Nord e Sud - anno XI - n. 53 - maggio 1964

Giorgio Granata Se durante un certo periodo storico - dal seicento all'ottocento e sembrato che la Chiesa legasse le sue sorti a quello. delle monarchie, dei grandi sulla terra, secondo la formula di « trono ed altare», contrariamente alla difesa assunta in precedenza del popolo, dei contadini, delle corporazioni dei lavoratori, l'alleanza stipulata a quell'epoca è affatto precaria e contingente: si tratta, anzitutto, di difendersi dalla riforma, ricorrendo a quei potenti bracci secolari; nel ·momento· stesso, poi, in cu~ si sostengono i re assoluti, si dà loro legittimità, li si• tiene i11certo modo· sotto tutela, s'impedisce che sorgano centri di potere in troppo netta antitesi con il -proprio. Ma nell'ottoce11to il pano-rama muta r1uovamente: Ozanam verso il 1850 fa risuonare il grido- di Torniamo ai barbari, i barbari n1oderni, il proletariato vessato ed esanimito, delle grandi fabbriche e della concentrazione industriale; il Papa, con Leone XIII, torna ad essere sociale; Mare Sangnier, con il movimento del Sillon, ai principi di questo nostro secolo, rovescia la formula di tro,no ed altare, e cerca t1na conciliazio11e tra la Chiesa e la democrazia. Se dal campo generale passiamo, quindi, a guardare le cose dell'Italia, è evidente che l'unità del Paese si è fatta co-ntro la Chiesa, contro il principio della s1.1periorità del potere ecclesiastico su quello civile; ·donde, la necessità per là monarchia di divenire giacobina, ghibellina, persino anticlericale. La reazione della Chiesa è stata ~mmediata, e conseguente: allo Stato essa h~ contrapposto la società; al potere pubblico, la cellula familiare, dove l'insegnamento cattolico _si tramanda di padre in figlio, senza intrusioni estranee. Il non expedit, d'altra parte, tenendo per lunghi anni i fedeli lontani dalla vita politica, ha avuto il vantaggio di non compromettere il popolo cristiano con la setta degli ust1rpatori, di far puntare sulla gente delle campagne, sui contadini, il ceto maggiormente al riparo dalle insidie della nuova propaganda, ed anche della vita moderna. È vero che ad un certo momento, all'epoca del Patto Gentiloni, è sembrato a taluno che la linea dovesse mùtare, che i conservatori cattolici scendessero al socco·rso dei co,nservatori liberali, per difenderne i privilegi, minacciati dall'assalto socialista; ma anche questa volta le mire della Chiesa andavano ben oltre, si trattava di tattica e non di strategia. I ceti abbienti, per parte loro, non compresero nulla, ieri come oggi. In luogo di assumere, essi, l'iniziativa di promuovere l'inserzione del probletariato nello Stato, resistettero;. no·n avvertirono cl1e occorreva adoperarsi, se non altro, per un socialismo della cattedra, allo scopo di impedire che le greggi finissero sotto la guida di altri pastori. Quando Giolitti tentò, alfine, di superare l'impasse, era tro-ppo tardi. Le premesse della disfatta del vecchio Stato e delle vecchie classi- dirigenti sono già contenute, del resto, nell'adozione del suffragio universale. La guerra ritardò, p-er un verso, il processo, e, per l'altro, l'accelerò, dal momento che i contadini, nelle trincee, si accorsero, in conseguenza dei sacrifici subiti, di poter reclamare i diritti che loro spettavano: allorché nella Came!a del 1919 fecero il loro ingresso 156 deputati socialisti e 100 po104 Bibliotecaginobianco

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