, Recensioni tore Piroli, ad una « piena presso che irresistibile che trascinava quasi tutti ». Ciò nonostante l'inchiesta pose in chiaro e deplorò le responsabilità del Bastogi e del Susani che, dopo qualche giorno, furono costretti a dimettersi. Il Novacco, dopo aver dedicato il grosso del suo volume alle due inchieste sulla regìa cointeressata dei tabacchi e sulle banche, lo chiude con un altro scandalo edilizio: quello connesso alla costruzione del palazzo di giustizia in Roma. L'inchiesta riveste un particolare interesse non solo perché presenta già completo il paradigma con cui scatterà ancora in migliaia di casi il _meccanismo della speculazione edilizia, ma anche perché mette in luce le scuciture inter-istituzionali che fin dai primi decenni dello stato unitario hanno ostacolato il funzionan1ento della macchina amministrativa. Una legge del 1881 stabilì che lo Stato avrebbe concorso alle spese del Comune di Roma per costruire un complesso di opere comprendenti il palazzo di giustizia, il palazzo dell'accademia delle scienze, il policlinico, i quartieri militari per l'alloggiamento di soldati, una piazza d'armi e un ospedale militare con mille letti. Tutti questi lavori avrebbero dovuto contribuire alla « creazione di una città monumentale e moderna, centro di vita culturale e scientifica, sede visibile, come un ten1po, della maestà del diritto» (pag. 353), ma i fondi stanziati per tanta impresa assommavano a soli trenta milioni, di cui otto destinati al palazzo di giustizia. E l'esiguità della cifra, come se non bastasse, ebbe a scontrarsi nel 1885 con il progetto dell'architetto Calderini, che resta ancora oggi come uno dei modelli insuperati di ridondanza stilistica, kafkiana e barocca ad un tempo, ove l'opulenza sconfina costantemente nello spreco e nella sregolatezza. Da questo episodio di fondo - pochissimi soldi per realizzare un progetto di sguaiate ambizioni - nacque lo scandalo edilizio che andò gonfiandosi nel corso di un trentennio, in un susseguirsi di stanziamenti di fondi, di appalti, di lodi arbitrali e di arricchimenti indebiti. Nel 1897, l'appalto fu vinto da un certo Pasquale Barelli, che « godeva fama di litigiosità inesauribile e di abilità non comune nell'ottenere, attraverso le infinite maglie di una legislazione lacunosa, guadagni imprevedibili ben oltre i limiti del contratto» (pag. 358); e da quest'anno in poi la costruzione del palazzo, pur mutilato rispetto ai progetti iniziali, inghiottirà milioni, fino al 4 aprile 1912, data in cui fu definitivamente votata la costituzione di una commissione parlamentare d'inchiesta. Ciò che la commissione accertò, corrisponde alle squallide vicende che ancora oggigiorno vanno riscoprendosi sotto gli scandali edilizi che pullulano da ogni parte: corruzione di magistrati, deputati che favoriscono gli speculatori in cainbio di ville e appartamenti, contabilità fraudolente e furti a danno dello stato: « in questo senso il caso del palazzo di giustizia in Roma costituisce un episodio malinconico, e tuttavia esemplare e significativo della storia dell'amministrazione pubblica in Italia. Una legislazione inadeguata, un personale di dubbia capacità tecnica, una società adusa a sfruttare tutte le circostanze per lucrare i vantaggi connessi con l'esercizio di un serv1z10 117 BibliotecaGino Bianco . .
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==