Nord e Sud - anno XI - n. 54 - giugno 1964

Vittorio de Caprariis ingiusto trascurare che quell'atteggiamento che si è detto è sug.gerito anche dalla riluttanza ad allineare totalmente il Partito Comunista Italiano sulle posizioni moscovite~ Quando Gomulka, · o Togliatti, o i romeni si mostrano poco corrivi ad una radicale condanna di Pechino, non lo fanno tanto per nostalgie staliniste o per amoro,so trasporto verso i cinesi, ma, più semplicemente, perché temono che una frattura totale tra Mosca e Pechino indurrebbe fatalmente Mosca a chiedere ai vari partiti comunisti un più rigido allineamento sulle sue posizioni, una pronta disponibilità a tutti i colpi di coda che il Cremlino riterrà necessarii, e distruggerebbe, pertanto,· quel tanto di autonomia (po,co o molto che sia) che essi hanno faticosamente conquistata negli ultimi anni (e non è un caso che, a Budapest, Kadar abbia ripreso a parlare delle funzioni di partito-guida del PCUS). Per paradossale che la cosa possa sembrare a prima vista, ci sembra evidente che un mancato allineamento totale del PCI sulle posizioni di Mosca sarebbe non tanto prova di simpatia per lo, stalinismo tattico ed il bellicismo dei cinesi, quanto testimonianza della resistenza di qualche tentazione autonomista nello stesso· PCI. Che, poi, i dirigenti comunisti abbiano finora regolarmente sterilizzato quelle tentazioni e si siano dimostrati incapaci di un riesame autonomo e coerente dei pro·blemi posti (ad un partito che si vuole di progresso e che opera in regime democratico) dalle vicende degli ultimi dieci anni in Russia, è ovviamente un discorso tutto diverso. È proprio per questa incapacità che i comunisti guadagnano voti e perdono di peso politico reale nel paese! Ma a tal proposito si dovrebbe fare una serie di considerazioni che aprirebbero una parentesi troppo lunga in un articolo dedicato alle questioni di politica internazionale. Il processo di distensione, dunque, non è un indiscriminato abbraccio russo-americano, ma una politica che, muovendo dal più o meno esplicito riconoscimento dello status quo, tende ad isolare i problemi tuttora insoluti ed a ridurre le cat1se di frizione tra i due blocchi. Il grande banco di prova di tale _politica è stata la crisi cubana dell'ottobre 1962, poiché allora Mosca compiè l'ultimo tentativo di un'alterazione brusca dell'equilibrio militare tra i due blocchi, o, se si preferisce, l'ultimo tentativo di affermare la sua propria concezione di uno status quo « dinamico>>. Si ricordino le parole con cui Lippmann illustrò nel 1958 questa concezio·ne kruscioviana : « a giudizio di Krusciov la rivoluzione economica e sociale ora in sviluppo· in Russia, in Cina e altrove in Asia ed in Africa [e, con l'occhio alla situazione cubana di quattro anni più tardi, possiamo aggiungere: nell'America Latina] è lo status quo; ed egli desidera che noi lo riconosciamo come tale. A, suo giudizio l'o,pposizione a questa rivoluzione è un tentativo di sovvertire lo status quo. 12 BibliotecaGino Bianco

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