Nord e Sud - anno XVI - n. 109 - gennaio 1969

I Giornale a più voci Così è avvenuto per la Sicilia della mafia e del sisrno, fra popolazioni sfiduciate nei confro.nti della classe politica e abituate da lungo tempo a senitir discorrere di riforme senza che queste si facciano, a sentir parlare di mutam·ento senza che questo abbia luogo. Ora sono venuti anche i sociologi per « cointeressare » le popolazioni e dare colore al paesaggio brullo con le borsette piene di « questionari ». Alla sociologia interessa il mutamento, e di mutamento costoro parlano alla gente. A chi chiede ragguagli sull'utilità della discussione, replicano indignati che senza conoscerla non si cambia la realtà. Di qui la necessità di « osservare » e fare domande per dare ai politici strumenti di conoscenza. Ma così facendo i sociologi non si rendono conto di porre in n1aniera drammatica il tema dei rapporti fra sociolog1a e p·olitica. Infatti, come si può pensare che sia sufficiente discutere del mutamento per so1lecitare a questo fine delle popolazioni e una classe politica che da tempo ne discutono e sanno so1 lo discuterne? In tal modo la sociologia rischia di diventare uno dei tanti momenti retorici della società meridionale, adatto per chi è felice di trovare in patria iJ suo piccolo « terzo mondo», e niente affatto elemento di modificazione; anzi, una ripetizione con nuovi linguaggi della situazione esistente. I questio-- nari circoleranno fra la sopportazione dei più educati, i sorrisi ironici dei più scettici, l'insofferenza della maggior parte. E non varrà l'alibi dello scarso spirito anglosassone delle nostre popolazioni meridionali, che, al cointrario, nel loro rifiuto istintivo, esprimono una certa saggezza. Il nodo da sciogliere è ·p·ratico e teorico irnsieme. Come deve con1portarsi la sociologia quando la discussione sul mutamento non è più attuale e lo è inveoe la necessità ch'esso avvenga? O, meglio ancora, può il sociologo prima « cointeressare » al mutamento le popolazioni per poi ritirarsi in disparte affidandolo a ql1ei politici che precedentemente ha irriso? La relazione fra domanda e risposta è stretta, ove ci si occupi della storia in corso. Su questo terreno si ridiscute la figura tradizionale dell'uomo di cultura appunto perché si tratta di una « scienza del presente ». Chi si occup,a di sociologia a livello non di « mestiere » sa come sia fo~te l'esigenza, a un certo punto, della ricerca; e ove essa riguardi tematiche attuali, di suggerire linee d'azione. Non se n·e può fare a meno, perché cogliere le dimensioni dell'azione è nel contempo dirigerla verso un fine. Croce osservava che organizzare i fatti è qualificarli, dare ad essi un'intenzionalità. Per la storia futura, il medesimo procedimento significa una scelta etico-politica: con ciò che essa comporta una volta che pretende di innestarsi nella . prassi. Scriveva Vittorio De Caprariis che un'idea è un coltello ambiguo che risana o ferisce, intendendo con ciò far riferimento a quei « concetti operativi » elaborati sulla storia in corso, ed in grado di incidere su di essa, modificando e modificandosi, ricevendo verifiche e cont 1 raccolpi, a contatto con le forze storiche, nell'intricato mondo della politica. Chi voglia così affermare una sua strategia non può prescindere da q_uel confronto col mondo 65 Bibiiotecaginobianco

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