.. Sebastiano Di Giacon10 care» all'esterno gli esiti negativi della sele~ione con la pretesa della scientificità delle prove. Queste, ovviamente, non hanno una validità del genere; e non sono valid1 : nemmeno come ausilio ad un colloquio generale, perché, fra l'altro, quasi tutte le aziende impegnano perspnale proprio, di medio o scarso livello, addest,rato alla men peggio; poche sono quelle che ricorrono a seri e preparati psicologi. A riguardo dell'uso dei tests, vogliamo ricordare un vecchio articolo di Guido PioViene su « La Stampa» del 2 gennaio 1963, che dà la misura della stima dello sclìittore nei confronti dei dirigenti aziend 1ali favorevoli alle prove di selezione. « Ho sempre odiato i tests, - scrive Piovene - e li ho sempre considerati una ,delle tante facce della perversione del gusto offertaci da una certa pseudociviltà moderna. Pri,ma di tutto li ritengo un,a violazione illecita e abusiva dell1 a intimità di un uomo,. Essi sono stratagemmi per condurre qualcuno, per v,ie to-rtuose, con domande che sembrano innocue, a confessarsi ben più in là dri quanto accetterebb·e la sua volontà cosciente; servendoci poi di criteri che noi conosci.amo e lui ignora ... Per l'uomo superiore i tests, già tanto stupi1di per gli altri, sono una insensatezza. Onde l'unico effetto a cui possono mirare (senza, del resto, ottenere nemmeno quello, perché sii mettono subito fuori strada) è misurare tutti quelli che em·ergono col metro adatto all'uomo comune e medio; e che, ripeto, non è adatto nemmeno a lui ». Ma, dicevamo, co,n o senza l'au1silio dei tests, i dirigenti reclutati devono avere caratteristiche tmiformi, che vanno dalla lealtà all'onestà, dall'integrità al coraggio. Si aggiun,gano poi il senso di autocritica, la resistenza alle frustrazioni, il controllo delle proprie emozioni, la consapevolezza dei propri limiti, la disponibilità a lavorare in gruppo, eoc. Come si può rilevare, queste ed alt1 re, richieste da una certa retorica aziendale, sono qualità che è difficile controllare praticamente. Infatti, le direzioni generali non tanto di queste qualità chiedono conto, ma dei risultati dell'unica caratteristica evidente, quella ci,oè della disponibilità acritica all'esecuzione delle direttive impartite. E gen,eralmente, i risultati sono quelli di natura economica. Ma quali sono le ragioni di una scelta, da parte delle direzioni generali, di collaboratori dotati di limitata personalità, o comunque conformisti? Indubbiamente, gli alti dirigenti, la cui competenza, preparazio,ne e perso,nalità sono ricono·sciute (à'altronde, il loro reclutamento avviene in massima parte all'esterno delle aziende, nelle università, nei consigli di amministrazione, negli istituti fina~iari, nel mondo, cioè, politico-economico), cercano di non incontrare difficoltà ed ostacoli, nell'esecuzione dei loro programmi, da parte dei dirigenti intermedi. Essi temono che una direttiva generale, se discussa aii l~velli inferiori, possa essere distorta al fine di perseguire obiettivi diversi da quelli originari. C'è, qlllindi, un elemento di sfiducia nell·a capacità dei collaboratori di far proprie e arricchire con nuove esperienze le direttive date. L~ direzioni generali si preoccupano a che gli effetti di una particolare politjca e organizzazione delle azien·de non contrastino con le fo·rme e i contenuti politici e organizzativi del « sistema»; o comunque temono che gli effetti di una innovazione organizzativa possano prop,agarsi da un'azienda 74 Bibliotecaginobianco --.
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