Nord e Sud - anno XI - n. 53 - maggio 1964

.... Lettere al Direttore per non avere forse dato il debito rilievo alla circostanza della avanzata età di Giolitti. Un altro eminente storico, Nino Valeri, dissente da me unicamente sulla interpretazione dell'atteggiamento di Giolitti. Mentre, infatti, io attribuisco questo atteggiamento a un chiaro e lucido calcolo dello statista, a itna sua precisa e consapevole scelta, il Valeri lo attribuisce a un errore di valutazione circa la reale natu,ra del fascismo. Ma queste sono discussioni che si fanno in sede critico-storiografica, e non interessano certaniente a Giovanni Ansaldo. Perciò Giovanni Ansaldo si tenga e si coccoli pure il « suo » Giolitti, il « Giolitti secondo Giovanni» (Ansaldo) -, libro di amena lettura, che no·n mancherà di trovare un folto stuolo di lettori. Chi, come me, e certamente anche Lei, ha a cuore la storia d'Italia, è in ansiosa attesa dell'opera annu11ziata di Nino Valeri, che non ci darà certamente urz « suo » Giolitti, ma il Giolitti autentico dell'età e degli eventi, di cui questi fu partecipe e protagonista. ANTONINO RÈPACI Diamo volentieri ospitalità a questa lettera in cui l'autore della Marcia sit Roma polemizza con l'autore de Il Ministro della buona vita. Siamo stati lettori della prima edizione di questo libro che fu pubblicato poco prima o poco dopo lo studio di Salomone sulla « età giolittiana », quello studio che nella edizione italiana era preceduto dalla nota prefazione di Salvernini: il quale, in quella sede, attenuava il giudizio che a suo tempo aveva dato di Giolitti, « ministro della malavita ». E noi - che avevamo la testa piena di schemi dorsiani, ma che d'altra parte avevamo riflettuto sulla inconsistenza dei vari « processi al Risorgimento» e delle varie esercitazioni di « storiografia della disfatta » che allora erano di moda - discutendo della prefazione di Salvemini allo studio di Salomone, e ritornando su certi passi di quella « Storia d'Italia» di Croce che sbrigativamente certi critici volevano liquidare perché « superata », apprezzammo anche la lettura del « bel saggio biografico, vivo e scorrevole» che Ansaldo aveva scritto su Giolitti. Non lo storico si doveva cercare in quelle pagineJ ma il critico di costume, anzitutto, il ritrattista e magari lo psicologo (certi paralleli come quello fra Giolitti e ·Fortunato o come quello fra Giolitti e D'Annunzio erano quanto meno ricchi di suggestioni, degni del migliore Ansaldo, l'Ansaldo di « Rivoluzione liberale», addirittura, del saggio sulle reazioni dell'o,pinione pubblica italiana di fro·nte al delitto Matteotti e del feroce ritratto di Ugo Ojetti). E tuttavia, nel titolo stesso del suo· libro era chiaro il limite di esso: oramai non si poteva più parlare di Giolitti come del « ministro della mal~vita »; 1na parlarne come del « ministro della buon.avita » era un semplificare le cose e Ansaldo le semplificava molto, all'oscuro, com'era, fra l'altro, della revisione del giudizio salveminiano da parte dello· stesso Salvemini. Ma la semplificazione di Ansaldo era anche in qualche modo tendenziosa . 113 Bibliotecaginobianco

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