Nord e Sud - anno XV - n. 104 - agosto 1968

Francesco Farina si dovrà limitare in futuro al solo studio scientifico di base. Sarà opportuno che essa si avvicini maggiormente alla ricerca applicata e di sviluppo, realizzando così, nell'ambito del possibile, un coordinamento fra i piani delle aziende e qu·elli stabiliti dal Progr~mma -~conomico. Un'azione complementare dovrebbero svolgere le università, inserendosi nel contesto economico nazionale e sviluppando ricerche applicate in coordinamento con i piani industriali. Un tale legame universitàindustria si potrebbe realizzare anche qui con « contratti di ricerca», oppure. con un rapporto diretto fra ricercatori dell'università e indt1stria, come avviene per quanto riguarda l'ENI. *** . ,~------ ... -... - ... _ ·-- .,... - . . -- ~.,,..__..~ _... -· . ..... -·~ -·· , ....... -- - t ~ .;;;.,~ ·. . ,~: • . , • I ' f -·~~ 7 ..... • ,' ' :-. • f I • • Queste, nelle linee generali, le prospettive di sviluppo di una « politica della scienza » grazie alla quale lo Stato e gli imprenditori dovrebbero contribuire a portare la nostra industria ai livelli tecnologici europei. Ma a questo punto dobbiamo domandarci quali conseguenze potrà avere lo sfo,rzo di adeguamento alle necessità che la ricerca impone all'industria su un'economia, come la nostra, caratterizzata da due apparati produttivi ·di statura differente. Il primo è quello concentrato nel Nord, moderno, forte di numerose industrie di grandi dimensioni, tale quindi da potersi avvalere di considerevoli economie esterne, di un flusso abbastanza costante di manodopera specializzata e della facilità di contatti fra industrie dello stesso ramo. Il secondo è l'apparato industriale frammentario e disorganico del Sud. Escludendo naturalmente le grandi imprese pubbliche, la dimensione media di un'azienda è, nel Mezzogiorno, molto al di sotto del livello settentrionale. C'è, infatti, una notevole prevalenza di aziende medie e piccole nei confronti di quelle grandi. Né si può dire che la realtà in,dustriale ,del Sud sia caratterizzata in misura soddisfacente dal dinamismo di rapporti di complementarietà tra i complessi produttivi che n,e fanno parte, dal rafforzamento progressivo delle cosiddette interdipendenze settoriali. Non poche iniziative hanno portato ad insediamenti i11dustriali a sé stanti che non si giovano perciò neppure completamente delle infrastrutture poste a -disposizione di un determinato polo di sviluppo. Ciò significa che l'ambiente industriale del Mezzogiorno manca di quelle economie esterne che tanto giovano al progresso tecnico delle imprese, permettendo loro di recepire con facilità le innovazioni tecniche di industrie collaterali. 24 Biblioteca Gino Bianco

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