Nord e Sud - anno XII - n. 64 - aprile 1965

Antonio Rao Napoli riversa così, più di prima, una parte della propria miseria sulla campagna; sembra confermarsi la sua: vocazione parassitaria. Ma col tempo il rapporto s'inverte; la campagna in crisi grava sulla città: con l'inurbanamento ne aumenta la densità già insopportabile; con i moti pendolari ne congestiona il traffico; con il contrabbando, il commercio abusivo, l'accattonaggio ne incrementa le attività ... terziarie. Ed il capoluogo, a questo punto, mostra di non avere il fiato necessario per diventare una vera metropoli. La sua industria, che ha concorso sì alla crisi delle campagne, non appare in grado, per dimensioni e diffusione, di contribuire validamente a risolverla. È capace solo di uno scossone all'arcaica struttura economica preesistente, ma non di una rottura. A voler datare questa fase del processo di sviluppo del Napoletano, si può collocarla intorno al 1904, quando, a coronamento di una lunga e animata discussione a livello locale e parlamentare, si affrontava il problema del risanamento economico dell'ex-capitale su basi meno empiriche e semplicistiche di quanto non si fosse fatto fino allora dall'unificazione (p. e. nel 1884 dopo l'epidemia di colera). Solo da quella data, per la prima volta dopo l'annessione al regno d'Italia, il Napoletano riprese una posizione d'un certo rilievo nell'industria nazionale. E solo da quella data il processo di espansione di Napoli parve assimilarsi ai modelli dell'Italia Settentrionale e dell'Europa Nordoccidentale. Ma fu illusione di breve durata. Lo squilibrio tra sviluppo funzionale e sviluppo demografico, che negli anni successivi al 1861 aveva sempre caratterizzato la ex-capitale, non mostrò dopo il 1904 di attenuarsi. I grandi impianti di base rimasero episodi isolati. L'innesto nell'« humus » tradizionale dell'economia locale non avvenne. È proprio questo il motivo per cui la formazione della « conurbazione napoletana » segue solo fino ad un certo punto la tipologia nord-occidentale, collocandosi in posizion.e intermedia tra questa e quella dei grandi agglomerati dei paesi sottosviluppati. L'industria è intervenuta sì nel processo di sviluppo della città, ma non ha improntato di sé le strutture economiche di fondo, né, tanto meno, ha caratterizzato nella sostanza l'impianto urbanistico, come non è stato, d'altro canto, il suo sviluppo a deterrrJnarne l'eccezionale peso demografico. Ha svolto, per così dire, una funzione di puntello; ha impedito ulteriori cedimenti di una fragile compagine economico-sociale, ma non ha sostituito alle strutture arcaiche, strutture moderne, in misura adeguata alle dimensioni della città. Non è stato certamente questo il ruolo dell'industria nella creazione delle grandi formazioni urbane europee. Possiamo dire, anzi, che nell'Europa nord-occidentale la nascita delle conurbazioni, siano esse 68 Biblioteca Gino Bianco

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