Nord e Sud - anno XV - n. 101 - maggio 1968

I I Argomenti è enucleata e portata avanti nei successivi conveg11i di Trento, Milano e Roma dal gruppo torinese di Vittorio Rieser, Guido Viale e Luigi Bobbio e da qualche altro teorico della « avanguardia rivoluzio,naria », come Mauro Rostagno dell'Istituto universitario di Scienze Sociali di Trento. Per questi gruppi, il problema non è più quello, dunque, di migliorare, sia pure radicalmente, le condizioni dell'intero sistema scolastico e di fornire agli studenti gli strumenti necessari per l'esercizio di un effettivo potere all'interno delle strutture di cui sono parte. Abbandonata l'idea di poter fare la « rivoluzione» nell'università senza promuovere simultaneamente un completo rivolgimento sociale, viene tralasciato, almeno in parte, lo specifico universitario, per dedicarsi alla fo,rmulazio 1 ne di una corretta - seppur non realistica - ipotesi di contestazione globale della società. La rivolta studentesca è così considerata come il primo momento di una prossima « ricostruzione di una prassi rivoluzionaria », un nuovo strumento per una rinnovata « lotta di classe ». Superata la necessità del mo·mento rivendicativo quale strumento di mobilitazione, per il contrasto ormai radicale tra « l'organizzazione repressiva delle istituzioni scolastiche e la carica eversiva che caratterizza la presa di coscienza degli studenti », momento fondamentale di questa nuova fase di lotta viene considerata « la organizzazione permanente e collettiva della noncollaborazione e della radicalizzazione dell'antagonismo» 5 • La rivoluzione però non può risolversi in un semplice atto di volontà, che - è ben noto - risolve i problemi ideologico-politici del singolo, ma non è certo sufficiente a trasformare radicalmente i termini della realtà socio-politica. Ed è evidente che gli studenti - seppure fossero tutti uniti, il che non è - svolgerebbero pur sempre il ruolo del singolo, in un tentativo immediatamente frustrato dal suo intrinseco velleitarismo. D'altronde il gruppo di Torino riconosce l'inesistenza di altre forze attualmente, e non solo potenzialmente, rivoluzionarie: si avrebbe perciò un fenomeno abnorme di lotta eversiva condotta da una « forza parziale >>, che non riuscirebbe a trovare, sul piano richiesto, la solidarietà indispensabile delle altre forze sociali - in primo luogo gli operai, quindi i contadini - e tanto meno delle organizzazioni, politiche o sindacali, cui per lo più queste forze si riconducono. « Ci troviamo così a , t ragionare e a lottare in una situazione caratterizzata dalla contestazio-. J' ne permanente portata avanti da un forza 'parziale' in assenza di altre . s L. BoBB10-G.VIALE, La strategia del movimento, « Problemi del Socialismo», cit., p. 332. 65 ,.. Bibliotecaginobianco

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==