.. Lettere al Direttore mente conto - ahimé! -, che la mia affermazione non è affatto una biz- • zarrza. Sono fatti noti e acquisiti: si può soltanto dissentire sulla interpretazione. Ma i fatti ci sono, ed eccoli: 1° - Quando Giolitti, nell'autunno del 1920, liquidò la facce1-ida della occupazione delle fabbriche, infliggendo la prima, dura e decisiva sconfitta al movimento operaio, ebbe dei contatti (per interposta persona, natural~ mente) con Mussolini. Sulla natura di tali contatti, poco si sa, ma è fuor di · dubbio che vi furono. A Giolitti premeva liquidare la questione fiumana col minor chiasso possibile e aveva bisogno della neutralità (o, se si pref erisce, della defezione) di Mussolini. La ebbe: infatti Mussolini lasciò cannoneggiare Fiume senza muovere un dito e incassandosi la taccia di traditore dai suoi camerati. Ma che cosa ebbe Mussolini in cambio? Qualcuno parla di danaro, ma personalmente non ci credo. Concordo, in·vece, con coloro i quali affermano che la contropartita sia consistita nel lasciar mano libera ai fascisti nelle spedizioni punitive contro i « rossi ». E infatti l'azione delle squadre ebbe inizio proprio nelle prime settim.ane del 1921, con le arrrii e gli automezzi forniti dai magazzini militari. Che in questa concessione si nascondesse il calcolo giolittiano - come si sostiene generalmente - di far rinsavire i socialisti sotto l'azione dei manganelli e dell'olio di ricino, affinché i socialisti si decidessero a co,llaborare con Giolitti, può anche essere. Ma nel giudizio su questa pol'itica, non vedo come si possa no·n concordare con le dure espressioni di uno scrittore liberale, Panfilo Gentile, là dove . scrive: « Qu,anto questo piano fosse impreviden_te e come esso dovette risolversi « ~el noto detto della biscia che morde il ciarlatano, lo dimostrano i fatti. « Ma più ancora della imprevidenza va sottolineata la profonda immoralità. « In definitiva esso si riduceva a sostituire il carabiniere col sicario. Lo Stato ~< poneva riparo a una abdicazione con ttn' altra abdicazione. Il Governo chia- « mava in suo aiuto il bartditismo politico ed a questo rimetteva i compiti « che gli spettavano. Purtroppo non può sussistere il ;ninùno dubbio che la « carenza statale di fronte alle violenze fasciste non fu dovuta a impotenza, « ma a calcolo; e fu calcolo di Giolitti e del suo sottosegretario agli Interni, « Camilla Corradini ... » (Cinquant'anni di socialismo in Italia, Longanesi, 1948, pag. 147). 2° - Poiché ciò non gli apparve sufficiente, Giolitti volle anche tentare la carta e-Zettorale, per dimostrare ai socialisti, che egli_ sperava di vedere sconfitti alle elezioni, la convenienza di mettere la testa a partito. In questa operazione, che Gabriele D'Annunzio definì « una fiera di laide vanità e di vili interessi», Giolitti trovò modo di aprire ai fascisti la strada di Montecilorio, accogliendo i loro ca11didati nei cosiddetti « blocchi nazionali». In questo ,nodo 35 deputati fascisti, eletti da democratici e liberali, fecero il loro ingresso alla Camera. E proprio per questo motivo Angelo Tasca definì Giolitti « il Giovan Battista del f ascis1no » ( dove si vede che la « bizzarria » non è neppure mia, e che comunque mi trovo in ottima .compagnia). 111 Bibliotecaginobianco
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