Nord e Sud - anno XV - n. 107 - novembre 1968

Il potere e la piazza maggiore gravità, non soltanto per la sua dimensio11e internazionale, ma soprattutto perché i ribelli erano in gran parte t1fficiali dell'esercito regolare in attività di servizio. Anche nei riguardi di D'Annunzio il governo italiano tergiversò per circa un anno, durante il quale il poeta diede sfogo a tutte le proprie bizzarrie, instaurando in Fiume un vero e proprio regime piazzaiolo che, smorzati i primi entusiasmi, divenne molesto finanche ai reggitori locali della città. La controffensiva politica del governo italiano, sia contro i socialisti, sia contro i legio11ari fiumani, iniziò dopo l'occupazione delle fabbriche. Giovanni Giolitti, che nel frattempo era ritornato alla presidenza del Consiglio succedendo a F. S. Nitti, si trovò a dover risolvere i due gravi problemi, e li risolse mediante un'unica operazione. Premeva da un lato la borghesia capitalistica che, non paga della vittoria conseguita sulle orga11izzazioni sindacali, persL1ase a desistere dall'occupazione delle fabbriche mediante l'inganno dei consigli di gestione, volle lavare l'onta del panico subito e passare alla « punizione » di coloro che avevano osato attentare al suo dominio; premeva dall'altro la situazione internazionale, che stava diventando seriamente imbarazzante so-- prattutto dopo gli accordi di Rapallo, stipulati fra i governi italiano e jugoslavo. Si affaccia a questo punto, milizia armata della vendetta borghese, il movimento fascista, il quale era consistito fino ad allora in un modesto, raggruppamento di gente malcontenta, di spostati di guerra, di combattenti delusi, di idealisti disorientati. Questo movimento ambiva a collocarsi su un pia110 concorrenziale col socialis1no ma, per distinguersi da esso, aveva accettato la n1itologia nazionalista della « vittoria mutilata ». Aveva dato qualche sporadico segno di presenza col presentarsi alla competizione elettorale del 1919 - senza conseguire risultati di sorta - e con l'affrontare a mano armata taluni cortei e rnanifestazioni « rosse ». Il capo del movimento - Benito Mussolini - si mante11eva su posizioni possibiliste, cercando di sfruttare tutte le situazioni, anche le più contraddittorie, che rappresentassero un qualche sbocco al movimento e alla propria personale affermazione. Così, in occasione del1' occupazione delle fabbriche, egli offrì la propria collaborazione agli ex compagni socialisti per marciare insieme alla conquista del potere; ma l'offerta venne respinta. Intanto il fascismo emiliano e quello toscano avevano· assunto per proprio conto una loro precisa fisionomia reazionaria col diventare la milizia armata degli agrari locali e con l'intraprendere quelle « spedizioni punitive » organizzate e dirette more militari, di fronte alle quali 1 Ie incomplete agitazioni dei « rossi » erano diventate ludi da dilettanti. 109 Bibliotecaginobianco .

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