Nord e Sud - anno XII - n. 63 - marzo 1965

Gioacchino Forte può muovere a Daudy è quello della lacunosità dell'i~ormazione. Nelle sue duecento illustratissime pagine il nostro, praticamente, ha messo tutto: l'amore dei napoletani per i cavilli giuridici, i « paglietta », una brevissima storia della camorra e dei suoi più famosi « divi», da Giacchino 'a Vecchiarella a Tore e' Criscienzo, la mozzarella in carrozza, la pastiera, un gustoso ritrattino del Principe Don Raimondo di Sangro di San Severo, duca di Torremaggiore, marchese di Castelnuovo, principe di Castelfranco, Grande di Spagna, bizzarro mecenate, inventore di carrozze anfibie, di velocipedi marini e di procedimenti per mummificare i cadaveri; il banco-lotto, la « smorfia», un'interpretazione sociolo,gica delle confraternite della Buona Morte, i Borboni, la cuccagna, i principali musei da visitare, un catalogo delle piccole truffe dalle quali l'ignaro turista si deve guardare ... Emulo di Stendhal, che durante le sue passeggiate romane s'entusiasmava .con altrettanta facilità delle bellezze architettoniche e della « energia» dei popolani di Trastevere, Daudy alterna lamenti funebri per le ville vesuviane in rovina e divertenti racconti di fatti di cronaca: il padre di famiglia che si ferisce gravemente per il dolore di vedersi abbandonato dall'amante diciannovenne, i due giovani innamorati che si sposano in mezzo a un fitto drappello di poliziotti per sventare le minacce di una madre infuriata, la bella popolana che ferisce a colpi di bottiglia il fratello colpevole di interessarsi un po' troppo all'orario dei suoi rientri in casa ... Il tutto narrato con tratto leggero, cordiale, divertito, quasi sempre schivo da quella stucchevole iattanza che contraddistingue certi viaggiatori che in tre giorni pretendono di vedere e di capire ogni cosa. Il napoletano verace in una spassosa anche se un po' deformata fenomenologia: « il falso napoletano-tipo si picca prima di tutto di essere un vero napoletano ... Nessuno è napoletano come lui. Nessuno, né parenti, né amici. È lui il detentore, il solo detentore della napoletanità assoluta. Uno dei suoi intimi muore? Ed ecco che il defunto si vede subito attribuire le virtù e le grazie dell'ultimo napoletano. Perché il vero napoletano è come il bisonte in America, sempre sul punto di scomparire ... Il falso, cioè, il vero napoletano si veste in modo sottilmente démodé, come un vecchio notaio o un poeta di Montmartre ... Poiché Napoli ha perduto i suoi splendidi caffè di un tempo - cosa della quale egli si lamenta con toni perfino patetici - egli ama frequentare due o tre bar dov'è salutato con il titolo di dottore, di avvocato o di professore ... Naturalmente ha conosciuto Benedetto Croce ... Il suo parlare è dialettale. Si compiace di locuzioni in vernacolo, di allusioni alla letteratura locale, di giochi di parole intraducibili in italiano ... Evoca le feste di Piedigrotta, di Montevergine, di Santa Maria del Carmine, della liquefazione del sangue di S. Gennaro ... Per un pubblico più esigente, lamenta la degenerazione delle feste, la scomparsa dei piccoli impieghi legati alla vecchia tradizione, non senza ricordare che egli ha saputo, ed è l'ultimo a sapere, cos'era una vera festa napoletana, che ha conosciuto l'ultimo nottambulo, l'ultima cartomante ... ». . Del buon « cuore » napoletano, Daudy ha colto benissimo la funzione micro-economica; lo scambio di favori, per il quale va famo 1sa la plebe dei 114 BibliotecaGino Bianco .

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