Nord e Sud - anno XV - n. 104 - agosto 1968

Regioni larghe, regioni strette di gerarchizzazione e coordinamento delle strutture urbane nelle aree in cui tali strutture siano presenti, ma in modo disarticolato; di promozione dello sviluppo uirbano, infine, nelle aree a debole o nulla armatura urbana, attraverso l'individuazione dei centri capaci di assumere funzioni urbane meno elementari. In questo quadro si identificano subito alcune aree-problema: in primo luogo il Mezzogiorno, dove i problemi di congestione (Napoli, Palermo) sono il risvolto di quelli derivanti da una ancora scarsa vitalità degli altri centri e, in generale, da una disarticolazione e debolezza delle reti urbane (onde il rafforzamento delle armature urbane - attraverso l'an1pliarsi delle funzioni industriali e terziarie, nei centri medi, e cli ftmzioni direzionali, « quaternarie », nelle metropoli regionali - diviene elemento priorita.rio per il superamento della depressione meridionale). Sono, inoltre, aree-problema la l,iguria (per il ristagno di Genova, per l'esiguità del territorio compartimentale); Roma e jl « deserto» dell'Italia centrale; il Friuli-Venezia Giulia ed altri casi ancora, cui il Muscarà accenna tenendo conto in particolare delle indicazioni de La politica della città del Compagna, e tenendo anche conto, tra gli altri, di contributi del Nice e del Mori. Le conclusioni di Muscarà sono conclusioni problematiche. Esse costituiscono l'incentivo e l'avvio per un nuovo discorso sulla regionalizzazione del territorio. Consapevole della complessità del problema, Muscarà più che soluzioni definitive suggerisce criteri per impostare tale B1blioteca Gino Bianco problema in termini estremamente aggiornati e conformi alle necessità che si incontrano sul piano operativo: ciò sulla scorta di un'ampia valutazione critica dei termini in base ai quali esso è stato impostato finora. Il suo saggio riesce dunque a non restare nei li.miti di una ricognizione su un tema di attualità politica, ma ad offrire un contributo assai interessante agli studi di « geografia attiva » dai quali è lecito confidare che anche in Italia derivino sempre maggiori apporti all'elaborazione e al,l'attuazione di politiche di sviluppo, di riequilibrio della distribuzione dell'industrializzazione e dell'urba- . . n1zzaz10,ne. Per ultimo abbiamo lasciato un interrogativo che Muscarà, invece, risolve prima ancora di formulare le sue « conclusioni provvisorie»: se, cioè, data l'inadeguatezza dei compartimenti statistici in base ai quali sono tuttora delimitate le nostre regioni amministrative, non sarebbe stato preferibile rinviare l'attuazione dell'ordinamento regionale fino a che studi approfonditi non avessero suggerito più congrue suddivisioni del territorio nazionale. Opinione dell'autore è che potrebbe essere un grosso errore ritardare l'attuazione dell'Ente regione in quanto: 1) la programmazione economica sta diventando una realtà ope• rante; 2) occorre mettere un freno all'anarchia delle pressioni particolari di comuni e province creando contrappesi alla troppo frammentaria divisione amministrativa esistente; 3) l'adeguan1ento dei compartimenti ai bisogni dell'Italia attuale non è un problema che possa stare a sé, ma deve essere inserito 127

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