Nord e Sud - anno XV - n. 107 - novembre 1968

.. I Il potere e la piazza Non si tratta della guerra, e tutto quanto è stato detto fin qui non ha a che far nulla con la questione se all'Italia convenisse entrare in guerra o mantenere almeno per ora, la neutralità. Si tratta dello sfasciamento di tutta una situazione politica; si tratta della introduzione, per la prima volta nella vita italiana, di un fattore demagogico sconvolgente il regime parlamentare 11. Esattamente infatti lo stesso Salvatorelli aveva ravvisato fin dall'ottobre 1922 n·elle giornate di maggio l'antecedente della marcia su Roma; infatti, l'iniziativa regia, con lo strumentalizzare ai propri fini un'azione di piazza contro il parlamento, aveva bruscame11te alterato l'equilibrio - già non molto stabile - fra gli organi del potere, ledendo in modo irrimediabile il prestigio e il principiitni legalitatis del potere legislativo. Da questo momento il parlamento cessa di essere anche formalmente l'unico interprete della volontà collettiva ,per trovarsi accanto un'altra fonte - la piazza - che ne condizionerà e ne minaccerà il funzionamento. Si trascuri pure il fatto che durante il periodo bellico il potere legislativo fu esercitato quasi integralmente dal governo a mezzo di decreti legislativi ma non si potrà non dare il rilievo che n1erita, per la allarmante sintomaticità dell'episodio e per la risonanza cl1e ebbe, all'iniziativa di Antonio Salandra, il quale, nello stesso momento in cui V. E. Orlando, il 20 novembre del 1918, con la sua alata e vacua parola, esaltava alla Camera la vittoria delle armi italiane, i11 altra sede, al- !' Augusteo, rivolgeva bassi e oltraggiosi insL1lti al parlamento. QL1este le sue precise parole: Ma nell'orbita della costituzione noi, o colleghi (parlava ai deputati e senatori del Fascio parlamentare), dobbiamo riconoscere che i nostri ordinamenti politici e amministrativi, per consenso della grande maggioranza del Paese, non rispondono più ai bisogni dei nostri tempi. Grandi e ardite riforme occorrono. Occorre soprattutto che le rappresentanze supreme della nazione non siano o possano essere più manipolate in una vecchia casa dove si accumulano vecchie e nuove simonie, ma debbono uscire ringagliardite e vigorose dai liberi dibattiti di un popolo libero 12. De111agogia di bassa lega, è chiaro, ma in questo caso il significato dell'episodio va ben oltre: colui che era stato il sostenitore della piazza in un dato frangente, ne diventa ora l'aperto apologeta e, in un certo senso, il teorizzatore. A buon diritto Antonio Salandra si autoprocl~- merà e verrà annoverato fra i più autorevoli precursori e profeti del fascismo! 11 Ivi, p. 344. 12 A. SALANDRA, I discorsi della guerra, Ed. Treves, Milano, 1922, pp. 157-158. 101 Bibiiotecaginobianco

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