Nord e Sud - anno XIII - n. 80 - agosto 1966

I La ribellione romena problema di fondamentale importanza: quello di realizzare una strut• tura industriale di tali dimensioni ed efficienza da consentire allo Stato, o, se si vuole, al gruppo dirigente che si identifica con esso, un effettivo dominio sulla realtà politica del paese. È essenzialmente sotto quest'ultimo aspetto che si è manifestato il nazionalismo romeno degli anni sessanta. Non bisogna dimenticare che il contrasto con l'Unione Sovietica si è sviluppato su un terreno essenzialmente economico. Agli inizi del 1960, nel quadro del piano sessennale la cui scadenza era stata fissata per il 1965, i dirigenti romeni pensarono- che fosse giunto il momento di tentare il decollo di una economia ancora parzialmente arretrata. Favoriti dal buon rendimento complessivo del settore agricolo e dalla notevole disponibilità di risorse energetiche, essi elaborarono programmi molto ambiziosi, i quali, puntando sulla concentrazione degli investimenti nell'industria di base ed in particolare nei settori chimico e metallurgico, prevedevano un incremento del prodotto industriale del 13 % all'anno. Tuttavia, questi progetti erano in netto contrasto con un'effettiva solidarietà del blocco orientale. Essi potevano essere realizzati soltanto a spese di tensioni crescenti all'interno del blocco stesso, tensioni che si sono puntualmente manifestate nel momento in cui i dirigenti romeni, giudicando insufficiente il livello tecnologico ed organizzativo delle industrie cecoslovacche o della Germania Orientale, decisero di rifornirsi in Occidente. In questo modo essi sono riusciti a realizzare la propria struttura economica ad un livello superiore di quello che sarebbe stato consentito dal rispetto delle alleanze, ma nello stesso tempo hanno provocato la crisi dei tradizionali rapporti politici. Il punto di rottura venne raggiunto nel novembre del 1962, quando Krusciov presentò il progetto sovietico di integrazione economica dei paesi del Comecon. Questo progetto prevedeva: 1) la costituzione di una autorità sovranazionale di pianificazione, dotata di poteri vincolanti; 2) il coordinamento dei piani nazionali e l'elaborazione di piani comuni di investimento; 3) la specializzazione dei singoli paesi nelle attività produttive loro congeniali, secondo il principio della « divisione internazionale socialista del lavoro ». Il progetto è stato violentemente avversato dai dirigenti romeni, i quali hanno ritenuto che la sua realizzazione avrebbe completamente rovesciato le tendenze di fondo dello sviluppo economieo della Romania, quali si erano manifestate nei due anni precedenti. Si può discutere fini che si vuole sull'entità effettiva dei danni che i romeni avrebbero dovuto sopportare dall'applicazione dello schema sovietico. In linea di principio si può anche ammettere che l'integrazione dei mercati nazionali in spazi economici più ampi è una tendenza 87 BibliotecaGino Bianco

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