Recensioni Come si vede, Scirocco non si pone direttamente il problema del significato che quell'« ingresso» ebbe; ma è chiaro che ad esso egli tende con la sua ricerca preliminare, sapendo di toccare con questa uno dei gangli fondamentali e più sensibili di un processo storico che non si è ancora esaurito. La scelta stessa della parola « ingresso», così cautamente elusiva, carica il fatto di tutte le domande che esso ha comportato e comporta, e che ci impegnano a fondo come uomini di studio e come meridionalisti. In ogni pagina, in ogni giudizio, egli si mostra non solo consapevole che le « due Italie », di cui parlava Giustino Fortunato, furono dal Risorgimento saldate in uno Stato politico unitario, ma non unificato nella civiltà e nelle strutture, né per allora, né per molto tempo ancora; non solo consapevole di questo, dicevamo, ma indotto dallo stesso impegno che gli viene dal nostro presente a scrutare il nostro passato. Per questo, è bene dirlo chiaramente, ci dispiace alquanto nella stesura del lavoro un certo tono frequentemente specialistico, ed anzi talvolta non poco accademico. È inutile osservare all'autore che quel tono non sembra affatto un compagno necessario né della serietà e compiutezza della ricerca, quando essa nasca da una così calda e viva esigenza, né della serenità del giudizio, che è cosa da non scambiare con la presunta oggettività degli accademici e cattedratici, la quale, quando non è superficialità, è per lo meno freddezza e mancanza d'impegno. È inutile ripetergli queste cose, perché, come si diceva, riserve del genere valgono solo per la forma esteriore del suo lavoro, che nella impostazione, nei problemi, nei giudizi rivela invece intelligenza tanto cauta, quanto caldamente partecipe. Quel tono gli sarà stato suggerito in parte da orrore della retorica (e infatti il discorso non è mai paludato), in parte dal pratico motivo di rivolgersi agli specialisti, per quanto gli era possibile, nel loro linguaggio. Ma intanto temiamo che sottrarrà lettori al suo libro; ed è peccato, per le tante, notevoli conclusioni a cui esso giunge dopo dimostrazione serrata. Le principali tra esse rlteniamo di dovere ora riportare, sia pure in maniera molto sommaria; ma prima ci si consenta qualche chiarimento sul nesso tra meridionalismo e valutazione storica della fondazione dello Stato italiano unitario. Non occorre spiegare quanto inconsistenti ci sembrino le querimonie sui danni o le spoliazioni che il Sud avrebbe ricevuto e co11tinuerebbe a ricevere dal Nord. È questo un falso meridionalismo, cieco di fronte all'arretratezza delle regioni meridionali, in fondo borbonizzante; e infatti, in certi discorsi e in certo giornalismo, si spinge fino alla riabilitazione del regime borbonico. D'altra parte, non crediamo neppure molto nèl potere risolutivo dell'alleanza che Gramsci propugnava tra operai del Nord e contadini del Sud: programma che sottintendeva, e ancora spesso sottintende, una visione particolare del Risorgimento nel Mezzogiorno, come moto, o per lo meno fermento, popolare e contadino, soffocato dal carattere « borghese » della soluzione monarchico-moderata. Noi sentiamo e poniamo la questione del Mezzogiorno come massimo problema nazionale, anzi ormai addirittura come grosso problema europeo, in quanto appunto ci sembra 99 Biblioteca Gino Bianco
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