Nord e Sud - anno XV - n. 105 - settembre 1968

Lanfranco Orsini il preannunziarsi di un'etica pirandelliana o di una discussione etica pirandelliana. Ma chiudendo la parentesi - poich~ nella narrativa meridionale si avverte certo di più l'istanza verghi~na che quella pirandelliana - qual è infine il mondo di idee che c'è (ma, come s'è visto, implicito) nello• scrittore meridionale? Esso ha voluto essere ed è stato un mondo di idee civili e politiche, ancorate profondamente alla realtà sociale del Sud, col rifiuto - e qui ci sarebbe da indagare se sia stato un rifiuto volontario o non piuttosto un vuoto e un'estraneità culturale - di una problematica intellettuale europea. Ma proprio qui ci soccorre la seconda e più essenziale precisazione. Non sono le idee o la ideologia in senso lato di cui sotto,lineiamo, la carenza nella narrativa meridionale, quanto appunto la problematica di cultura: il che non tanto esclude nello scrittore la presenza di idee o di un'idea quanto punta sulla qualità delle idee, propriamente sull'aspetto, diremmo così, intellettuale di queste. A parte la considerazione - che d'altronde vale per tutte le letterature - della difficoltà di risolvere in arte e rendere plausibili i personaggi che « pensano » ( diceva Aldous Huxley in Punto contro punto che la difficoltà deriva oltretutto dal fatto che coloro che posseggono idee sono a stento lo 0,01 per cento della razza umana), c'è proprio, di fronte alla già asseverata presenza di istanze civili, sociali nel narratore meridionale, l'assenza, assolutamente non condizionata o condizionabile da questa, della problematica culturale. Basta citare l'esempio dei Buddenbrook, dove senza dubbio l'elemento sociale è presente in quanto il romanzo - è ben noto - racconta la storia del decadere di una borghesia diagnosticando e cqgliendo in tal modo u11 preciso e socialmente verificato processo storico, ma dove si esplicita, insieme al dato civile, tutta una problematica di alta cultura sul piano romantico-decadente, col ravvisare all'origine di quell'incrinarsi della saldezza borghese il suo raffinarsi ed aprirsi allo spirito: è la scoperta di Schopenhauer da parte del protagonista e poi col giovane Hanno il subentrare della sensibilità e morbosità dell'artista, tema tipicamente manniano e nutrito dei succhi del più raffinato pensiero romantico e decadente. Sono proprio questa hitmus e questo sustrato culturale, di tutta la più sottile cultura europea - e si potrebbe continuare fino all'esistenzialismo e oltre - a non nutrire di sé le radici della narrativa italiana: con un senso di angustia che necessariamente si avverte negli orizzonti ristretti delle tematiche, poiché non può esservi grande letteratura· creativa (già lo diceva Matthew Arnold) senza un altrettanto grande sforzo critico e culturale che la sostenga, volto all'interpretazione ideologica del mondo moderno. Si ritorna così, a questo punto·, a quella divisione di compiti tra l'artista e il saggista, della quale si è già parlato: 22 - Biblioteca Gino Bianco

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