzazio,ne dei proc·essi in,dustriali, ·che possono realizzarsi negli scambi tra impiantj medi e piccoli ubicati nella stessa zona, anziché nell'ambito di singoli grandi impianti integrati » 2 • Questo complesso di economie di agglomerazio,ne 3 è essenziale per la sop,ravvivenza delle medie e piccole imprese. F11ori dell'ambiente che permette loro di ottenere a condizioni convenienti la vasta gamma di prodotti e di servizi necessari per una regolare ed efficiente produzione, tali in1prese sarebbero ,destinate al fallimento. E questo può far capire perché tale categoria d'aziende è tanto restìa ad abba·ndon·are le zone di maggiore concentrazione, e perché le aziende medie e piccole esistenti al di fuori di tali zone sono cosi . . . spesso 1n cr1s1. È probabile che i fattori agglomerativi fin qui descritti abbiano svolto u·n ruolo importante nella distribuzione geografica •dello sviluppo in1dustriale italiano. È noto come le zone che hanno registrato la più rapida crescita negli anni del boom siano alcune province venete, emiliane, lombarde e toscane, e come l'ampiezza prevalente d•elle nuove aziende nate in tale area sia picco,la o media. L'influenza esercitata dalla concentrazione industriale del Nord-Ovest si può dedurre dai caratteristici allineamenti dei comuni industrializzati del Veneto, dell'Emilia e della Toscana, lungo gli assi che si dipartono dal'1a Padania occidentale: lungo l'asse tra v.erona, Vicenza, Padovélr Venezia, Trieste, nel Veneto; l'asse Milano-Bologna-Rimini (ma un certo sviluppo s'incontra anche nel quadrilatero ParmaMantova-Ferrara-Bologna e nell'area compresa tra la via Emilia e Ravenna), in Emilia-Romagna; allo sbocco delle comunicazioni provenienti dal Nord, in Toscana 4. 2 LUIGI BRUNI, Aspetti strutturali delle industrie italiane, 1961, p. 58. 3 Riassumendo e integrando quanto già detto, le economie di agglomerazione possono suddividersi in economie; a) di scala, che dipendono dal volume complessivo raggiunto da una data attività; b) di localizzazione, dovute alla concentrazione in uno stesso sito di stabilimenti che svolgono attività sin1ilari; e) di urbanizzazione, che nascono quando attività diverse vengono esercitate in una stessa area. Spesso queste ultime economie sono strettamente collegate a processi di sviluppo regionale e possono essere propriamente designate come economie di urbanizzazione-regionalizzazione. Esistono naturalmente anche diseconomie di agglomerazione, come i crescenti costi dei suoli, la congestione del traffico automobilistico, etc. Ma tali diseconomie, che colpiscono in genere punti limitati del territorio, difficilmente bllanciano le economie di agglomerazione per la regione nel suo complesso. Cfr. W. IsARD, Methods of Regional Analysis: an Introduction to Regional Science. M.I.T. 1960, pp. 404-405; 526-527; 678. 4 Cfr. CALOGERMOuscARÀ, La geografia dello sviluppo, Milano 1967, pp. 123-130. 9 Bibli9tecaginobianco

Antonio Rao E si può ,dedurre anche dal fatto che si tratta prevalentemente di industrie leggere, di mo,ntaggio, che producono per il merca,to di consunJo e ch,e utilizzano b•eni intermedi prodotti nell'area nordoccidentale piuttosto che i semilavorati prodotti dalle industrie di base lo,cali (siderurgia a Marghera, a Piombino, ·petrolchimica a Ravenna) 5 • Può essere interessante notare che tale espansio,ne l1a dovuto poco o nulla al trasferimento d'impianti p-reesistenti in Piemonte o in Lombardia o alla cre·azione di filiali di imprese ubicate ne,lle stesse regioni. Si è trattato dunque di una fioritura di imprenditori locali, speso ex artigiani o ex operai specializzati: ed è difficile pensare che talie pro1iferazione non sia stata favorita dalla vicinanza dell'are·a milanese, de1'la sua« atmosfera indu 1striale », d-el suo ambiente particolarmente pro·pizio· alle inno•vazioni e allo· spirito d'iniziativa; propagandosi poi tramite meccanismi psicologici di emulazione e di imitazio·ne (il •che spi,ega an'che certe curiose fo,r1ne di specializzazio-ne geografi·ca dell'in,dustria: ne1 Bresciano c'è un'intera valle, la Val Trompia, in cui tutti o quasi, fabbricano armi da fuo,co; in Brianza, tutti fa,nno· mobili; nel Carpi,giano, maglieria; etc.). Vengono alla mente le parole di Alfred Marshall: « The mysteries of th,e trade ... are as it were in the air, and children may learn them unconsciously » 6 • 2. I... e considerazi.oni precedenti possono aiutare a comprendere le ragioni dello scarso su·ccesso della po1itica d'ir11dustrializzazione del Mezzo•gio,rno•,rispetto all'o1 biettivo· di realizzare una solida trama di imprese medie e pic,cole, collegate ai grandi complessi di base ubicati nell'area e saldamente integrate nell'economia lo,cale, Tale politica si è concretizzata, com'è ben noto, in un vo1um·e notevole d'investimenti in capitale fisso sociale', in un insieme di agevolazioni creditizie, tariffarie e fiscali .agli impren.ditori, in attività di a·ssistenza te·cnica .e di formazione rivo.lte a quadri amministrativi e imprenditoriali del Mezzogiorno e in un ammontare cospicuo d'investime·nti da p·arte dell'industria a partecipazione statale. Questo complesso di provvedimenti, co,me è ormai generalmente riconosciuto, no·n ha alterato in mo-do incisivo le tendenze di localizzazione in,dustriale che si andavano spo-ntaneamente manifestando s jbidem. 6 << È come se l'aria stessa fosse impregnata dei misteri del commercio, e i ban1bini potessero apprenderli senza rendersene conto ». 10 Bibiiotecaginobianco ' .

L'area attrezzata nel mercato. Gli stabilimenti maggiori che si sono ubicati nel Mezzogiorno sono per lo più grandi impianti capaci di organizzare autonomamente i servizi di cui hanno biso1gno e quindi tali da e·ssere relativamente indipendenti dall'ambiente esterno. Per questo motivo gli eff.etti di comple1nentarietà provocati da tali investimenti sono stati molto modesti e hanno per lo piu riguardato (come, ad es·e'm.pio, nel caso di Siracusa) aziende provenienti dal1' ester110, non essen•dovi imprenditori locali dota ti dell'esperienza necessaria a dar vita a unità operative dotate ,delle dimensioni economiche minime richieste. È noto inoltre che le industrie che esercitano i maggiori stimoli sugli altri settori pro,duttivi son,o quelle che utilizzano grandi quantità di beni e servizi pro 1do,tti da tali ·altri settori, cioè quelle che rapprese·ntano un mer,cato p,er le altre attività economiche (come, per esempio, l'indu,stria automobilistica), mentre i gra.ndi stabilim-enti che si sono localizzati nel Mezzogiorno sono stati (con l'eccezione, ovviamente, dell'A1fa'Sud) industrie di base, cioè industrie ch,e si collocano nelle prime fasi ,di trasformazione delle materie prime e non hanno molti « effetti di collegamento all'indietro » da esercitare. Tali effetti di collegamento avrebbero dovuto essere rafforzati e moltiplicati me1 diante l'istituto dell'area ind11striale, creato dalla legge 29 luglio 1957, n. 634, al quale sono stati affiancati, a bre,re distanza di tempo, i cosiddetti nuclei di svilup,po industriale. Si trattava di individu·are e delimitare determinate aree, nel cui ambito predisporre particolari condizioni giuridico-amministrativ·e ed ambientali atte a favorirvi l'impianto e l'esercizio di attività industriali. Molto si è detto e scritto sugli ostaco.Ji che si sono incontrati nell'attuazione di tale po1 litica, e non è il caso di aggiL1ngervi altro in questa sede. Vogliamo ricord.are soltanto che, quanto a effettiva capacit-- di aumentare la forza d'attrazione delle località in cui è stata istituita, l'area di sviluppo in,dustriale si è dimostrata anche meno effic·ace del vecchio strumento della « zona industriale » di cui avrebbe dovuto rappresentare il super,amento. Né son,o stati raggiunti risultati maggiori per quanto riguarda il co,ordinamento tra politica d'in•dustrializzazio·ne ,e politica di civile e ordinata urbanizzazione del territo·rio, sia per l'insufficienza, in numerosi oasi, dei piani regolatori territoriali delle aree e ,dei nuclei, sia per la mancanza di meccanismi istituzio,nali adeguati che garantissero la loro ese- . cuz1one. 11 Bibliqtecaginobianco

Antonio Rao Nullo è stato, infine, il contributo di tale strumento al coii1solidamento e all'espansione delle piccole e medie imprese locali, come prova l'e,catombe di ·aziende op,eranti in settori tradizionali, verificatasi negli ultimi anni. Le tendenze spontanee ,di lo·calizzazione ·in,dustriale manifestatesi nel nostro pa·ese sono state dunque, come dicevamo, po•chissimo influenzate dalle varie .form-e d'incentiv-azione diretta e indiretta a favo·re del Mezzogiorno. I rari casi di unità di medie dimensio,ni nate nel Sud ha,nno riguardato filia1 li o branche d'imprese già esistenti, aventi lo stabilim·ento p·rincipale in altre regio·ni o all'estero, piuttosto che investimenti di so-cietà di nuova formazione (a meno di non voler pre·ndere in ,considerazione an·che le molte aziende rapidamente fallite). E questi rari casi si sono spesso verificati so1o· grazie al,l'apporto di capitale di rischio e di capacità tecnica da ·parte di so,cietà finanziarie a partecipazione pubblica. Questa circo·sta·nza ci porta al cuore del problema. A ,p·arità di dim-ensione o di ramo d'attività, i fattori di lo·calizzazione variano a seco,n-da che si tratti di un impianto esistente che deve trasferirsi, o di un nuovo impianto di un'impresa che già esiste, o· de-ll'investimento di una impresa che è stata appena cre·ata. Inoltre, variano secon1do che si tratti ,di aziende individuali (o familiari) o di società, e secondo il soggetto ,cui è affid·ata la direzione effettiva de1 ll' azien,da.· I p·rimi impianti di imprese appena costituite sono generalmente piccoli, dipendono all'inizio da un mercato locale o regionale e sono ubicate dove il fondatore e i suoi eventuali asso-ciati . VlVO,nO. Se è raro che una impresa già affermata co,nduca un'indagine scrupolosa per decidere quale possa essere la localizzazione ottima dj un suo nuovo stabilimento, è rarissimo, se non impo,ssibi 1 le, nel caso d'i.mprenditori che entrano per la prima volta nell'attività in,dt1strjale. Molte piccole aziende sop,ravvivono malgrado un'ubicazione sbagliata grazie a sacrifici n-ei profitti, alcune cresco·no· e correggono l'errore iniziale, e molte fal1 li,scono 7 • Se si tiene co,nto anche di quest'el,emento soggettivo, oltre che dei vantaggi o·biettivi esistenti nelle maggiori co·ncentrazioni urbanoindustriali, si co'mp•ren,de che, in tutti i casi in cui lo sviluppo industriale è imperniato in larga misura su piccole unità realizzate 7 U.S. Department of Commerce, Industria[ Location as a Factor in Regional Economie Develop1nent, 1967, pp. 11-13. 12 Bibiiotecaginobianco

L'area attrezzata da nuovi imprenditori, come sembra essere avvenuto in prevalenza nelle regioni italiane in m·aggiore esip,ansione 8 , lo spazio di manovra di una politica di redi 1stribuzione geografica dello sviluppo non è molto. Specialmente, poi, quando i nuovi investimenti, come sta avvenendo in Italia da qualche anno, riguar.dano molto più l'ampliamento e l'ulteriore m-eccanizzazione degli impianti esistenti che non la creazio-ne di nuovi stabilimenti. In conclusione, un prog-ramma di sviluppo della media e piccola industria nel Mezzogiorno sarebbe so1 ggetto ai vincoli derivanti dalla scarsa consistenza complessiva della classe d'ampiezz.~ delle· medie imprese manifatturiere nel nostro paese e dalla scarsa mobilità geografica ,delle piccole aziende esistenti nelle regioni più sviluppate. Pertanto, mentre occorrerà escogitare misure che possano aumentare il grado d'attrazio·ne del Mezzogiorn•o sugli imprenditori di alt,re regioni, misure che, per le ragioni ora vi,ste, possono avere più su•ccesso nel .caso -di branche o filiali d'imprese già esistenti che nel caso dell'insediamento di nuovi impianti o del trasferimento di veochi impianti, saranno anche necessarie iniziative che favo1 riscano la formazione d'i,mprenditori Io,cali, col duplice vantaggio ,di allargare la b-ase industriale dell'intero paese e di mettere in moto un processo di sviluppo di origine locale. 3. Non ci nascondiamo che il pro,blema è molto complesso. Le m.edie e piocole im·prese possono essere vitali, co-me abbiamo visto, solo grazie a un intricato sistema d'interdipendenze: reciproche, con le grandi aziende, con le attività di servizio, co•n l'ambiente urbano nel suo complesso. Presa alla lettera, questa constatazione sembra con1durci in un vicolo cieco. Come potrebbe essere ·possibile realizzare un ·pareggiamento delle condizioni ambientali di una regio,ne arretrata rispetto a una regione avanzata, se non -con lo sviluppo econo,mico stesso (o con agevolazio•ni tali da creare inaccettabili situazioni di rendita)? Per uscirne, ritorna di tanto in tanto, in edizioni o·gni volta 8 Una ricerca sui fattori di localizzazione dell'industria lombarda giunge .alla conclusione che: 1) la maggioranza delle aziende sono individL1ali, o familiari, e sono controllate dal fondatore o dai discendenti del fondatore; 2) le scelte ubicazionali appaiono tradizionalmente legate, in forte misura, a fattori personali (località di residenza del fondatore). Cfr. BRUNO PAGANI, Fattori di localizzaz.ione e di dinamica nell'industria lo1nbarda, Milano, 1966. 13 Bibliotecaginobianco

Antonio Rao aggiornate, il suggeri1nento ,di realizzare simultaneamente un complesso di attività tra lo•ro collegate, le quali, fornendosi un appoggio reciproco, riescano 1 a dar luogo al sistema di eco,nomie esterne di cui ciascuna di esse ha bisogno. Ma questa. impo,stazione, da un lato non tiene •conto d·ell'incapacità dei pubblici poteri ,di raggiungere il livello organizzativo che un pro,gramma del genere presu·ppone; dall'altro lato ,dimentica i legami eh-e congiungo•no le· industrie picco1e e medie, non solo alle altre attività industriali, ma anche al co•mplicato ·sistema di servizi ·specializzati esistenti nella società urban·a avanzata. A voler essere conseguenti, bisognerebb·e pro.porsi di ripro,durre nell'area sottosvilup·pata esattamente le stesse condizioni esistenti nell'area avanzata. Ma questo è un paradosso, poiché il sottosviluppo è pro,prio il problema ,che vogliamo risolvere. Sembra più reali,stico pensare a forme ,di intervento che, pur s•enza pretendere ·di garantire tutte le economie di agglo,merazione esistenti nelle .concentrazioni industriali, possano offrire una -contropartita soddisfacente, essen,do, al tempo stesso realizzabili. Sarebbe il ca.so, prima di tutto, com'è stato suggerito al recente convegno sui nuovi obiettivi •della politica meridionalista, organizzato a Bari dalla Fiera del Levante, di utilizzare in modo più ampio ed efficace alcuni ,degli incentivi che la le·gi,slazione per il Mezzo.giorno già 1 prevede. Conced-endo, per esempio, più celermente i contributi a fondo per.duto a carico -della Cassa, i qua-li, se assegnati tempestivamente, e non a qualche anno dall'installazione, come sembra che oggi avvenga, potrebbero alleviare sensibilme·nte le spese di avviamento degli impianti. Dan,do 'inoltre piena applicazione all'insieme di agevolazioni isulle tariffe di trasporto, pre·viste dalla legge, ma ancora inoperanti per la m·ancata rego-lamentazione delle tariffe. Applican,do, an-cora, in modo· meno re·strittivo, le no,rme sulle esenzioni fiscali decennali dall'impo·sta di ricchezza mobile e dall'imposta delle so•cietà, che sono tra i pochi incentivi specificamente rivoltj a ridurre i costi d'esercizio. Analogamente, è necessario stu-diare so1luzione tecniche e organizzative che, n•e1l'ambito degli istituti esistenti, re·ndano più efficace l'intervento pub,b1ico sia 11el campo delle infrastrutture specifiche al servizio degli insediamenti industriali, che nel campo dell'assistenza tecnica alla piccola impresa. 4. A questo proposito sarebbe o-pportuno riprende·re ed approfo11dire un con,cetto di area in,dustriale che, pur essendo tutt'altro 14 Bibliotecaginobianco

L'area attrezzata che nuovo e pur essendo stato teoricamente incorporato n·ella definizione di ·area industriale offerta dalla legge n. 634, può risultare ancora utile o quanto meno meritevole ,di un riesam·e. Ci riferiamo al ,concetto di area attrezzata per l'insediamento indu·striale (industria[ estate, p,er gli inglesi; industrial park, per gli ameriicani; domaine industriel, per i francesi). Con tale espressione intendiamo un tratto di terreno specializzato per l'installazione di im,pianti industriali, dotato d'immo,bili ,da concedere in fitto alle aziende, nonché di attrezzature specifi,che al servizio degli utenti dell'area. Si tratta evidentemente di qualcosa ,di molto diverso• sia dalle zone ·riservate ad u·si indu·striali dai piani regolatori comun·ali, sia dagli agglomerati delle aree e nu-clei in,dustriali, ir1 cui non risulta che sia mai avvenuto quanto è indicato nella definizione precedente 9 • Di aree industriali attrezzate ne esistono sia nei paesi sviluppati che in quelli in via di sviluppo. Nei primi, come negli Stati Uniti, esse so-no 11tilizzate soprattutto come strumento di pianificazione territori 1 ale, per il decentramento •delle grandi agglom·erazioni urbane congestionate. Nei ,secondi, esse sono prima di tutto uno strumento di svilupp·o in1dustriale, e quindi il loro sco,po è prevalentemente quello· di favorire la nascita di nuove iniziative imprenditoriali nonché il rafforzamento e l'espansione delle pie-cole imprese esistenti. Non mancano i paesi, come la Gran Bretagna, i11cui sono presenti entrambi gli scopi: sviluppo delle aree depresse, decongestionamento delle zone metropolitane. Anche ne1 Mezzogiorno, le aree attrezzate potrebbero essere, oltre che uno strumento di svil11ppo industriale, un'arma efficace per realizzar,e un assetto equilibrato del territorio. Quest'ultimo aspetto, com'è ormai generalmente ammesso, è tutt'altro che irrilevante ai fini della politica di sviluppo. Un ambiente urbano o,rdinato, gradevole e ben dotato ,di servizi può rivestire un'importanza note·vole come fattore di localizzazione di certi tipi di attività. Ma tale condi9 È bene sottolineare che nulla impedisce in linea di principio che possa avvenire. Rientrano infatti nella competenza dei Consorzi delle aree e nuclei di sviluppo industriale, oltre alla elaborazione dei piani regolatori territoriali, alla esecuzione delle infrastrutture specifiche (canali di raccolta, spese di consolidamento e di sistemazione del terreno, etc.; strade di ~enetrazione nell'agglomerato; opere di allacciamento e distrib,uzione idrica; fognature; reti di distribuzione di energia; opere portuali; allacciamenti telefonici, e così via), anche la costruzione di rustici industriali, da vendere o cedere in fitto, e di varie attrezzature d'interesse generale, nonché attività di promozione e di coordinamento. Ma raramente si è vista una contraddizione più clamorosa tra disposizioni legislative (legge 29 luglio 1957, n. 634; legge 26 giugno 1965, n. 717) e loro attuazione! 15 Bibii~tecaginobianco

Antonio Rao zione è ben lontan·a dall'·essere realizzata so•prattutto in quelle zone del Mezzogiorno che presentano· le maggiori po·ssibilità di espansione, vale a dire nelle cosidd.ette « aree di svilup-po glob·ale », e particolarmente in quelle del Mezzogiorno co·ntin~ntale. In tutti i casi in cui un·a situazione di congestione si sovrappone a,d una con .. dizione di arretratezz·a e·cono,mica, i divieti e i vin,coli servo·no poco, e possono compo 1 rtare 11 -rischio di scoraggiare ulteriormente le già languenti iniziative impren.dito,riali. Di gran lunga preferibili sem-- brano piuttosto gli interventi che possono creare negli O•peratori economici un interesse con,creto ad una determinata localizzazione territoriale. Tale sarebbe ap1 p·unto la realizzazione di un'area attrezzata, ubicata in posizion.e strategica rispetto alle grandi vie di comu·ni-- cazione, .dotata di vari servizi specializzati, caratterizzata al suo interno da un'organizzazione urbanistic 1a particolarmente efficiente e gradevole, grazie ad una progettazione unitaria concepita spe,cificamen1te in funzione dei bisogni degli utenti. Ancora maggiore il co-ntributo diretto che l'area attrezzata può dare allo sviluppo industriale. Essa infatti ,dà modo: a) di centralizzare e di razionalizzare l'assistenza tecnica, finanziaria e commerciale, alle piccole. imprese; b) di facilitare gli scambi reci 1 proci e la r·eciproca fornitura di servizi tra le piccole imprese, con costo del trasporto quasi nullo; e) di attirare o di creare servizi specializzati, quali servizi di consulenza tecnico-ingegneristica, servizi di riparazio,ne e manutenzion,e degli impi·anti, una sezione per il cpntrollo della qualità, nonché uffici di assistenza co1 ntabile e di consulenz.a su problemi di gestione e di marketing. In particolare potrebbe essere possibile creare d·ei centri per la commercializzazione dei prodotti delle piccole imprese; d) di realizzare attrezzature com1 plementari, come magazzini, men·se, centri medico-sanitari, sale di lettura, impianti sportivi, servizi antincendi e di custo.dia comuni, etc. e) di coprire, attraverso l'affitto industriale, la deficienza di capitale di rischio de1 pic·colo o medio impren-dito 1 re, che sarà così impegn·ato solo in investimenti in macchinario e scorte, cioè in beni mo,bili eventualmente utilizzabili in altra sede. . f) di assicurare informazioni agli utenti circa imposte, agevolazioni, acqua, scarichi, elettricità, g·as, telefoni, lavoro, trasporti, etc., attrave·rso un'unica fonte, vale a dire la direzione dell'area. 16 Bibiiotecaginobianco .....

L'area attrezzata Gli industriai estates sono per lo più privati nei paesi sviluppati (p·e,r esempio, negli Stati Uniti e in Cana,da) e pub·blici nei paesi in via di sviluppo (ma in Gran Bretagna ne esistono di entrambi i tipi). Anche in quest'ultimo caso sono talvolta g·estiti da organismi privati o semipubblici, sottoposti a controllo pub .. blico, ma dotati di autonomia organizzativa. Nel caso •degli industriai estates priv-ati, ubicati in genere in regioni già svilupp·ate, la pianificazione ,dell'area è intesa solo in termini di pianificazione fi·sica. Si tende· pertanto, ad escludere dall'area tutti quegli impianti 1che possono arrecare disturbo· alle altre attività, quali impianti che smaltisco,no grandi quantità di rifiuti, ci1e com1 portano pericolo d'inc.e·ndio e che hanno bisogno di grandi quantità d'a·cqua e d'energia, ma non è promossa alcuna azione positiv·a per realizzare un particolare tipo di specializzazione economica nell'area. Una certa integrazio,ne economica ten,de tuttavia a realizzarsi in modo spontaneo. Gli inditstrial estates pubblici o ad iniziativa pubblica sono invece pianificati, in genere, anche dal punto di vista economico. Fra i diversi tipi di specializzazione, ricordiamo: a) le are·e attrezzate monoindustriali (single trade estates) che accolgono imprese ap1 partenenti allo stesso ramo d'attività. I loro vantaggi principali sono quelli di permettere un'organizzazione ·efficiente e poco onerosa dei servizi collettivi, deil'a·ssistenza tecnica e ,dell'addestrame·nto professionale, l'acquisto comune .delle materie prime, co1 muni canali di commercializzazione e la modernizzazio·ne delle unità aziendali più antiqu·ate. L'area attrezzata per l'industria ·del cuoio esistente al Cairo costituisce un esem·pio di area monoindustriale. Essa ha per scopo princi,pale di modernizzare e ·di riubicare le ·con•cerie tradizionali ,della città; b) le aree attrezzate funzionali (functional estates ). In tali aree i -dive·rsi stadi di fabbricazione di un determinato prodotto sono affidati ad un ·grup·po d'imprese, ciascuna de1 lle quali segue un piano ,di lavorazione 1coordinato con q·uel,lo delle altre. Ne esistono esempi in Giappon,e, nei settori ,d·ella lavo·razione del legno, della confezione e· delle macchine· utensili, e in In.dia, nei settori del1' orolo,geria, della cera,mica, degli accessori d'automa-bili e del1' elettronica; e) gli ancillary estates, o aree ausiliarie, accol,gono invece piccole imp•rese che lavorano in ap•palto o subappalto p.er conto di gran,di stabilimenti ubi,cati nelle vicinanze. Uno degli esem,pi più validi è qu~llo di Toyama (Giappone) dove 39 piccole e medie 17 Bibiiotecag inobianco

Antonio Rao imprese fabbricano pezzi distaccati e singoli elementi di apparecchiatL1re meccaniche di precisione destinate aJla società Fujikoshi Steel Industry; d) i nursery estates, o aree vivaio, so·no diretti a soddisfare le esigenze delle piccole imprese a mano a mano ch'esse passano da uno stadio di crescita all'altro e a facilitare la loro trasfonn.azione in medie imprese. In tali aree sono ,disponibili de1le fa,bbriche « nido », suddivise in laboratori di modeste dimensioni che l'imprenditore può o•ccupare in numero crescente a misura che s'espan-de. Alla fine l'imprenditore dovrebbe evacuare l'area, e il posto co,sì lasciato libero può esse•re affidato a una nuova unità di pro,duzione. In molti casi il nursery estate è inglobato in un'area più gran,de, compren,dente anche stabilimenti di dimensioni no·rmali. Questa soluzione è considerata la più efficace, poiché permette all'imprenditore di restare nell'area anche dopo che ha raggiunto una certa capacità di pro-duzione ed assicura quindi un incentivo ulterio•re all'espansio·ne. Esistono nursery estates in Canada, Nigeria, Gran Bretagna e a Singapore; e) i research parks sono zone attrezzate per l'inse,diamento di centri dì ricerca ,di base ed applicata, laboratori, centri di sperimentazione e controllo della qualità, attività industriali orientate verso la ricerca o anche industrie leggere di vario tipo. Spesso questi parchi posseggono un calcolatore elettronico messo a •disposizio·ne degli occL1panti. L'attività di gestione ,della maggior parte delle aree spe,cializ• zate ora descritte includ·e non solo la ven,dita o il fitto dei terreni e degli sta1 bilin1enti, la manutenzione delle, strad.e e degli edifici e naturalmente l'intrattenimento di relazioni contrattuali con i lo.catari, ma anche una più ·estesa gamma di funzioni intimamente legate tra loro. Scop·o delle aree industriali, in questo caso, è infatti soprattutto quello •di assicurare assistenza alle piccole imprese in diversi campi, che vanno dalla program1nazione e direzio·ne delle attività aziendali, · alla contabilità, all'ap 1 provvigio·namento delle materie prime, allo smercio dei prodo·tti, al controllo e la sorveglianza delle operazioni, alla manutenzione degli impianti. Molti paesi si sono resi •conto c·he l'assegnazione di tutti questi compiti a organismi pubblici differenti, non solo presenta degli inconvenienti per il piccolo imprenditore, che è per lo più anche il ,direttore cl-elle vendite, il direttore di produzione e il direttore finanziario di se stesso, e non ha di conseguenza il tempo di tenersi in contatto con un numero eccessivo d'istituzioni, ma comporta anche un insuf18 Bibiiotecaginobianco

l'area attrezzata ficiente coordinamento dell'azione dei vari organismi interessati e una cattiva utilizzazione ,dei fondi disponibili. È per questo motivo che molti governi hanno creato istituti autonomi, per esempio so·cietà di sviluppo industriale, per assicurare una gestione unificata dei programmi concernenti le aree attrezzate. In alcuni paesi il finanziamento. e l'assistenza tecnica sono forniti da organismi separati, ma essi lavorano- in stretta cooperazione con gli organi direttivi delle aree. ·Quando i·l governo è l'organo promotore e finanziatore delle aree, esso è per lo più rappresentato nel consigljo d'amministrazione dell'organo ,di gestione. Esso fissa i criteri generali di pianificazione, di progettazione esecutiva e di gestione, ma lascia in genere una larga auto·nomia alla direzione delle aree, alla quale spetta quindi l'intera responsabilità dell'amministrazione corrente, del coordinamento dei •diversi servizi di riparazione, manutenzione e assistenza, •così come dello smistamento agli organismi competenti ,cl-elleordinazioni di materie prime, delle licenze d'importazione e delle misure .d'assistenza per la co,mmercializzazione dei prodotti etc. Tale autonomia di gestione è opportuna sia per la considera-- zione che un organismo sottoposto a troppi vincoli è condannato all'inerzia e in definitiva all'irresponsabilità, sia ;per la necessità di assicurare un continuo intimo contatto con le esigenze degli operatori economici installati nell'area. È soltanto attraverso questo contatto che potrà formarsi, col tempo, un personale d'assistenza verame11e competente, e potrà realizzarsi il clima di cooperazione che è indispensabile al successo dell'iniziativa. Basti pensare, al riguardo, alle difficoltà iniziali che potranno per ese1npio incontrarsi nella creazione di un servizio comune di contabilità, pure così importante per co•nsentire alle piccole imprese una tenuta razionale dei loro conti. Il problema della segretezza, che non mancherebbe d'essere sollevato, potreb,be superarsi solo offrendo garanzie adegua te che le informazioni finanziarie delle singole im., prese verranno trattate co,me strettamente confidenziali, e cioè conquistandosi la fiducia personale degli operato·ri. L'esperienza delle aree industriali è ancora, anche sul piano internazionale, insufficiente e contra,ddittoria. Molti sono gli aspetti, tecnici, giuri,dici, sociologici ed economici, che richiederebbero un'indagine approfondita e un'attenta valutazione. Ma tale compito non può esse.re assolto in una semplice esplorazione preliminare di un campo così vasto e complesso. Ci limiteremo pertanto a considerare una _sola riserva, che è quella forse più freque·ntemente sol19 Bibiiot~caginobianco

Antonio Rao levata nei c0nfro,nti -delle aree attrezzate. Ta.Ie riserva riguarda la formula dell'affitto in.dustriale (leasing), vale a dir·e la -costruzione in anticipo di immobili da conce-dere in locazione agli imprenditori. A tale pro,posito si fa osservare eh-e, ov.viamente, i lo·cali potrebbero restare sfitti a tempo indeterminato, oppure che difficilmente si potrebbero realizzare stabili adatti ad una molteplicità di usi, e quindi prontamente riutilizzabili qualora sia.no abbando,nati. Indubbiamente il :problema esiste. Ma esso può essere superato, per qt1anto riguarda il primo punto, selezio·nando con estrema -cura la lo,calità in cui creare l'area, e il ramo· o i rami d'attività in cui specializz;1rla (nel 1 caso che -ciò sia ritenuto necessario) ·e avviando ~o•n più di un pro·getto di area attrezzata alla val ta (cioè non varandone un secon,do, finché il primo no·n sia completato). Inoltre, non dovrebbe essere impo,ssibile prendere contatto con gli imprendi• tori il cui raggruppamento nell'area può essere possibile e ·a.uspicabile, in modo da conoscerne p·er tempo gli -orientamenti e le esigenze. Per quanto ri,guarda il secondo punto, l'esperienza degli industriai estates inglesi dimostra ,chiarame,nte che i fabbri·cati industriali costruiti se,condo criteri standardizzati, soddisfano le esigenze dei più diversi tipi d'industrie e possono essere facilmente riaffittati ad imprese operanti nei più vari rami ,d'attività industriale 10 • Circa l'efficacia eh-e la costruzione di stabilimenti ,da con•c·edere in affitto può presentare com·e incentivo, riferiamo il giu-dizio espresso dal Ministero •del Commercio dell'Irlanda del Nord (cioè -di una regione periferica). « Gli stabilimenti finanziati dal Governo, siano essi co•struiti su sp.ecifica commissione ovvero siano costruiti in anticipo, hanno dimostrato di •costituire un incentivo di prim'ordine. Nel caso di stabilimenti costruiti in anticipo, in p·artico1are, le imprese sono attirate ,dalla rapidità con cui possono dare inizio al processo produttivo. Molte sono le ditte attratte dalle prospettive di risparmio di capitale connesse alla possibilità di prendere gli sta-- bilimenti in affitto; e la concessione di speciali riduzioni per i primi dieci anni di lo-cazione co-stituisce un in-centivo addizio·nale » 11 • 10 ALIX MEYNELL, La politica inglese di localizzazione dell'industria, Svimez 1960, p. 136. L'A. menziona, in proposito, « due casi tipicamente esen1plificativi registrati nel più vecchio ed ampio nucleo industriale (quello di Tea1n Valley) e cioè: a) il caso di uno stabilimento di ì.860 mq. costruito per una fabbrica alimentare (produttrice di sformati e salsicce), che fu in seguito affittato ad una fabbrica di coperte tern1.o-elettriche, e che attualmente è occupato da un'industria che produce aspirapolveri, impianti di essiccamento e simili; · b) il caso di uno stabilimento di circa 3.279 mq., dapprima utilizzato da una fabbrica di pompe do1nestiche ed industriali, in cui attualmente opera una fabbrica di confezioni ». Op. cit., p 136. 11 o . 40 p. czt., pp. 1 -141. 20 Bibliotecaginobianco

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